Il capo dello Stato alla festa della marina militare: "Abbiamo bisogno delle forze armate"
Napolitano difende l'Italia interventista e militarista

Quelle italiane all'estero sono "missioni militari ma non di guerra". Parola di Giorgio Napolitano, che nella veste di capo dello Stato ha usato questa ipocrita perifrasi ricevendo il 9 giugno al Quirinale il capo di Stato maggiore della marina e una delegazione di ufficiali, sottufficiali e marinai, in occasione della festa della marina militare.
Dunque non era stato frutto di un puro dovere istituzionale (semmai qualcuno, non certo noi, avesse avuto qualche dubbio in proposito) quel passaggio del suo discorso per la festa del 2 giugno in cui aveva espresso la sua vicinanza "a tutte le missioni fuori d'Italia" in cui sono impegnate le forze armate. Ma con questo nuovo intervento in occasione della festa della marina Napolitano ha voluto rimarcare che questo è proprio il suo reale pensiero, affinché non ci sia il minimo dubbio sul suo completo e convinto schieraramento a favore della politica militarista e interventista dell'imperialismo italiano.
Tant'è vero che ha voluto anche aggiungere un passaggio in cui, come ha fatto il rinnegato D'Alema per il Kosovo e come hanno fatto Berlusconi e Ciampi per giustificare gli interventi in Afghanistan e Iraq, ha cancellato la prima parte dell'articolo 11 della Costituzione e distorto la seconda per legittimare il carattere "pacifico" delle missioni militari italiane all'estero: "L'Italia - ha detto infatti l'inquilino del Quirinale prima di recarsi al funerale di Stato per il militare ucciso da una bomba a Nassiriya - ha bisogno dell'insieme delle forze armate al più alto livello di modernità ed efficienza per adempiere ai propri doveri di partecipazione alle organizzazioni internazionali che, come recita l'articolo 11 della Costituzione repubblicana, sono impegnate ad assicurare la pace e la giustizia tra le nazioni".
La partecipazione dell'Italia alle occupazioni militari di paesi esteri sarebbe quindi decisa non in violazione, ma addirittura in ossequio all'articolo 11 stesso. Una gran bella faccia tosta, quella del rinnegato Napolitano!
Da notare che nel messaggio militarista e patriottardo indirizzato al capo di Stato maggiore della marina per la festa dell'arma ricorrente il 10 giugno, anniversario di un episodio della guerra 1915-18, l'"impresa di Premuda", in cui fra l'altro aveva esaltato quell'episodio della carneficina imperialista come volto alla "salvaguardia della propria Nazione", Napolitano ha parlato della presenza della marina da guerra italiana in mari lontani come contributo "alla stabilizzazione e alla pace".
Dunque, nessuna differenziazione, nessuna rottura, nessuna "aria nuova" rispetto al suo predecessore Ciampi, ma stesso identico nazionalismo patriottardo, militarismo e interventismo guerrafondaio. La sola differenza, se si vuole, è nella diversa platea a cui si rivolge il rinnegato Napolitano, rispetto al suo predecessore. Ciampi infatti, da azionista e cattolico, si rivolgeva soprattutto alla borghesia, e in particolare a quella di ispirazione liberale e cattolica. Napolitano, accreditato ancora come un "ex comunista", anche se è invece un socialdemocratico e un anticomunista da sempre, come e più dello stesso Pertini, grazie al suo passato, ha una certa presa su una platea popolare, di operai, lavoratori, elettori di sinistra in genere.
Da buon rinnegato che ha da tempo consumato fino in fondo il suo tradimento, oggi egli si identifica totalmente nelle istituzioni del regime neofascista, in particolare nelle forze armate imperialiste e interventiste, con il compito specifico, grazie alla sua aureola di "sinistra", di accreditarle presso le classi sociali storicamente (e giustamente) più diffidenti verso di esse: il proletariato, i contadini, la piccola borghesia. Forze armate che tra l'altro non sono più nemmeno basate sull'esercito di leva e a cui la Costituzione democratico-borghese del 1948 assegnava un ruolo formalmente solo difensivo, ma su un esercito professionale mercenario con un ruolo preminentemente offensivo e interventista. Per cui difenderle ed esaltarle come fa Napolitano non può che significare aver sposato in pieno il nazionalismo, il militarismo, l'interventismo e l'espansionismo guerrafondaio del rinato imperialismo italiano.

21 giugno 2006