Alla festa della repubblica il nuovo Vittorio Emanuele III chiede alle masse di accettare i sacrifici
Nuovo appello di Napolitano all'unità tra la destra e la "sinistra" borghese
Dieci milioni di euro buttati via per la parata militarista e nazionalista

Per Napolitano ogni occasione è buona per incitare la destra e la "sinistra" borghese a dialogare e ad agire con spirito "bipartisan" in nome degli interessi nazionali supremi del capitalismo e del regime neofascista. Figuriamoci se si tratta di far accettare alle masse i sacrifici per superare la crisi capitalista e se l'occasione è quella della festa nazionalista per eccellenza, la cosiddetta festa della Repubblica del 2 giugno.
Così quest'anno il nuovo Vittorio Emanuele III ha messo il tema della crisi economica e dell'unità delle forze politiche per farvi fronte al centro del tradizionale messaggio al Paese in occasione di questa ricorrenza: "In questo momento - dice infatti il messaggio - sentirsi nazione unita e solidale, sentirsi italiani, significa riconoscere come problemi di tutti noi quelli che preoccupano le famiglie in difficoltà, quelli che nei giovani suscitano, per effetto della precarietà e incertezza in cui si dibattono, pesanti interrogativi per il futuro". E dopo questo appello all'unità nazionale attorno al capezzale del capitalismo malato ecco la medicina: "Stiamo attraversando, nel mondo e in particolar modo in Europa, una crisi difficile: occorre dunque un grande sforzo, fatto anche di sacrifici, per aprire all'Italia una prospettiva di sviluppo più sicuro e più forte".
Il senso dell'appello di Napolitano è chiarissimo: la crisi è del capitalismo, cioè della borghesia, ma a pagarla deve essere secondo lui "tutta la nazione": e quindi come sempre i lavoratori e le masse popolari, dato che anche stavolta la maxi manovra messa in campo dal governo va a colpire in questa unica direzione. Che poi il suo incitamento ad accettare i sacrifici sia infarcito delle solite formule giaculatorie per indorare la pillola, tipo "per crescere di più e meglio", per un "maggiore benessere a quanti sono rimasti più indietro", perché "l'Italia deve crescere tutta, al Nord e al Sud", "guardando ai giovani" e via salmodiando, non cambia di certo il concetto nudo e crudo che bisogna tirare la cinghia per salvare il sistema capitalistico. E che a farlo tocca ancora ai lavoratori, tant'è vero che Napolitano sottolinea che occorre "elevare la produttività del nostro sistema economico", e che "solo così si potrà creare nuova e buona occupazione": non attraverso una redistribuzione della ricchezza tra capitale e lavoro, quindi, ma come sempre attraverso l'intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori e l'aumento dei profitti capitalistici.
Naturalmente egli sa bene che per far digerire questa amara medicina ai lavoratori e alle masse popolari senza che esploda la rivolta sociale è indispensabile l'aiuto della "sinistra" borghese, ed ecco allora un altro appello al dialogo tra i due "poli" del regime neofascista, perché "il confronto tra le opposte parti politiche deve concorrere al raggiungimento di questi risultati, e non produrre solo conflitto, soltanto scontro fine a sé stesso". Confronto che guardando unicamente all'interesse nazionale e tenendo conto degli aggiustamenti richiesti dall'"opposizione", dovrà portare comunque ad approvare al più presto la manovra di Berlusconi e Tremonti da lui già avallata: "Si discutano in questo spirito le decisioni che sono all'ordine del giorno; si scelga in questo spirito - nel Parlamento, nelle istituzioni regionali e locali e nella società - tra le diverse proposte che si dovranno liberamente esprimere", conclude infatti il messaggio di Napolitano.
L'appello del nuovo Vittorio Emanuele III ai lavoratori e alle masse popolari ad accettare i sacrifici suona particolarmente ipocrita e rivoltante, se si pensa ai milioni buttati via nella parata militarista e nazionalista che anche quest'anno si è voluta tenere ai Fori imperiali nonostante la crisi, e che egli ha presieduto in gran pompa con a fianco il nuovo Mussolini, Berlusconi, e circondato da numerosi rappresentanti del governo e dell'"opposizione". Una parata che secondo i promotori della campagna "Sbilanciamoci", che analizza le storture e gli sprechi del bilancio pubblico, può essere calcolata in non meno di 10 milioni di euro, malgrado il rigido segreto sui suoi costi mantenuto dal governo e dal ministero della Difesa. Con questi soldi, hanno denunciato i promotori chiedendo di abolire la parata, si sarebbero potute coprire le indennità di disoccupazione per 32.200 precari che hanno perso il lavoro.
Ma Napolitano da quest'orecchio non ci sente, e così non solo anche quest'anno non ha voluto rinunciare allo sfarzoso ricevimento di 2000 vip al Quirinale (sui cui costi, anche qui, non ci è dato sapere), ma in un incontro con la stampa ha voluto anzi rimarcare il "successo" della festa del 2 giugno, sia di popolo che politico, sottolineando che "in fin dei conti, questa mattina è stata una manifestazione assolutamente unitaria: unitaria di popolo, di cittadini, e anche di rappresentanze perché sul palco c'erano rappresentanti dell'opposizione e della maggioranza, e delle istituzioni senza nessuna eccezione".
Nell'occasione il rinnegato del Quirinale ha voluto dare anche una spinta alla legge-bavaglio momentaneamente impantanata al Senato, spronando la destra e la "sinistra" borghese a trattare sui ritocchi da apportare a questo provvedimento liberticida e filomafioso per renderlo più presentabile e farlo quindi approvare al più presto come esige il neoduce Berlusconi, così che "dal confronto ancora in corso - ha auspicato - possano uscire soluzioni se non condivise da tutti, più accettabili per tutti". Un "consiglio", il suo, immediatamente seguito sia dal nuovo Mussolini, che ha dato ordine ai suoi gerarchi di limare qua e là gli aspetti più sfacciatamente anticostituzionali del provvedimento, sia dal PD, che tramite la capogruppo al Senato, Finocchiaro, ha subito espresso apprezzamento per il "nuovo clima" favorito dalle "aperture" della maggioranza a modificare la legge. Una legge che dovrebbe invece essere respinta in blocco senza nemmeno accettare di discuterla e mercanteggiarla in parlamento, come fa invece il PD liberale di Bersani con la mediazione di Napolitano e perfino di Fini, ma affossata dalla lotta di piazza e dalla condanna crescente di tutte le forze democratiche, antifasciste e antimafiose del Paese.

9 giugno 2010