Pugnalata alle spalle al movimento di studenti, precari e ricercatori
Il ministro Mussi conferma le controriforme targate Berlusconi-Moratti e il taglio dei fondi alle università
Il governo Prodi annuncia come prioritaria una legge sulla "governance" fortemente richiesta da quella stessa "lobby accademica trasversale" che ha ispirato l'opera devastatrice della Moratti


"Non c'è tempo da perdere, dobbiamo fare presto perché la competizione economica non aspetta l'Italia". Non sono parole di Montezemolo bensì quelle con cui ha esordito il neoministro dell'Università e Ricerca scientifica, Fabio Mussi (Ds), che il 4 luglio scorso in audizione alla VII Commissione della camera dei deputati, ha tenuto il suo primo discorso sulla linea che perseguirà nel campo universitario e della ricerca scientifica.
Finito il tempo delle promesse elettorali per strappare il voto al grande schieramento antimorattiano di studenti e lavoratori dell'università, il governo ha fretta di gettare la maschera ed impugnare il coltello.

Prosegue la demolizione dell'Università pubblica
Prima sottovoce, poi mano a mano in modo sempre più netto ed esplicito il "neoinquilino" di Viale Trastevere afferma di non avere alcuna intenzione di abrogare l'odiata controriforma Moratti della docenza varata dal precedente governo Berlusconi, quella per intenderci che dà il ben servito ai ricercatori con la messa ad esaurimento del ruolo a partire dal 2013, quella che precarizza, gerarchizza e privatizza il rapporto di lavoro nella docenza e nella ricerca, accentua la sudditanza dei lavoratori tutti nei confronti delle imprese, delle lobby baronali, dei presidi e dei rettori manager.
È il segno tangibile che Mussi non ci ha messo molto tempo ad allinearsi ai suoi illustri predecessori, Ruberti (Psi), Berlinguer (Ds), Zecchino (PPI), Moratti (FI), confermando l'autonomia più spinta delle università, compresa la trasformazione in Fondazioni, l'introduzione delle "cattedre d'impresa", l'idoneità a numero chiuso per i docenti che apre le porte ai licenziamenti ed al reclutamento per "chiamata diretta" da parte delle università: tutti tasselli importanti del processo di privatizzazione e restaurazione neofascista in atto nelle università. Mussi a riguardo, con impareggiabile opportunismo, afferma che "riaprire queste questioni significherebbe impantanarci in una discussione senza fine che ci terrebbe occupati per i prossimi cinque anni", dimenticando persino quello che sosteneva fino a pochi mesi fa, insieme a tutta l'allora "opposizione": "il ddl Moratti sullo status giuridico della docenza è disastroso per l'Università".
La replica, per ora a colpi di comunicati stampa, della rete nazionale dei ricercatori precari (Rnrp) a queste uscite ufficiali del "nuovo" ministro non si è fatta attendere "La lobby accademica trasversale ha deciso di finire in questa legislatura il lavoro di demolizione dell'Università statale iniziata nel 1990. Rendere permanentemente precario il 'ruolo' dei docenti è uno degli obiettivi principali di questa lobby affaristica che ha già ottenuto dal precedente governo l'approvazione del disegno di legge sullo status giuridico della docenza".
Il fatto è che Mussi sembra essere stato improvvisamente ed irreversibilmente infettato dal motto morattiano "me ne frego della piazza", quella piazza che si è sgolata per far comprendere ai neoliberali dei Ds che simili norme sono devastanti, che lungi da essere dirette contro l'autoritarismo, il nepotismo e la corruzione che imperversa da sempre nelle università, finirebbero per legalizzare questa situazione, perché accrescono a dismisura il potere di controllo nei confronti del restante corpo docente da parte delle gerarchie baronali che già oggi decidono chi, come e quando reclutare personale, chi come e quando far scattare l'avanzamento di carriera, e domani decideranno anche chi è idoneo ad istruire la nuova classe dirigente che serve al regime neofascista.
Per quanto riguarda l'altra controriforma morattiana, ossia il percorso didattico ad Y, con sdoppiamento dei corsi in un binario di serie A per i ricchi e "meritevoli" ed uno di serie B per i più poveri e "ciucci", al termine del primo anno di studi "orientativo", ha affermato che "entro questa estate la riproporremo in una nuova versione più equilibrata, in modo che nel 2007 le università potranno partire con i nuovi corsi". Corsi che si andranno a sovrapporre a quelli introdotti dalla antistudentesca ed antiproletaria riforma Zecchino-D'Alema del 1999, anche detta del "3+2", che per Mussi "funziona", così come "pensiamo che anche il sistema dei crediti vada bene", anche se "vanno rivisti alcuni punti come la proliferazione dei corsi di laurea (passati da 2500 a 5500 in meno di 5 anni!, ndr) e la frammentazione dei crediti".
Rivelato ciò che vuole mantenere in vita, che su per giù corrisponde a ciò che andrebbe seppellito, il rinnegato del comunismo annuncia tra i "provvedimenti più urgenti: la legge sulla governance", ossia la ridefinizione degli organi di governo accademici, nei quali entrerebbero di diritto e in maniera pesante i rappresentanti delle imprese. Per il resto - aggiunge - "proseguiremo ogni volta che si può con atti amministrativi".

