Nelle assemblee FIOM i lavoratori hanno detto no al modello Pomigliano
Marcegaglia avalla la linea Marchionne: Newco Mirafiori fuori da Confindustria, un contratto per l'auto
Pronti a capitolare FIM-CISL, UILM-UIL e FISMIC
Landini: "si vuole definitivamente smantellare il contratto nazionale, delocalizzare e cancellare i diritti"
 
La vicenda che riguarda il futuro della Fiat Mirafiori sta precipitando verso un esito nient'affatto positivo per le lavoratrici e per i lavoratori. All'inizio di dicembre il vertice Fiat con arroganza e in modo provocatorio aveva abbandonato il tavolo delle trattative a seguito dell'opposizione della FIOM e anche, in questa circostanza, della perplessità espresse dagli altri sindacati di categoria ad accettare una ipotesi d'intesa scritta dall'azienda che prevedeva di applicare anche nello stabilimento torinese il modello Pomigliano, ovvero: condizioni di lavoro di supersfruttamento in deroga al contratto nazionale e alle leggi del lavoro; la costituzione di una nuova società fuori da Confindustria; la sostituzione del contratto nazionale con un contratto aziendale.
La prima risposta da parte dei sindacati era stata la convocazione delle assemblee dei lavoratori in modo unitario per discutere la proposta, o per meglio dire il diktat aziendale (investimenti e nuove produzioni non chiaramente definiti in cambio di diritti) e decidere quali azioni intraprendere. Ma, senza alcuna spiegazione logica, FIM, UILM e FISMIC hanno subito ritirato questa disponibilità e deciso di riunirsi separatamente. La FIOM-CGIL non è stata passiva. Il 6 dicembre ha indetto uno sciopero di due ore per turno dei lavoratori delle carrozzerie, per contestare il progetto padronale costruito sul modello Pomigliano; un migliaio di operai sono usciti dai cancelli della fabbrica per dare vita a un corteo. Il 9 dicembre ha tenuto le assemblee a cui hanno partecipato oltre mille lavoratori sui 1.350 presenti in fabbrica nel corso delle quali hanno espresso forti preoccupazioni e un netto dissenso contro il piano di Marchionne che porterebbe a un peggioramento delle condizioni di lavoro, con turni, pause e ritmi insopportabili. "I lavoratori - ha detto il segretario generale FIOM, Maurizio Landini - sono preoccupati, ma non sono disponibili a accettare un peggioramento delle loro condizioni. Chiedono al sindacato di trovare un accordo ma che rispetti i loro diritti, le loro condizioni di vita e di salute dentro la fabbrica". In vista di un nuovo periodo di 15 giorni di cassa integrazione, a partire da lunedì 13 dicembre, per tutti i lavoratori della Fiat di MIrafiori, Landini ha aggiunto che non è opportuno proseguire le trattative "a fabbrica chiusa, bisogna che i lavoratori siano nelle condizioni di poter valutare se l'accordo corrisponde o no al mandato che hanno dato ai sindacati".

