Spie italiane del Kgb
UNA SQUALLIDA VICENDA CHE
COINVOLGE POLITICANTI E PENNIVENDOLI BORGHESI E REVISIONISTI
Il socialismo non c'entra un bel
nulla
IL GOVERNO D'ALEMA
FAGOCITATO DAL CAPO DEI GLADIATORI COSSIGA
Cominciato a settembre con una serie di voci e di anticipazioni sul suo contenuto, il
caso del dossier Mitrokhin, che ricostruisce le attività del Kgb in Italia negli anni '70
e 80', è definitivamente esploso ai primi di ottobre arrivando a mettere in pericolo la
stessa stabilità del governo D'Alema, apparso in grande difficoltà nella gestione della
vicenda, dalla quale ha cercato di uscire mettendosi nelle mani del capo dei gladiatori
Cossiga.
Dell'esistenza del dossier Mitrokhin si viene a conoscenza a settembre, quando esce il
libro dello storico inglese Christopher Andrew, in cui si parla anche degli agenti
italiani al soldo di Mosca. Vassili Mitrokhin sarebbe un oscuro archivista del Kgb che
negli anni '80 avrebbe copiato numerosi documenti segreti sulle attività all'estero dei
servizi segreti sovietici, rivendendoli poi nel '91 ai servizi britannici, dopo aver
tentato invano di farseli acquistare dalla Cia. Gli inglesi avrebbero a loro volta, a
partire dal '92, informato del contenuto del dossier, ritenuto attendibile, i servizi
segreti dei paesi alleati, tra cui quelli italiani.
A partire dal marzo-aprile 1995, fino al marzo di quest'anno, la parte del dossier
riguardante il nostro Paese - un migliaio di pagine, divise in 261 schede, contenenti,
fatti, vicende e nomi dei collaboratori del Kgb in Italia- è stato poi inviato in più
tranche al Sismi, il servizio segreto della Difesa diretto allora dal generale Siracusa, e
attualmente dall'ammiraglio Battelli, nominato da Prodi. Dunque, del dossier dovevano
essere a conoscenza i governi in carica in questo periodo, e cioè Dini, Prodi e D'Alema.
E qui c'è un "giallo'', perché sia Dini che Prodi, ed anche l'allora suo
sottosegretario Micheli, hanno negato con decisione di averne mai saputo nulla. Soltanto
l'ex ministro della Difesa di Prodi, Andreatta, ha ammesso di essere stato informato dal
Sismi, ma è stato del tutto evasivo sulla questione se ne abbia a sua volta informato
l'allora capo del governo. A loro volta i vertici dei servizi segreti sostengono di aver
sempre agito correttamente e nel pieno rispetto della legge 801 del 1977, vale a dire che
i responsabili politici erano sempre stati debitamente informati. Insomma, Andreatta, il
Sismi e il Sisde sapevano, Prodi, Micheli, Dini e il Cesis (l'organismo presso la
presidenza del Consiglio che dovrebbe coordinare tutte le attività dei servizi segreti)
non sapevano nulla. Chi mente, allora, gli ex presidenti del Consiglio o il Sismi e
Andreatta? O tutti quanti?
LE RESISTENZE DI D'ALEMA
Quanto al governo D'Alema, che ha ricevuto l'ultima tranche del documento nel marzo
scorso, fa mostra di cadere dalle nuvole quando l'esistenza del dossier viene rivelata sei
mesi più tardi. Per difendersi dall'accusa lanciatagli dal Polo di voler tenere nascosti
i nomi delle spie del Kgb per difendere i "traditori della patria'', come Cossutta
che ha due ministri nel governo, e per non fare i conti col proprio passato, nascondendo i
finanziamenti del PCUS al PCI, il 6 ottobre D'Alema consegna il dossier alla magistratura
romana, trincerandosi però dietro il segreto istruttorio per non rendere pubblici i nomi
contenuti nel documento.
Ma le pressioni da parte dell'opposizione, e anche da chi nella stessa maggioranza giudica
insostenibile la situazione, affinché il dossier venga reso pubblico, si fanno talmente
forti che alla fine D'Alema è costretto, l'11 ottobre, a consegnare il documento alla
Commissione stragi; che a sua volta, avuto il nulla osta della procura romana, decide
all'unanimità di renderlo pubblico. Tutti i giornali pubblicano le liste parziali dei
collaboratori veri o presunti del Kgb, per lo più formate da esponenti politici (Cossutta
in testa, che per anni è stato il collettore di un flusso di milioni e milioni di
dollari, per conto del PCI di Berlinguer prima, e poi per proprio conto, dopo lo
"strappo'' di quest'ultimo dall'Urss), da giornalisti, da funzionari degli Esteri e
della Difesa, da imprenditori, scienziati, ecc.