Finanziamenti al palo, ma non per privati e centri d'eccelenza
"Per il 2007 la situazione finanziaria non ci permetterà di incrementare i fondi per l'università e la ricerca" è l'altro annuncio shock per chi immaginava un governo sostanzialmente diverso dal precedente, "prevedo" - ha affermato ancora una volta il rinnegato del comunismo, rimangiandosi tutto quello che aveva affermato in campagna elettorale - "il mantenimento degli attuali livelli di finanziamento del Fondo Ordinario per l'Università". Ciò significa che il governo Prodi per l'università e gli enti di ricerca stanzierà la stessa misera somma stanziata dal governo Berlusconi, confermando quei tagli spaventosi che hanno messo in ginocchio le facoltà, soprattutto del Sud, e giustamente avevano fatto sollevare lavoratori e studenti come un sol uomo in difesa dell'università pubblica e per il diritto universale allo studio. In questo senso un altro clamoroso voltafaccia del ministro è stato l'annuncio che non vuole chiudere lo scatolone dell'IIT di Genova, né fermare il flusso di finanziamenti stanziati ad hoc dallo scorso governo, pari a quanto ricevono tutti gli atenei del paese presi insieme. Prima delle elezioni l'attuale maggioranza denunciava "l'inutilità e l'altissimo costo" dell'Istituto sponsorizzato dai Prof. Tremonti e Pera.
Accanto ai tagli al pubblico ed alla conferma del finanziamento alle università private ed ai "centri di eccellenza", strombazzato modello di università classista, meritocratica ed aziendalizzata, l'unica novità annunciata da Mussi è che "per gli anni a venire i fondi verranno assegnati tenendo conto della valutazione degli atenei effettuata da un agenzia indipendente sia dal governo che dal ministero dell'Università". Sarà forse questa Agenzia composta dalla lobby accademica trasversale che da quasi 20 anni orienta in senso privatistico e classista i provvedimenti varati e i finanziamenti stanziati dai governi?

Elemosine per ricercatori e precari
Fedele alla linea prodiana del "concertare le decisioni del governo", il 13 e il 18 luglio le organizzazioni e le associazioni universitarie sono state ascoltate dalla Commissione cultura, ma guarda caso nessuna delle loro rivendicazioni è stata accolta. Il movimento degli studenti e dei lavoratori dell'università chiedono, da anni oltre all'abrogazione delle controriforme scolastiche e universitarie della Moratti, il blocco dell'esternalizzazione dei servizi, la stabilizzazione in ruolo a tempo indeterminato di tutta quella giungla di figure precarie, sfruttate e prive di diritti sindacali che sono proliferate ben oltre quella già inaccettabile soglia del 20% del totale stabilito dalle infami leggi Treu e Biagi e dai contratti bidone firmati dai confederali, contributi per tutti i lavoratori da attingere dal fondo a gestione ordinaria con ricostruzione di carriera scientifica e previdenziale, il bando immediato di almeno 20mila posti di ricercatore di ruolo e 20mila nel comparto tecnico-amministrativo, con finanziamento specifico aggiuntivo e commissioni nazionali a sorteggio, un piano pluriennale di reclutamento di giovani docenti, la terza fascia per i ricercatori con riconoscimento dello status giuridico di "docente", l'incremento dei fondi per università e ricerca, la modifica dei meccanismo di avanzamento di carriera con passaggi di fascia per idoneità individuali (a numero aperto), per cui al giudizio positivo deve seguire l'immediato e pieno riconoscimento del passaggio di fascia, senza ulteriore chiamata discrezionale della facoltà dove il docente sta già lavorando (come nella legge Moratti).
"Prevedo per l'università un piano d'ingresso massiccio di giovani ricercatori" - ha detto Mussi - ma a ben vedere l'unico intervento da lui prospettato riguarda una sanatoria mirata all'assunzione di 5000-7000 ricercatori precari, da selezionare sulla base di criteri ancora misteriosi. Si tratta di "'una tantum", un contentino così misero e ambiguo nei criteri che non risolve minimamente i problemi dei ricercatori, che con linguaggio imprenditoriale cerca di addolcire definendoli "ottima materia prima per l'esportazione", ed è ben distante dalla loro rivendicazione di "un programma straordinario di reclutamento che permetta l'accesso nell'università a pieno titolo ai 55mila precari su cui oggi si basa la sopravvivenza degli atenei". Invece nessun concorso per ora si profila all'orizzonte.

