Massacro Nato in Afghanistan
Bombardato un villaggio: decine di vittime, molte donne e bambini

Il 24 ottobre i superbombardieri americani B1 hanno bombardato alcuni villaggi del distretto di Panjwayi, lungo il fiume Arghandab, una trentina di chilometri a ovest di Kandahar. Sotto le macerie delle povere case di fango distrutte dalle bombe restano decine di civili, almeno un'ottantina secondo fonti locali, molte donne e bambini. Un nuovo massacro delle truppe imperialiste dell'Isaf in Afghanistan.
Il raid aereo americano fa parte dell'offensiva denominata operazione "Medusa" cui partecipano le truppe del contingente Nato, con inglesi e canadesi in prima fila assieme ai marines, impegnate nella regione meridionale a contrastare la crescente resistenza all'occupazione.
Il 24 ottobre era il secondo giorno dell'Eid el Fitr, la festa religiosa finale del mese di Ramadam, che prevede la distribuzione di doni ai bimbi. La festa delle famiglie è stata interotta dalla pioggia delle grandi bombe da una tonnellata sganciata dai bombardieri.
Il 25 ottobre con un comunicato ufficiale l'Isaf rende noto che "una operazione" nella provincia di Kandahar ha "colpito basi dei talebani" e ne ha uccisi "almeno 34". Il raid aereo sarebbe stata una risposta a "un'intensa provocazione da parte dei talebani con l'uso di lanciagranate e mitragliatori".
Dopo poche ore un successivo bollettino farà salire il numero delle vittime a 48 ma la versione ufficiale sarà presto smentita da testimonianze raccolte nei villaggi colpiti che denunciano almeno 80 morti, tutti civili, fra cui donne e bambini.
Financo la missione civile dell'Onu in Afghanistan, l'Unam, è costretta a inoltrare le notizie sul massacro al Palazzo di Vetro e a chiedere l'apertura di un'inchiesta. Non può chiudere gli occhi nemmeno il governo fantoccio di Karzai che attraverso un consigliere provinciale contestava la versione ufficiale dell'Isaf: "ci avevano detto che nell'area non vi erano più talebani. Lo scorso mese avevano asserito di aver ucciso più di 500 guerriglieri nella cosiddetta operazione 'Medusa' nel distretto di Panjwayi ma allora perché lo hanno bombardato di nuovo?"; e annunciava l'apertura di un'inchiesta immediata.
Solo il 26 ottobre il portavoce del comando Nato a Kabul, Mark Laiti, garantirà "piena collaborazione" al governo afghano nelle "ricerche per fare luce" sui fatti di Panjwayi, ammettendo che sono pervenuti al quartier generale "rapporti credibili" dove si comunica il bilancio di "un certo numero di civili deceduti" durante i raid aerei. Ovviamente scaricava la colpa delle vittime civili sulla resistenza all'occupazione accusando che "gli insorti considerano la popolazione come uno scudo umano", dovrebbero cioè non nascondersi tra la popolazione ma arrendersi o mettersi bene in vista per farsi eliminare. Ciò "rende la vita molto difficile" all'Isaf, ha affermato l'ipocrita Laiti, le cui truppe comunque fanno "di tutto per ridurre i rischi".
La strage del 24 ottobre è quella più sanguinosa finora registrata ufficialmente durante l'occupazione imperialista dell'Afghanistan, con un numero di vittime superiore a quella del luglio 2002 quando ad Uruzgan sempre un raid aereo aveva ucciso 46 civili colpiti durante una festa di matrimonio. Allora i bombardieri Usa agivano sotto le insegne della coalizione a guida americana "Enduring Freedom", oggi ripetono i massacri con le nuove insegne dell'Isaf, a comando Nato e con un sostanzioso contributo dei paesi europei fra i quali l'Italia di Prodi.

2 novembre 2006