Strage a Falluja in Iraq
I MARINES SPARANO SUI MANIFESTANTI CHE RECLAMAVANO UNA SCUOLA
Tredici morti, 70 feriti tra cui molti bambini
ALTRI SEI IRACHENI SONO STATI UCCISI A MOSUL

Il generale Tommy Franks ha comunicato il 30 aprile al presidente Bush che "le ostilità in Iraq sono finite". Nello stesso giorno i marines sparavano contro la folla di dimostranti a Falluja, un villaggio a un'ottantina di chilometri da Baghdad lungo la strada che conduce in Giordania; migliaia di abitanti protestavano contro gli americani dopo i funerali delle vittime della strage del giorno precedente. La guerra dell'esercito di occupazione anglo-americano, a cui presto si aggiungeranno contingenti di altri paesi, contro il popolo iracheno non è finita. Anche a Mosul vi sono state altre vittime irachene cadute sotto il fuoco dei marines.
Falluja, un centro commerciale e agricolo, è stata occupata dai soldati americani senza colpo ferire; i marines si sono installati nella scuola islamica trasformata in una caserma. Nella città manca anche la corrente elettrica. La popolazione ha chiesto invano il trasferimento dei soldati e la riapertura della scuola. La sera del 29 aprile alcune centinaia di persone, al termine della funzione religiosa nella moschea, si sono recate in corteo a manifestare davanti l'edificio occupato. In testa al corteo gli studenti che gridavano "andatevene via dalla nostra scuola", "vogliamo riprendere a studiare". Alcuni dimostranti tirano dei sassi contro i soldati che rispondono sparando all'impazzata sulla folla. Sul selciato della piazza restano 13 morti, i feriti sono una settantina; una metà dei morti sono bambini.
Il comandante americano delle truppe di occupazione a Falluja liquida la vicenda sostenendo che da un tetto di fronte hanno sparato raffiche di mitra contro la scuola e i marines hanno risposto al fuoco per difendersi. Si sono difesi con le mitragliatrici pesanti sparando sulla folla inerme. Cosiccome hanno sparato contro i dimostranti il giorno successivo. Dopo i funerali di alcune delle vittime migliaia di persone sono tornate in corteo verso la scuola gridando slogan contro le truppe di occupazione. Per il comando Usa gli iracheni "hanno attaccato un convoglio militare lanciando pietre" e tanto è bastato a scatenare la reazione dei marines; sotto il fuoco sono caduti altri tre dimostranti e almeno 8 i feriti. In una cerimonia nella moschea lo sceicco Khalaf Abud Shabib ha attaccato l'occupazione americana sostenendo che "se l'America non lascerà la città, sacrificheremo noi stessi e useremo la forza".
Le stesse scene di repressione delle dimostrazioni irachene si sono ripetute a Mosul il 29 aprile quando gli americani hanno impiegato anche un elicottero per disperdere la folla che protestava contro la presenza americana; almeno 6 i morti e diversi feriti tra i dimostranti.
La "pacificazione" dell'Iraq ad opera dell'esercito di occupazione proseguirà secondo i progetti definiti nel piano elaborato dall'Amministrazione americana che prevede la divisione del paese in tre settori dove saranno schierati i contingenti promessi da una decina di paesi. I tre settori saranno sotto comando americano, inglese e polacco; i circa 40 mila soldati che invieranno complessivamente Polonia, Italia, Ucraina, Spagna, Danimarca, Bulgaria, Olanda e Albania affiancheranno i 135 mila soldati anglo-americani nell'occupazione dell'Iraq. Filippine, Qatar, Australia e Corea del Sud hanno promesso di fornire aiuti al contingente multinazionale che dovrebbe essere impegnato in operazioni di polizia, sminamento e assistenza sanitaria e di emergenza. Una diversa forma di occupazione militare, camuffata da compiti di "assistenza umanitaria", che assieme alle truppe anglo-americane, all'Amministrazione provvisoria di Garner e l'annunciato governo fantoccio sono gli strumenti con i quale l'Hitler della Casa Bianca intende gestire il futuro dell'Iraq.
Il ruolo "vitale" assegnato da Bush e Blair all'Onu sembra non essere nemmeno quello, almeno nell'immediato, di coordinare gli aiuti umanitari. Al Palazzo di vetro gli Usa chiedono solo la decretazione della fine della sanzioni all'Iraq e il via libera alla ricostruzione del paese, di cui beneficeranno soprattutto le multinazionali americane, pagata col petrolio iracheno. Che è già in salde mani americane attraverso il nuovo Consiglio consultivo per il settore petrolifero, l'ente diretto dall'americano Philip Carrol, ex presidente e amministratore delegato della Shell.
A breve sarà insediato a Baghdad anche il governo provvisorio; lo ha annunciato il governatore Jay Garner, che si appresta a lasciare il posto al nuovo incaricato di Bush, Paul Bremer. I componenti iracheni e i compiti del governo provvisorio non sono ancora stati precisati, l'unico compito esplicito è quello di fungere da organo di collegamento con gli Usa.