Niente concorsi, meno docenti
Coerentemente con l'obiettivo di "dare piena autonomia nell'assunzione di manodopera agli atenei", leggi "chiamata diretta" del corpo docente da parte degli organi di governo universitario, Mussi sostiene che i concorsi "in Italia hanno funzionato poco e male. Quelli locali e quelli nazionali, è sempre stata una Torre di Babele, dove hanno vita facile l'arbitrio, le parentele, le conoscenze accademiche". Ha fatto la scoperta dell'America! Ma cancellare i concorsi non è certo la strada giusta per battere la corruzione e il nepotismo! Tanto più che al sovrapporsi delle controriforme didattiche avviate (3+2), a quelle da completare (status giuridico) e a quelle prospettate (nuova versione del modello ad Y), tutte si badi bene rigorosamente a costo zero, si aggiunge il blocco del turn over e delle assunzioni, che negli ultimi anni ha aumentato esponenzialmente il carico di lavoro di precari, ricercatori e personale amministrativo delle facoltà. Mussi va in un'altra direzione e punta alla sforbiciata. "Non è detto che il corpo docente debba mantenere il livello numerico di oggi che è di circa 60mila. È necessario prevedere uscite multiple dalla docenza, verso le imprese e la Pm. Per questo c'è una legge del '98 per la quale mancano i decreti attuativi. Basta scriverli ed io lo farò". "I docenti universitari in ruolo sono troppi" ribadisce ancora nell'intervista a Repubblica del 15 luglio, alludendo alla possibilità di licenziamento prevista dal comma 4 dell'art.14 del ddl riguardante l'istituzione dell'"autorità di valutazione" presentato dai Ds nel febbraio scorso.
Per quanto riguarda il settore ricerca afferma che "La prima urgenza è il riordino degli Enti pubblici di ricerca: il Cnr e l'Enea che sono ormai al collasso". Come? "Bisogna Incentivare gli investimenti privati. Sto studiando insieme ai colleghi Bersani e Nicolais le strategie opportune come ad esempio investimenti nei fondi chiusi delle capital venture".
Dunque se la sinistra "borghese" vede a portata di mano l'instaurazione dell'università funzionale al regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista ormai instaurato nel paese non deve destare sorprese che Mussi veda "Tra le priorità della sua politica l'incremento delle borse di studio per i meritevoli (ma non c'erano anche i privi di risorse?, ndr), i prestiti d'onore, la creazione di campus e l'aumento consistente delle residenze per il fuori sede".
"È chiaro che un distacco così marcato dal programma non può giustificarsi né con la ristrettezza di risorse, né con la risicata maggioranza al Senato: per questo dovremo prendere in seria considerazione l'idea di un'astensione dalle lezioni per il prossimo anno accademico e magari anche degli esami e delle tesi di laurea. Spero non si arrivi a tanto, ma se queste sono le premesse, prepariamoci a dissotterrare l'ascia di guerra", ha affermato il 20 luglio scorso Marco Serafini del coordinamento nazionale ricercatori universitari, auspicando un autunno caldo con l'appoggio dei precari delle altre categorie e delle larghe masse studentesche.

6 settembre 2006