Nel faccia a faccia elettorale a "Matrix"
Diliberto tace sugli attacchi di Berlusconi al comunismo
Il segretario del PdCI accetta il regalo del neoduce

"Si troverà davanti, per la prima volta, un vero comunista",
e quanto alla falce e martello "noi non ci dobbiamo vergognare di nulla, sono simboli del lavoro e della Resistenza, dirò anche questo a Berlusconi": questa era la promessa che Oliviero Diliberto aveva fatto alla manifestazione di apertura della campagna elettorale del PdCI, qualche giorno prima del duello televisivo col neoduce, che è andato in onda il 10 marzo nella trasmissione "Matrix" sulla rete berlusconiana Canale 5.
Una promessa che però il segretario dei Comunisti italiani non ha per nulla rispettato, quantunque sia uscito nettamente vincente dal confronto televisivo con Berlusconi, che è apparso palesemente nervoso e in difficoltà, nonostante il rumoroso sostegno della claque che gli avevano portato in studio, lo sfacciato favoritismo della regia e i soccorrevoli suggerimenti del "moderatore", suo stipendiato, Enrico Mentana. Vero è che rispetto ai disgustosi salamelecchi del cicisbeo Bertinotti col neoduce al "Porta a porta" dell'11 gennaio scorso, si potrebbe dire che Diliberto ha fatto un "figurone", visto che ha tenuto almeno un contegno più battagliero e dignitoso del cagnolino da salotto di Rifondazione trotzkista. Ma di qui a dire che si è comportato da "vero comunista" e che ha difeso il comunismo, ce ne corre, eccome!
Di fronte all'anticomunismo forsennato e viscerale a cui il neoduce ha fatto ineluttabilmente ricorso quando si è trovato più in difficoltà, il segretario del PdCI si è guardato bene infatti dal rispondere per le rime, preferendo evitare del tutto l'argomento e cercando di riportare il discorso sulla situazione economica del Paese, che è stato pressoché l'unico terreno da lui scelto per attaccare Berlusconi. Questi erano evidentemente gli accordi presi con Prodi, Fassino e Rutelli, prima del faccia a faccia: evitare qualsiasi argomento che potesse dare pretesti alla destra per attaccare l'Unione come ricettacolo di "estremisti". Non si è scomposto troppo neanche di fronte alla disgustosa provocazione di vedersi offrire in dono dal neoduce due libercoli anticomunisti editi dalla sua stessa casa editrice, che comunque non ha rifiutato in maniera netta e sdegnata, come sarebbe stato doveroso per un "vero comunista", ma solo schernendosi con un certo imbarazzo, perché - ha detto - "ho già troppe carte".

