Costruito in piena "guerra fredda"
Un mega-oleodotto segreto alimenta aerei e carri armati della Nato
Attraversa 6 regioni, 17 province e 136 comuni italiani
La cosiddetta "guerra fredda" è finita da un pezzo con la disgregazione del socialimperialismo sovietico ma l'Italia continua a essere un paese a sovranità limitata, schiacciato dalle servitù militari al servizio dell'imperialismo americano, ieri in funzione antisovietica e anticomunista, oggi per permettere agli Usa e alla Nato di lanciarsi agilmente in nuove avventure espansioniste e colonialiste in Medio Oriente, in Asia centrale e in quelli che vengono eufemisticamente detti "teatri di crisi".
Lo dimostra il segretissimo oleodotto costruito dalla Nato alla fine degli anni '60, ossia in piena "guerra fredda", la cui esistenza è stata gelosamente nascosta da una sorta di segreto di Stato.
Il suo nome è Nato-Pol (acronimo che sta per Petroleum Oil Lubrificant) ed è un sistema completo di terminal marini, depositi di stoccaggio sotterranei e gruppi di pompaggio: una rete di oleodotti le cui condutture corrono per oltre 11 mila chilometri dal mare fino al cuore dell'Europa.
Il sistema Pol è una delle infrastrutture Nato meno note. La sua costruzione, totalmente finanziata dall'Alleanza atlantica, serviva, e serve tuttora, a rifornire in modo autonomo e continuativo carburante per aerei e mezzi terrestri in importanti aeroporti militari del Nord-NordEst quali Ghedi (Brescia, tuttora sede del 6° Stormo), Villafranca (Verona, all'epoca sede della 3ª AeroBrigata ed oggi del Reparto Mobile di Supporto), Istrana (Treviso, sede del 51° Stormo), Aviano (Pordenone, utilizzata dagli americani), Rivolto (Udine, base Usaf e sede anche delle Frecce Tricolori) e Cervia (Ravenna, base del 5° Stormo). La rete militare di pipe-line attraversa ben 6 regioni italiane, 17 province e 136 comuni, dividendosi in tre rami, dal terminale marino di La Spezia alle aree Pol di Udine e San Giorgio di Cesena (Forlì), passando per il nodo di Collecchio (Parma), per un'estensione pari a circa 900 chilometri di condutture. Depositi si trovano anche ad Augusta e Taranto.
Un braccio arriva fino in Germania, attraverso l'Austria. Un altro capo è in Portogallo, a Lisbona, dove un intero molo è riservato al Nato-Pol. Altri depositi sono in Gran Bretagna. Reti analoghe a quella italiana sono presenti in Norvegia, Grecia e Turchia. Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Olanda sono invece collegate da un sistema centrale europeo.
Insomma, una sorta di gigantesca ragnatela sotterranea che attraversa tutta l'Europa occidentale messa a punto dagli ingegneri della Nato per evitare qualsiasi rischio di lasciare a secco la propria macchina bellica. Ci mancherebbe che avessero dovuto affidarsi alle autobotti in caso si fosse materializzato lo spauracchio della temuta invasione sovietica!
E così da oltre 40 anni, "guerra fredda" o meno, l'oleodotto continua ininterrottamente a pompare fiumi di benzina, cherosene e olii minerali all'insaputa delle popolazioni locali e delle loro amministrazioni.
A scoprirne l'esistenza è stato Gianni Montesel, sindaco di Susegana, un piccolo comune del trevigiano, che si è imbattuto casualmente nelle condutture sotterranee seguendo i lavori di sminamento di un vecchio ordigno bellico lungo il Piave. Si accorge anche che la conduttura corre in un'area militare super-sorvegliata e ipotizza che essa serva agli americani per congiungere le tre basi aeree di Aviano, Istrana e Vicenza, dove notoriamente gli Usa vogliono costruire la mega base sull'aeroporto "Dal Molin". Scoppia il caso. Di approfondire la vicenda si fa carico il senatore Severino Galante (PdCI) con un'interrogazione parlamentare in cui chiede al governo italiano chiarimenti in merito alla segretezza della struttura e a un'eventuale autorizzazione alla Nato ad ampliare l'oleodotto della linea Vicenza-Aviano, senza metterne a conoscenza gli enti locali interessati. Una eventualità, questa che, denuncia il senatore Galante, "sarebbe un'inequivocabile conferma dell'intenzione statunitense di utilizzare l'aeroporto 'Dal Molin' come avamposto logistico da cui far decollare aerei militari verso obiettivi strategici per l'amministrazione Bush in Medio Oriente".
Solo a questo punto il ministro della Difesa Parisi, con un comunicato dell'Ufficio stampa del ministero, si è affrettato a precisare che "l'aeroporto Dal Molin di Vicenza non è alimentato da tale rete". Allo stesso tempo è stato costretto a scoprire le carte rivelando l'esistenza della rete italiana. Ma la parola d'ordine è minimizzare. Infatti si sostiene che l'opera non rivestirebbe "carattere di segretezza" perché il tracciato sarebbe punteggiato, ogni 200 metri, con paletto e cartello con la dicitura "Amministrazione dello Stato". Una dicitura così vaga che dice tutto e nulla. Così come tutt'altro che cristallina è la parte che riguarda la manutenzione degli impianti che, secondo la nota del ministero, sono affidati a ditte civili specializzate che "provvedono anche a presidiare il sistema con proprie maestranze", soprannominate da qualcuno "Gladio dei carburanti".
Se era tutto così "normale" e alla luce del sole perché in tanti anni nessuno ne ha mai saputo nulla? Del resto la nota precisa soltanto che oggi Vicenza non è alimentata da tale rete, ma non esclude che lo possa essere prossimamente visto che con la costruzione della nuova base Usa nel prossimo futuro servirà moltissimo cherosene per far decollare i cacciabombardieri della 173ª Brigata aviotrasportata Airborne!
La scoperta dell'oleodotto Nato ripropone con urgenza la rivendicazione di desecretare tutti gli accordi e i documenti coperti da segreto di Stato che legano a doppio filo il nostro Paese agli Usa e alla Nato, perché le masse italiane non devono più sopportare il peso della macchina da guerra imperialista americana né tollerare che la penisola sia trasformata in una gigantesca portaerei nel Mediterraneo.
Si tratta quindi di un motivo in più per scendere in piazza il 17 febbraio prossimo a fianco del grande movimento di massa che si sta battendo contro il raddoppio della base Usa di Vicenza, chiedere che vengano smantellate tutte le basi Usa e Nato esistenti in Italia e che l'Italia esca immediatamente dalla Nato.

14 febbraio 2007