La Cei: "è una dichiarazione di guerra agli stranieri"
Una motovedetta libica spara su un peschereccio di Mazara
Sulla motovedetta anche sei militari della Guardia di Finanza
Gheddafi ha chiesto scusa per l'incidente

È una vicenda che rivela il vero volto repressivo del criminale accordo tra il neoduce Berlusconi e il presidente libico Gheddafi sul controllo delle masse di immigrati che giornalmente partono dalle coste nord africane verso l'Italia e l'Europa.
Il 12 settembre il peschereccio siciliano "Ariete", proveniente da Mazara del Vallo è stato mitragliato da una motovedetta libica mentre si trovava al largo delle coste libiche in acque internazionali. La vicenda è denunciata dal capitano del peschereccio, Gaspare Marrone, non appena l'imbarcazione giunge a Lampedusa. Qui la Guardia Costiera avvia un'inchiesta per ricostruire l'intera vicenda. Marrone denuncia che prima della raffica di mitragliatrice, la quale solo per un puro caso non ha colpito i lavoratori presenti sul peschereccio, dalla motovedetta libica era partito un ordine di arresto scandito in un italiano perfetto: "Ho il dubbio che vi potesse essere un italiano a bordo di quella motovedetta", dichiarava il capitano del peschereccio, il quale ha urlato: "fermatevi o questi vi sparano!". Dopo tentennamenti e mezze verità delle istituzioni alla fine, di fronte alla chiarissima testimonianza dei pescatori, la vicenda prende un contorno inquietante. A bordo della motovedetta c'erano ben sei militari italiani delle Fiamme gialle: due osservatori e quattro consulenti tecnici. Inizialmente il Comando generale della Finanza aveva parlato solo di un ufficiale. Non solo, grazie alla testimonianza dei membri dell'equipaggio che hanno sostenuto che l'unità che li ha attaccati era "identica a quelle utilizzate in Italia dalla Guardia di finanza. Anche se batteva bandiera libica", il ministro degli Esteri in persona, Franco Frattini, e il comando della Guardia di Finanza sono costretti ad ammettere che la raffica proveniva da una delle sei motovedette della Guardia di finanza che l'Italia ha consegnato alla Libia nel famigerato accordo stipulato nel 2008 per reprimere militarmente l'immigrazione clandestina sui mari.
Particolarmente arrogante la dichiarazione del ministro leghista dell'Interno Roberto Maroni, il quale ha affermato che la Libia avrebbe presentato le proprie scuse, sostenendo che i libici hanno sparato in quanto pensavano si trattasse di un'imbarcazione di clandestini: "Evidentemente - ha affermato il ministro - c'è stato un errore di interpretazione. È stato scambiato il peschereccio per una barca che, non fermandosi all'alt, immaginavano avesse a bordo clandestini". Affermazione che lascia chiaramente intendere come sia la norma mitragliare i clandestini che attraversano il Canale di Sicilia, con il beneplacito del governo neofascista di Berlusconi. Durissima l'accusa del presidente del Consiglio della Conferenza episcopale italiana (Cei) per gli Affari giuridici, Domenico Mogavero che ricopre anche la funzione di vescovo di Mazara del Vallo. Mogavero ha affermato che si spara con troppa facilità: "La cosa che preoccupa ancora di più come aggravante di questo episodio, è che una delle motivazioni addotte per giustificare i fuochi libici è che si immaginava che fosse una nave con degli immigrati. La cosa non è che alleggerisce la gravità dei profili, se i respingimenti in evoluzione diventano attacco armato siamo veramente di fronte alla dichiarazione di guerra contro gli immigrati". Il vescovo di Mazara ha aggiunto: "Veramente c'è da atterrirsi perché questi poveri disgraziati non solo fuggono dalle condizioni di vita in cui si trovano, ma appena vengono minimamente intercettati li si fa fuori come se fossero nemico pubblico. Tutto questo è mostruoso".
Intanto, un'inchiesta è stata aperta anche dalla Procura di Agrigento ipotizzando anche il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti.

22 settembre 2010