è a questo punto che si innesta la richiesta di una commissione parlamentare di
inchiesta, reclamata a gran voce dal Polo neofascista, che intravede in essa non solo
l'occasione per assestare un duro colpo al governo e ai DS in vista delle prossime
elezioni regionali, ma anche l'opportunità di allargare la sua sfera di competenza a
tutti i finanziamenti occulti ai partiti, non solo quelli al PCI, aprendo così la strada
all'agognato "colpo di spugna'' per tangentopoli. In un primo tempo D'Alema la
rifiuta sdegnosamente, definendola un "tribunale speciale'' voluto dalla destra per
scopi strumentali e negando l'esistenza di un "problema Cossutta'', perché -
pontifica il capo dell'esecutivo - "il tempo delle pregiudiziali ideologiche è
finito, non possiamo far finta che ci sia ancora il muro''.
LE MANOVRE DI COSSIGA
Ma poi è proprio il padrino politico del suo governo, il capo dei gladiatori Cossiga,
a chiedere la commissione, presentando un disegno di legge per la sua istituzione e
offrendosi anzi di guidarla personalmente. E ciò, sostiene il capo di Gladio, per
"difendere la storia pulita d'Italia'' di cui "fa parte anche un pezzo di storia
del PCI, non tutta''. Incredibilmente i rinnegati di Botteghe Oscure accettano l'offerta
pelosa di farsi processare ed assolvere dal capo dei gladiatori, ed è lo stesso Veltroni
ad annunciare il vergognoso dietro-front diessino, sia pure con scappatoia annessa: si
faccia la commissione di inchiesta, ma indaghi su "tutti i misteri d'Italia'' degli
ultimi anni. Quali? Veltroni opportunisticamente si guarda bene dal dirlo, per non
irritare Cossiga; il quale però non sta al gioco, non vuole "commistioni'' tra il
caso Kgb e altri "misteri'' che lo riguardano direttamente (come Gladio, Ustica e il
caso Moro, per esempio), e presa carta e penna scrive una lettera pubblicata sul Corriere
della Sera del 14 ottobre al "Signor Presidente del Consiglio dei Ministri e caro
amico D'Alema'', in cui minaccia il suo ritiro dalla maggioranza se la commissione non si
farà e non si farà nei termini da lui indicati.
Nella sua lunga lettera - un capolavoro di ostentata adulazione, astuzia diplomatica,
arroganza sfrontata e minacce ricattatorie, sapientemente dosati e miscelati - il capo dei
gladiatori rivendica il merito di aver "sdoganato'' l'ex PCI, nonostante l'essere
stato da questi più volte "crocefisso'', per il caso Moro, per Gladio e per le sue
picconate alla Costituzione e alla prima Repubblica. Cossiga infatti rammenta a D'Alema di
dovere a lui la sua nomina a Palazzo Chigi, avendolo scelto come primo capo del governo
post-comunista dell'Europa Occidentale per contribuire alla chiusura di un cinquantennio
di divisioni della nazione.
Lamentandosi però di essere fatto oggetto di attacchi di tipo "giustizialista''
anche da parte di ambienti diessini, e in particolare, secondo informazioni pervenutegli,
oggetto di indagini da parte della procura di Palermo nell'ambito di un'inchiesta su una
superloggia segreta che avrebbe governato l'Italia per 50 anni, Cossiga torna a riproporre
la commissione di inchiesta sul dossier Mitrokhin da lui stesso guidata, sbeffeggiando
l'ipotesi veltroniana di affidare l'inchiesta alla commissione Stragi diretta dal DS
Pellegrino, e conclude minacciando di abbandonare a sé stesso il presidente del Consiglio
se sceglierà di non fare i conti col passato rifiutando la sua proposta.
IL MARCHIO DELLA P2 E DI GLADIO
Con la sua lettera Cossiga ha voluto ribadire il marchio di Gladio e della P2 che aveva
apposto su questo governo fin dalla sua nascita, e di essere lui il vero padrino politico
dell'ascesa di D'Alema a Palazzo Chigi.
Evidentemente il vecchio piduista e golpista conosce bene i suoi polli, se il rinnegato
D'Alema gli ha risposto immediatamente con una lettera piena di servile deferenza, anche
lui rivolgendosi affettuosamente al "caro Presidente, caro Francesco Cossiga'', e
proclamando di volere solo "la verità'' e di non avere "personalmente nulla''
contro la sua candidatura alla presidenza della commissione sulle spie del Kgb.
Candidatura che poi è caduta lo stesso, a causa dell'opposizione di Prodi e Di Pietro, e
per il mancato sostegno da parte di Berlusconi e Fini, gli uni e gli altri essendosi resi
conto che Cossiga puntava con ciò a rafforzare il suo disegno egemonico sul centro dello
schieramento politico.
E del resto lo stesso picconatore della Costituzione aveva probabilmente già messo in
conto in anticipo un rifiuto della sua candidatura da parte di queste forze, ma quello che
gli interessava era vedere D'Alema strisciare ai suoi piedi, ribadire il suo protettorato
su questo governo neofascista, guerrafondaio e affamatore del popolo, scombinare i giochi
sia dell'Ulivo che del Polo e riconfermare il suo ruolo di arbitro tra le fazioni che si
disputano l'egemonia del regime neofascista.