Campo libero all'anticomunismo viscerale del neoduce
Eppure Diliberto ha avuto un'occasione d'oro per confutare le falsità sui "milioni di morti" e i "crimini" del comunismo vomitati da Berlusconi e difendere la storia, la tradizione e i simboli del movimento operaio e comunista internazionale, o quantomeno per rinfacciargli il suo neofascismo mussoliniano e di aver riempito le sue file di fascisti, nazisti, razzisti e golpisti: ma da buon opportunista non l'ha voluta cogliere, accampando la motivazione che non voleva farsi "dettare l'agenda da Berlusconi", che i suoi allarmismi anticomunisti erano solo "spauracchi del passato che non esistono più", e che "un vero comunista parla dei temi del lavoro". In questo modo, è vero, è riuscito a spuntare l'unica arma con la quale il neoduce, in difficoltà di fronte alle cifre del degrado economico e sociale del Paese snocciolate da Diliberto, sperava di ribaltare il cattivo andamento del duello: la provocazione anticomunista. Però gli ha anche lasciato campo libero nell'infangare e criminalizzare, di fronte a milioni di telespettatori, il comunismo, definito addirittura da Berlusconi infinitamente peggiore del nazismo, l'impresa "più criminale e disumana della storia". Col suo silenzio, perciò, Diliberto ha oggettivamente avallato queste infami falsità propalate dal neoduce.
Il fatto è che il segretario del PdCI, pur dichiarandosi "comunista" a parole, è stato invece attentissimo a dare di sé un'immagine "moderata", istituzionale e "responsabile", evitando di smascherare il neoduce come il nuovo Mussolini, che ha fatto scempio della Costituzione e restaurato il fascismo sotto nuove forme, nuovi metodi e nuovi vessilli e perfino di entrare in merito alle sue pendenze giudiziarie e alle tante leggi ad personam da lui imposte per sottrarsi ai processi. Lo ha incalzato solo sui temi economici, inchiodandolo agli ultimi dati ufficiali sul declino del Paese, di fronte ai quali Berlusconi è stato capace solo di balbettare, come un disco rotto, la solita demagogia delle "tante cose" realizzate dal suo governo in questi cinque anni. Si vedeva chiaramente che il neoduce era sotto stress e assente, probabilmente provato da una giornata nera in cui ai cattivi segnali provenienti dai "poteri forti" attraverso il Corriere della Sera e al rinvio a giudizio per l'ennesima vicenda Mediaset si era sommata l'esplosione del caso di spionaggio politico che coinvolge l'ex ministro fascista Storace.
Perciò per Diliberto non è stato difficile approfittarne per metterlo in difficoltà rinfacciandogli i disastri economici e sociali causati dalla legge 30 che ha fatto dilagare il precariato, sulla "riforma" Moratti che ricrea la scuola di classe, per aver tolto fondi alla scuola pubblica e aver finanziato le scuole private, per aver portato le ferrovie allo sfascio, e così via. Tutte cose giustissime, peccato però che questo sedicente "comunista" fasullo si sia guardato bene dal denunciare anche chi è che ha aperto la strada alla legge Biagi con il pacchetto Treu che l'ha preceduta, alla Moratti con le controriforme liberiste Zecchino e Berlinguer e al degrado delle ferrovie con la privatizzazione delle FS: cioè i governi di "centro-sinistra" di cui Diliberto è stato tra l'altro un importante ministro! Così come si è "dimenticato" di precisare che l'abolizione dei finanziamenti alle scuole private non è contemplata nel programma dell'Unione da lui firmato, e nemmeno l'abolizione totale (ma solo "parziale") della legge 30, della legge Moratti e di quasi tutti gli altri provvedimenti della Casa del fascio.

Dimostrazioni di "affidabilità democratica"
Anche la risposta che Diliberto ha dato al violento attacco di Berlusconi alla magistratura, definita dal neoduce "una malattia" del Paese, è stata reticente e non adeguata alla gravità dell'attacco: ha accusato il neoduce di essere ossessionato dalle "toghe rosse", ma non ha detto perché, altrimenti avrebbe dovuto entrare in merito ai suoi processi. Si è addirittura vantato con Berlusconi, per respingere l'accusa che la "sinistra" vuole limitare le libertà individuali, che egli ha potuto tranquillamente "lavorare" e arricchirsi anche nei cinque anni in cui ha governato il "centro-sinistra". In altre parole Diliberto ha sbandierato come una prova di "democraticità" il fatto che i governi di "centro-sinistra" non abbiano fatto una legge sul conflitto di interessi per ridimensionare lo strapotere di Berlusconi. E Diliberto era nientemeno che il ministro della giustizia in detti governi. Alla faccia del "vero comunista"!
In ogni caso, per fugare qualsiasi sospetto di "inaffidabilità democratica", Diliberto ha voluto rimarcare di aver firmato un programma, quello dell'Unione, da lui definito "un compromesso positivo", che egli non violerà mai: "Sono una persona seria", ha detto a questo proposito, ricordando a riprova di ciò la scissione di Rifondazione provocata insieme a Cossutta nel tentativo di salvare il governo Prodi.
Si capisce bene, allora, perché i leader dell'Unione, che in un primo tempo avevano storto la bocca per il faccia a faccia con Berlusconi, temendo che l'"estremista" Diliberto avrebbe spaventato l'elettorato "moderato", si siano poi ricreduti e abbiano fatto i complimenti al leader del PdCI. Persino il liberale Scalfari ha fatto autocritica ed elogiato su Repubblica la performance di Diliberto. Il quale, da consumato revisionista e opportunista, ha colto un'occasione per occupare lo spazio lasciato vuoto dalla deriva di destra del liberale, trotzkista e gandhiano Bertinotti, a spese del quale spera di crescere elettoralmente. E questo fregiandosi immeritatamente e solo a parole del titolo di "vero comunista", mentre in realtà riconferma il suo ruolo di copertura a sinistra dell'Unione liberale, riformista e democristiana guidata da Prodi.

15 marzo 2006