Soldi rubati al popolo
Quasi 28 milioni di euro ai giornali di partito
Lo Stato finanzia tutta la stampa del regime neofascista. Ai quotidiani e periodici ex organi di movimenti politici o editi da cooperative oltre 190 milioni di euro all'anno
"L'unita'" (DS): 6.817.231; "Liberazione" (PRC): 3.718.490; "La Rinascita" (PdCI): 907.314

Grazie alle modifiche apportate dalla Finanziaria 2006 alle leggi 416 del 5 agosto 1981 (che disciplina le imprese editrici di quotidiani e periodici e ha istituito il contributo statale per i giornali di partito per salvarli dal fallimento); alla 67 del 25 febbraio 1987 (a favore dei giornali organi di movimenti politici che vantino almeno due deputati eletti in parlamento); alla 250 del 1990 (che regola la spartizione del finanziamento pubblico da parte dello Stato alla stampa e l'editoria dei partiti) e alla legge 388 del 2000 a favore di "quotidiani, già organi di movimenti politici, editi da cooperative costituite entro il 30 novembre 2001", tutte le imprese radiotelevisive, editrici di libri, periodici e le testate giornalistiche registrate come organo di partito edite da cooperative o appoggiate da due parlamentari o da un eurodeputato, si apprestano a prendere parte al lauto banchetto per la spartizione dei 667 milioni di euro (oltre 1.200 miliardi di lire) che ogni anno lo Stato ruba al popolo per finanziare tutta la stampa e mass media sia della destra che della "sinistra" del regime neofascista.
La torta è ripartita in 4 fette: la prima, poco meno di 28 milioni di euro è riservata ai giornali ufficialmente registrati come organi di movimento politico; la seconda, 31,4 milioni, se li spartiranno gli ex organi di movimenti politici editi da cooperative costituite entro il 30 novembre 2001; la terza fetta di quasi 89,5 milioni di euro va ai quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti o da società la cui maggioranza del capitale sociale è detenuta da cooperative nonché quotidiani italiani editi e diffusi all'estero e giornali in lingua di confine; il resto, circa 12 milioni di euro vanno ai giornali politici e delle minoranze linguistiche; alle testate edite da cooperative editoriali; alle testate per i non vedenti; alla stampa italiana all'estero: giornali italiani pubblicati e diffusi all'estero; pubblicazioni edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero; e ai quotidiani teletrasmessi all'estero.
A ciò si aggiungono: i contributi per il credito d'imposta per l'anno fiscale 2004 pari al 10% della spesa complessiva per l'acquisto della carta; contributi per l'anno 2004 per le compensazioni a Poste Italiane Spa per le tariffe speciali applicate alle spedizioni editoriali; i finanziamenti concessi alle imprese editoriali (ex legge 62/2001) per il credito agevolato e per il credito d'imposta in relazione agli investimenti fissi di ristrutturazione e ammodernamento della capacità produttiva (in corso di elaborazione); i fondi per la riqualificazione e la mobilità dei giornalisti; i contributi alle imprese radiofoniche "libere" e a quelle ufficialmente registrate come organi di movimento politici erogati ai sensi dell'art. 4 della legge n. 250/1990; i rimborsi alle imprese radiofoniche a carattere locale per le spese per abbonamento alle agenzie di informazione ai sensi dell'art. 7 della legge n. 250/1990; i rimborsi delle spese per abbonamento ai servizi delle agenzie di informazione erogati ai sensi dell'art. 8 della legge n. 250/1990 e i rimborsi alle televisioni locali delle spese per l'abbonamento ai servizi forniti dalle agenzie di informazione erogati ai sensi dell'articolo 7 della legge n.422 del 1993.
