Arrogante e provocatoria rottura delle trattative da parte del vertice Fiat
A Mirafiori come a Pomigliano, anzi peggio
Marchionne vuole cancellare il contratto nazionale e sostituirlo con un contratto aziendale e da contratti di assunzione individuali. Immediato sciopero dei lavoratori delle Carrozzerie dello stabilimento di Torino
La Fiom: "a questo punto, coinvolgere i lavoratori"

Chi si illudeva che le trattative sul futuro produttivo e sindacale della Fiat Mirafiori (Torino) potessero andare diversamente di come sono andate sin qui, cioè con un esito positivo per i lavoratori, non possono che ricredersi. D'altronde, l'amministratore delegato, il nuovo Valletta Sergio Marchionne, lo aveva ripetuto in ogni sede: per lui il modello Pomigliano va esteso in tutti gli stabilimenti del gruppo. Anche la tattica messa in campo in vista dell'incontro con i sindacati programmato per i primi giorni di dicembre è stata la stessa: la promessa di investimenti in cambio della totale rinuncia dei diritti sindacali e contrattuali. In un discorso tenuto il 26 novembre scorso all'Unione industriali di Torino Marchionne infatti aveva annunciato l'intenzione aziendale di creare una joint venture con Chrysler con l'obiettivo "di produrre ogni anno alla Mirafiori 280 mila esemplari di un Suv con marchio Alfa Chrysler" che comporterebbe un investimento superiore al miliardo di euro.

Investimenti in cambio di diritti
Cosicché appena è iniziato l'incontro con i sindacati di categoria, il 2 dicembre i vertici aziendali hanno buttato sul tavolo lo stesso ricatto: il suddetto investimento e le suddette produzioni, in cambio di relazioni industriali modello Pomigliano. Prendere o lasciare, nessuno spazio per la trattativa. Come da copione, i sindacati complici, ossia FIM-CISL, UILM-UIL, UGL E FISMIC, hanno dato subito la loro disponibilità a firmare, se del caso, un nuovo accordo separato senza e contro la FIOM che prevedeva: 15 o 18 turni di lavoro a seconda delle richieste del mercato, notti, sabati e domeniche mattina comprese, riduzione delle pause alla catena da 40 a 30 minuti complessivi, straordinari per 120 ore all'anno per addetto rispetto alle 40 ore attuali, una commissione paritetica sull'assenteismo e, a certe condizioni, il non pagamento dei primi tre giorni di malattia, divieto di sciopero e sanzioni per i sindacati "in caso di non rispetto degli accordi".
Scontata l'opposizione della FIOM anche perché, nelle "proposte per il confronto su Mirafiori illustrate all'assemblea degli iscritti", aveva stabilito che "non è accettabile il trasferimento del modello Pomigliano a Mirafiori perché ripropone un peggioramento delle condizioni di lavoro attraverso deroghe al Contratto nazionale ed alle leggi, la violazione dei diritti individuali quali il trattamento economico in caso di malattia ed il diritto di sciopero e la possibile costituzione di una nuova società con lo scopo di superare l'applicazione dei contratti collettivi ed aggirare le normative in materia di trasferimento d'impresa". Di seguito la FIOM manifestava l'intenzione a "sviluppare un vero negoziato... verificando fino in fondo la disponibilità espressa dall'amministratore delegato della Fiat", ma nel rispetto del contratto nazionale e delle leggi, senza deroghe. Ciò sulla base di punti di compromesso minimamente considerati dall'azienda.

A un passo da un nuovo accordo separato
A un passo dalla firma del nuovo accordo separato, seguendo la tattica applicata in questo ultimi sei mesi, da quando annunciarono il fantomatico progetto "Fabbrica Italia", Marchionne e i suoi hanno alzato ancora di più il prezzo da pagare per raggiungere l'intesa. Non sazi dell'accordo separato imposto alla Fiat di Pomigliano d'Arco, non sazi di aver ottenuto le deroghe sul contratto nazionale dei metalmeccanici, vogliono di più. Vogliono tirare via da Confindustria la Fiat in modo da sentirsi liberi di non applicare il contratto nazionale; sostituire il contratto nazionale con contratti aziendali che azzerino i diritti acquisiti e dove l'azienda abbia totale mano libera; creare una nuova società fittizia che riassuma i lavoratori di Mirafiori con contratti individuali vincolati all'accettazione di condizioni di lavoro di supersfruttamento. Il che permetterebbe alla Fiat, tra le altre cose, di cacciare la FIOM dalla fabbrica sulla base di una interpretazione strumentale e forzata dell'art. 19 dello Statuto dei lavoratori secondo cui non possono partecipare alle elezioni delle RSU i sindacati non firmatari dei contratti collettivi di lavoro.
Questa tattica del vertice Fiat di alzare, di volta in volta, le pretese padronali, fino alla cancellazione del contratto nazionale, anche quello del 2009 separato sottoscritto solo da FIM, UILM e FISMIC, con possibilità di deroghe anch'esse introdotte con un accordo separato contestato dalla FIOM, per sostituirlo con un contratto aziendale e, di conseguenza, un sindacato aziendale ha, di fatto, spiazzato i sindacati di Bonanni e Angeletti i quali si sono permessi di chiedere una pausa di riflessione (sic!) per non calare le brache fino ai ginocchi e non sbugiardarsi in modo clamoroso e indifendibile. Ma il metodo decisionista e fascista di Marchionne è quello di un sì o un no. Da qui l'abbandono della trattativa da parte del vertice della Fiat.
Bruno Vitali, segretario generale della FIM ha dovuto ammettere che i dirigenti Fiat "non vogliono applicare il contratto delle tute blu firmato nel 2009, ne vogliono uno ad hoc. Ci siamo opposti (alla buon'ora, ndr) perché non si può mettere in discussione l'istituto del contratto nazionale di lavoro". Rocco Palombella, segretario generale UILM, con una sua interpretazione assai discutibile ha detto che: "Noi abbiamo fatto la riforma contrattuale, rafforzando il secondo livello e concordato le deroghe per difendere il contratto nazionale, non per demolirlo". Con risultati disastrosi, verrebbe da aggiungere.
Alla prova dei fatti il segretario generale FIOM Maurizio Landini ha potuto affermare che c'è la conferma "che il modello Pomigliano, proposto anche per lo stabilimento di Mirafiori, punta a superare il contratto nazionale, a cancellare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e ad affermare in Italia un modello aziendalistico corporativo". Che è poi quello applicato alla Chrysler negli Stati Uniti. "A questo punto - ha aggiunto - è necessario coinvolgere i lavoratori e le lavoratrici e farli decidere sulle loro condizioni. Per questo proponiamo siano convocate le assemblee".
E c'è da riscontrare con favore che i lavoratori la parola hanno iniziato a prendersela con un'astensione spontanea dal lavoro per dire no al modello Pomigliano. Lunedì 6 dicembre, di fronte all'inspiegabile rifiuto di FIM e UILM a convocare le assemblee, i lavoratori delle Carrozzerie hanno aderito in massa a uno sciopero di due ore indetto dalla FIOM e dai Cobas, nonostante che fossero appena rientrati dopo tre settimane di cassa integrazione. Nella mattinata, un migliaio di lavoratori sono usciti dal cancello 2 e hanno dato vita a un corteo. La protesta si è ripetuta nel secondo turno, dalle 16 alle ore 18.
Ma dove vuole davvero arrivare Marchionne? Qual è effettivamente il piano finanziario e industriale per il futuro del gruppo Fiat auto in Italia? Allo stato attuale è ancora un mistero.

9 dicembre 2010