Il ricatto
Nello stesso momento in cui si tenevano le assemblee dei lavoratori (anche quelle indette dai sindacati complici di Fiat e sulle quali non si hanno notizie), il nuovo Valletta, Sergio Marchionne, portava fino in fondo il suo ricatto anche nei confronti di Confindustria che perderebbe il forte contributo economico se la Fiat lasciasse definitivamente l'Associazione della grande industria. Cogliendo l'occasione di una riunione del consiglio delle relazioni Italia-Stati Uniti svoltosi a New York il 10 dicembre, l'amministratore delegato si è incontrato con il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Costei, nella sostanza, ha avallato la linea che Marchionne intende applicare per Mirafiori (e poi a seguire, ci si può scommettere, agli altri stabilimenti, a parte quello di Termini Imerese che sarà chiuso alla fine del 2011). La capofila dei padroni, infatti, ha condiviso l'intento di Marchionne di creare la nuova società Fiat-Crysler fuori da Federmeccanica e ha accettato di lavorare per costituire appositamente per la Fiat, una Federauto e per definire un contratto di lavoro per il settore auto sulla falsa riga dell'accordo imposto a Pomigliano.
"Ci è bastata una mezz'oretta per definire l'intesa - ha detto Marcegaglia - ci sono troppe regole e burocrazie che alla fine non aiutano la crescita... Fiat chiede di avere un forte controllo, garanzie su quello che succede in fabbrica e soprattutto chiede che quell'accordo sia rispettato... negozieremo con Federmeccanica e cercheremo di arrivare in tempo per avere un contratto nel settore dell'automobile". Ma a Marchionne non gli basta! Vuole, pretende un'adesione assoluta e indiscutibile da parte di tutti i sindacati altrimenti, torna a minacciare, "senza un accordo l'investimento non si fa... sarebbe un dispiacere - aggiunge ipocritamente - ma significherebbe che non vogliono l'investimento". Perciò l'azienda andrebbe a produrre altrove perché "c'è un piano B". Poi la stoccata alla FIOM: fa dichiarazioni all'impazzata" e la sua "intransigenza che abbiamo visto fino ad ora andrà a bloccare (addirittura, ndr) lo sviluppo del paese".

Le reazioni
Questo nuovo gravissimo passo compiuto dal nuovo Valletta con l'appoggio del presidente di Confindustria avrebbe dovuto scatenare una dura e unitaria risposta di lotta da parte di tutti i sindacati. Invece, a parte la FIOM, gli altri sono pronti a calarsi le braghe. Il più lesto, il segretario della CISL, Raffaele Bonanni che ha detto: "In una scala di priorità, il primo punto è l'investimento; il secondo è definire quali criteri occorrono per mettere al sicuro l'investimento". Gli ha fatto eco il segretario di FIM, Giuseppe Farina, che ha affermato: "Su Pomigliano abbiamo raggiunto un accordo sull'organizzazione produttiva dello stabilimento, possiamo perfezionarlo su altre materie". Più chiaro il segretario torinese della FIM secondo cui è possibile arrivare a un contratto nazionale dell'auto, come sostenuto da Marchionne e Marcegaglia. Per la UILM, il segretario generale, Rocco Palombella: "Confermiamo la piena disponibilità ad arrivare a un confronto con Federmeccanica. Si può individuare una specifica disciplina per il settore auto... per questo dovrà costituirsi al più presto la commissione paritetica nazionale" per disciplinare il settore in questione. Sbracato il leader del sindacato giallo FISMIC, Roberto De Maulo, per il quale "è positiva e va raccolta subito la notizia di creare un contratto ad hoc in grado di far rientrare le newco di Mirafiori e Pomigliano nell'alveo di Confindustria".
Di tutt'altro tenore le dichiarazioni del vertice FIOM. "Sono stati i lavoratori di Mirafiori a dire no - ha precisato Giorgio Airaudo, responsabile Auto della FIOM - a un accordo Pomigliano bis e all'uscita della nuova società dal contratto nazionale". "La capriole del presidente della Confindustria - ha denunciato dal canto suo Landini - servono nei fatti a coprire la volontà della Fiat di far diventare gli stabilimenti del gruppo in Italia quelli in cui si delocalizza produzioni e si cancellano diritti". In Italia parlare di contratto per l'auto "dove vi è un solo produttore di auto significa parlare di un contratto per la Fiat e significa coprire il modello Pomigliano e le proposte fatte per Mirafiori che mettono in discussione i diritti di chi lavora e sono in contrasto con le leggi e la Costituzione".
Ci sono conferme a bizzeffe che dicono con chiarezza che quanto sta accadendo in Fiat è un problema serio che riguarda da vicino tutti i metalmeccanici, tutti i lavoratori delle altre categorie e tocca pesantemente i livelli di democrazia e di libertà del nostro Paese. Insomma, i lavoratori della Fiat e la FIOM che ne difende i diritti non vanno lasciati soli! Sono a serio rischio le relazioni industriali democratico borghesi. Se passa la linea di Marchionne i sindacati non conteranno più nulla, diventeranno una mera appendice del capitalismo e subalterni ai padroni.

15 dicembre 2010