Questo la dice lunga su quanto conti ancora quest'uomo che è al centro di tutti i
"misteri'' degli ultimi 50 anni di storia d'Italia, e quanto ancora l'ombra della P2
e di Gladio si allunghi sulla scena politica del nostro Paese. Cosa che è confermata
anche dall'inchiesta di Palermo su una superloggia che avrebbe avuto in pugno le redini
della politica e criminalità italiana in cui risulta coinvolto, anche se quella procura
ha per il momento smentito di indagare su di lui.
Come la dice lunga anche sul perché e sui motivi occulti di questa vicenda del dossier
Mitrokhin, che vista in questa luce non può che essere letta come l'ennesima operazione
anticomunista volta a sancire, sul piano storico, politico, morale e culturale il pieno
trionfo del capitalismo e dell'imperialismo sul socialismo. Un'operazione quanto mai
perfida e ingannatoria, in cui la classe operaia e tutti gli anticapitalisti che credono
ancora nella causa del socialismo non devono assolutamente cadere, perché deve essere
loro ben chiaro che in questa sordida storia di agenti prezzolati del Kgb il socialismo
non c'entra un bel nulla.
UNA SQUALLIDA STORIA DI CORRUZIONE
Innanzi tutto chi pagava i "reclutati'' e i "confidenti''
del Kgb non era certo la gloriosa Urss di Lenin e Stalin, ma il regime revisionista e
corrotto di Breznev, Andropov, Cernenko e Gorbaciov: le operazioni di spionaggio descritte
nel dossier Mitrokhin si riferiscono infatti agli anni '70 e '80, cioè dalla
trasformazione del regime revisionista kruscioviano in socialimperialismo, fino al suo
crollo e alla sua definitiva resa all'imperialismo occidentale. In secondo luogo, come si
può rilevare dalle loro biografie e dal loro operato, le spie del Kgb non agivano certo
in nome del socialismo e dell'internazionalismo proletario, ma per soldi, per fare
carriera, per ottenere favori e prebende, e perfino perché ricattate a causa di squallide
storie di sesso.
Non c'entra nemmeno la guerra fredda, ma solo la corruzione e la sete di denaro, tant'è
vero che a dominare non sono gli schieramenti politici ma gli "affari'', la ricerca
di vantaggi economici e commerciali per le società di intermediazione con l'Urss,
l'ottenimento di finanziamenti per giornali e correnti di questo o di quell'altro
esponente politico: il tutto all'insegna del trasversalismo più sfacciato, tant'è che
non è infrequente trovare stipendiati del Kgb tra faccendieri democristiani, socialisti e
persino missini, piduisti, noti giornalisti anticomunisti e quotidiani e periodici non
certo sospettabili di simpatie filosovietiche.
Il fatto è che dietro la facciata dello scontro "ideologico'' tra i due blocchi si
è svolta una sporca storia di ordinaria corruzione, dove da destra e da "sinistra''
si prendevano soldi dall'Est e dall'Ovest, senza certo badare al loro colore. Spie del Kgb
o della Cia, la morale non cambia: l'importante era spillare quattrini e fare carriera
negli ambienti del potere.
IL RUOLO DEGLI IMBROGLIONI REVISIONISTI E TROTZKISTI
In questo squallido scenario un posto di rilievo spetta a certi imbroglioni patentati
come Cossutta, foraggiato con fiumi di denaro per tenere la sinistra interna al PCI legata
al carro del socialimperialismo sovietico, in contrapposizione alla destra berlingueriana
che aveva già svoltato verso il capitalismo e la Nato. Per Bertinotti i finanziamenti
erano legittimi fino al cosiddetto "strappo'' di Berlinguer, ma non quelli successivi
intascati direttamente da Cossutta. Non si ricorda però che di questi ultimi ne ha
beneficiato anche il suo PRC.
Ma c'erano lauti finanziamenti anche per ambienti e individui revisionisti e trotzkisti
che si annidavano nel PSIUP, nella sinistra lombardiana del PSI (da cui proviene
Bertinotti), nelle formazioni terroriste sedicenti "rosse'', e tra i gruppi pseudo
marxisti-leninisti (vedi per esempio l'agente "Vittorio'', alias Luciano Raimondi,
noto trotzkista e provocatore che insieme a Giuseppe Maj ha dato vita a gruppi trotzkisti
e pseudo marxisti-leninisti), che svolgevano lo stesso ruolo di Cossutta, ma all'esterno
del PCI, per sabotare e impedire la nascita di un vero partito proletario
marxista-leninista e mantenere la classe operaia sotto l'influenza del revisionismo.
Tutti costoro hanno lavorato al soldo di Mosca non certo per il socialismo, bensì per il
revisionismo e il trotzkismo, nonché per i propri vantaggi personali: prova ne sia che,
dopo aver svolto il loro nefasto ruolo, o si sono "pentiti'' e sono rifluiti
direttamente nelle file della borghesia e dei neofascisti, o servono nel governo
neofascista, guerrafondaio e affamatore di D'Alema, della P2 e di Gladio, come Cossutta e
Diliberto, o lo coprono a sinistra praticando un'"opposizione'' opportunista e
compiacente come il trotzkista Bertinotti.
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