Marx sulla storia di Casa Savoia  Ciampi riceve i Savoia al Quirinale

Misfatti e crimini di casa Savoia

La lunga catena di misfatti e crimini che marchia indelebilmente la monarchia sabauda inizia già all'indomani dell'unità d'Italia, con la sanguinosa repressione delle ribellioni contadine nel Meridione che Vittorio Emanuele II, primo re d'Italia dal 1861 al 1871, ordina con spietata logica colonialista dietro il pretesto della lotta al banditismo. Una logica che nella sostanza non è più cambiata da allora, approfondendo anziché colmare nel corso di oltre un secolo il dislivello economico, sociale e culturale tra le due metà del Paese.
Alla morte di Vittorio Emanuele II gli succede nel 1878 il figlio Umberto I. Un altro regno, il suo, bagnato dal sangue del popolo. Il re "buono'', infatti, rafforza i poteri della corona con leggi eccezionali, approva la politica colonialista di Crispi e ordina il soffocamento nel sangue dei moti popolari del 1898 a Milano contro l'odiosa tassa sul grano, decorando personalmente il generale macellaio Bava Beccaris che ha fatto sparare sulla folla con i cannoni. Morirà nel 1900 a Monza, ucciso in un attentato dall'anarchico Gaetano Bresci.
Gli succede Vittorio Emanuele III, detto spregiativamente dal popolo "gambine'' per la sua bassa statura, che reggerà il Paese fino alla morte in esilio nel 1946, facendogli attraversare due guerre mondiali e l'abominevole dittatura fascista. L'inizio del suo regno è battezzato dalla ripresa della politica colonialista italiana in Africa, dopo la pausa imposta dalle disastrose campagne militari in Abissinia. Nel 1911-12 l'Italia approfitta della crisi dell'impero turco e invade la Libia, occupando la Tripolitania e la Cirenaica. Per vincere l'inaspetata resistenza delle popolazioni locali i nuovi dominatori non esitano a ricorrere a spietati massacri di civili.
Nel 1915, nonostante la forte avversione popolare e l'offerta dell'Austria di acconsentire alle rivendicazioni italiane su Trento e Trieste purché mantenesse la neutralità, il re cede alle pressioni delle potenze dell'Intesa, degli industriali, dei militaristi e dei guerrafondai e getta milioni di operai e contadini nel mattatoio della prima guerra mondiale imperialista, compresi giovanissimi diciottenni richiamati alle armi e sacrificati in massa per "difendere la linea del Piave''. Non si contano i figli del popolo passati per le armi come disertori per essersi rifiutati di fare da carne da cannone al fronte. Subito dopo, siamo nel 1919-21, un altro bagno di sangue di lavoratori con la spietata repressione delle rivolte operaie e dell'occupazione delle fabbriche suscitate dalla rivoluzione bolscevica in Russia. Sempre nel '21, con la nomina del massacratore generale Graziani a governatore della Tripolitania, viene avviato un vero e proprio genocidio del popolo libico ribelle, genocidio che verrà proseguito e intensificato negli anni successivi dal fascismo.
Ma l'ignominia più grande Vittorio Emanuele III la compirà nel 1922, quando rifiutandosi di firmare lo stato d'assedio per fermare la marcia su Roma e conferendo a Mussolini l'incarico di formare il governo, consegnerà il Paese nelle mani del fascismo. Il ventennio mussoliniano si apre con l'assassinio di Matteotti, i tribunali speciali, la cancellazione di ogni opposizione e la dittatura aperta, prosegue con la guerra d'Etiopia e le vergognose leggi razziali del '38, e culmina con l'entrata in guerra a fianco della Germania nazista. Il tutto con la benedizione del re, che solo nel luglio del '43, quando si profila la disfatta militare, gli alleati sbarcano in Sicilia e Mussolini stesso viene abbandonato dai suoi gerarchi, si decide a farlo arrestare e a sostituirlo con Badoglio.
Tuttavia Vittorio Emanuele continua ancora la guerra a fianco di Hitler e fa reprimere ogni moto di piazza contro la guerra, permettendo ai fascisti di riorganizzarsi al Nord e ai nazisti che non si fidano più di occupare il Paese. L' 8 settembre del '43, dopo aver firmato in segreto l'armistizio con gli alleati, lasciando l'esercito senza ordini e il Paese completamente indifeso alla rappresaglia nazista, il re con tutta la corte e lo stato maggiore fugge a Pescara da dove si imbarca per Brindisi, rifugiandosi sotto la protezione degli anglo-americani.
Le sue gravi responsabilità gli costano l'abdicazione e l'esilio in Egitto, dove muore nel 1946, dopo aver lasciato la reggenza al figlio Umberto II, detto "il re di Maggio'' perché regna solo per poche settimane, fino al referendum del 14 giugno, che segna la vittoria della repubblica sulla monarchia. Ma anche Umberto, pur in questo breve intermezzo storico, riesce ad aggiungere altra ignominia al nome dei Savoia, cercando di tramare fino all'ultimo per rimettere in discussione il verdetto della storia, arrivando fino sull'orlo di un tentativo di golpe contro l'appena nata Repubblica. Da qui il meritato esilio in Portogallo con tutta la famiglia, sancito dalla XIII disposizione della Costituzione affinché né lui né i suoi eredi maschi potessero in futuro tentare di restaurare la monarchia.
Quanto al di lui figlio Vittorio Emanuele, che il parlamento nero si accinge oggi a far tornare in Italia, è proprio un degno erede di tale genìa: iscritto alla P2 e amico intimo di Licio Gelli, che da latitante è perfino stato con Ortolani, Pazienza e Carboni suo ospite a Ginevra, ha svolto assieme al "venerabile'' di Arezzo e al conte Agusta un lucroso traffico internazionale di armi. Sua l'intermediazione che fruttò alla Agusta una massiccia fornitura di elicotteri da guerra allo scià.
In un'inchiesta del giudice Carlo Palermo figurava anche come sospettato di aver svolto un traffico di droga dalla Val d'Aosta alla Svizzera.
Nel 1967 l'episodio dell'uccisione di un giovane turista tedesco all'isola di Cavallo, quando il rampollo dei Savoia sparò nel mucchio di un gruppo di vicini di Yacht che gli davano "fastidio''. Un crimine da cui è stato vergognosamente assolto dalla giustizia francese grazie alle sue protezioni massoniche e politiche internazionali.

13 febbraio 2002