Insomma, ce n'è per tutti, ivi compresi i ricchi e potenti quotidiani di più larga diffusione nazionale a cominciare da "La Repubblica", "Corriere della Sera", "Il Sole-24 ore" "La Stampa" e "Messaggero" a cui lo Stato rimborsa una parte dei costi per l'acquisto della carta, le spese per le spedizioni e gli abbonamenti alle agenzie di stampa, fino alle testate dei maggiori partiti politici. E tutti, dai radicali (che per i servizi di "Radio radicale" intascano oltre 4.132 mila euro all'anno) ai fascisti della Fiamma tricolore, da "Liberazione" all'organo del PdCI "La Rinascita", da "La Padania" fino agli ultraliberisti de "Il Foglio" di Giuliano Ferrara e "Libero" di Vittorio Feltri che quotidianamente si scagliano contro lo "Stato assistenzialista" ed esaltano la "libera impresa", avranno la loro bella fetta di finanziamento pubblico. Basti pensare che pur di incassare il malloppo questi campioni del liberalismo sarebbero disposti a fare carte false: "Il Foglio" ad esempio per ottenere i suoi 3,5 milioni di euro all'anno di contributi pubblici è stato il primo a usare il "trucco" dei due parlamentari diventando il giornale della misconosciuta Convenzione per la giustizia (due parlamentari, il minimo chiesto dalla legge), mentre "Libero" addirittura è diventato l'organo del Movimento monarchico nazionale e grazie a ciò incassa oltre 5,3 milioni di euro all'anno. Con questo "trucco" come lo ha definito lo stesso rinnegato del comunismo e agente della Cia dichiarato, Giuliano Ferrara, anche "Il Borghese", di cui Feltri è stato direttore, e "Il Riformista" finanziato dall'ex braccio destro di D'Alema, Claudio Velardi, e diretto dal rinnegato del PCI Paolo Franchi (ora senatore della Margherita) che si è agganciato alla rivista di Macaluso "Le ragioni del socialismo" hanno "diritto" alla loro bella fetta di finanziamento pubblico che ammonta rispettivamente a 2,5 e 2,179 milioni di euro a testa all'anno.
La cosa ancora più scandalosa riguarda i criteri in base ai quali questa mega torta viene spartita. La legge prevede infatti che il contributo statale venga erogato in proporzione ai costi e alla tiratura del giornale. Dunque più copie stampi più aumenta il contributo. C'è un solo limite: bisogna che la testata venda almeno il 25% della tiratura. Ma questo non è un problema perché molte testate vendono sottocosto, regalano o addirittura scaricano alle fermate degli autobus e delle metropolitane decine di migliaia di copie che fanno figurare come vendute.
Prendiamo per esempio "Opinione delle libertà" che, insieme a "Libero" e "La Padania" sono sotto causa per aver diffamato il PMLI definendo i suoi militanti filo terroristi e fiancheggiatori di Al Qaeda, e come dice il suo direttore Arturo Diaconale, è agganciato "ai parlamentari di cultura liberale, riformista che sono stati eletti dentro Forza Italia". La sua tiratura è di 30.000 copie, perciò se vuole i soldi pubblici ne deve vendere almeno 7.500. Ma non ce la fa. Allora per fare numero vende sottocosto a 10 centesimi.
Perciò risulta che ci sono decine di testate che non vanno nemmeno in edicola, non vendono nemmeno un decimo delle copie che stampano, non hanno alle spalle un'azienda giornalistica, ma incassano ugualmente decine di milioni di euro all'anno.
In base all'elenco delle testate, gran parte delle quali create ad hoc con nomi a dir poco stravaganti e improbabili e sconosciute perfino agli edicolanti, ammesse al banchetto per i finanziamenti riferiti all'anno 2003 e pubblicato sul sito del governo, la parte del leone spetta a l'Unità con 6,817 milioni di euro all'anno, mentre al quotidiano della Cei, "Avvenire", andranno 5,590, Libero 5,371, Italia Oggi 5,061, Il Manifesto 4,441, La Padania 4,028, Liberazione 3,718, Il Foglio 3,511, Il Secolo 3,098, Europa 3,138; seguono: La Discussione, Linea Giornale del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, L'Avanti!, Roma, Il Borghese e il berlusconiano Il Giornale tutti a quota 2,582; poi c'è il Sole che Ride 1,020, il quotidiano della Volkspartei (oltre un milione), la Rinascita della sinistra (quasi un milione) fino al defunto Liberal che ciononostante continua ad incassare 563 mila euro all'anno.
Durante il ventennio fascista Mussolini usava il manganello e l'olio di ricino per irreggimentare la stampa e i mass media, oggi alla borghesia e al governo in carica basta chiudere il rubinetto del finanziamento pubblico per ottenere lo stesso risultato.
Ecco a cosa si riduce la libertà d'informazione nel sistema capitalista: testate "indipendenti" e organi di stampa dei partiti parlamentari borghesi trasformati in appendici dirette del regime neofascista.

19 luglio 2006