Un discorso militarista senza precedenti
Napolitano esalta le forze armate interventiste italiane
Il capo dello Stato ricorda i caduti di Nassiriya come martiri di una missione di pace
I fascisti applaudono

Non avevamo dubbi che appena salito al Quirinale, il rinnegato Giorgio Napolitano avrebbe proseguito con zelo la politica nazionalista, militarista, patriottarda e interventista del suo predecessore Ciampi. Ma già da ora bisogna riconoscere che lo ha addirittura superato da destra, con un intervento di esaltazione delle Forze armate interventiste italiane che non ha precedenti nella storia della Repubblica borghese.
Nel discorso del 4 novembre rivolto ai rappresentanti delle gerarchie militari invitati al Quirinale, il capo dello Stato ha voluto infatti cogliere l'occasione della celebrazione della "vittoria" nella "grande guerra" per esaltare il nuovo ruolo interventista delle Forze armate italiane a sostegno del "nuovo ruolo nel mondo" dell'Italia imperialista. Un'esaltazione totale e senza riserve, la sua, dal risorgimento fino alle più recenti missioni di guerra in Iraq, Afghanistan e Libano, tacendo ipocritamente sull'intervento fascista nella seconda guerra mondiale imperialista a fianco dei nazisti hitleriani.
"La storia cui oggi ci richiamiamo - ha esordito Napolitano - è una storia di dure prove e di eroici, dolorosi sacrifici, da quelli che segnarono la grande guerra del 1914-1918 a quelli più recenti ben impressi nella nostra memoria, che sollecitano tutti il nostro commosso reverente omaggio". In questo modo egli assolve e glorifica tutta la storia delle forze armate italiane, compreso quindi non solo il loro intervento nella carneficina imperialista del 1914-18, ma anche tutte le guerre coloniali in Africa, la guerra fascista del 1940-43, il ruolo antisovietico, antioperaio e golpista che mantennero durante la "guerra fredda", e naturalmente il nuovo ruolo interventista che hanno assunto dagli anni '90, trasformandosi da esercito di leva in esercito professionale mercenario per soddisfare gli appetiti del rinato imperialismo nostrano.
Appetiti che il nuovo inquilino del Quirinale spaccia ovviamente per "obiettivi di pace, di democrazia e di sviluppo", da perseguire però "ben oltre i confini nazionali e gli stessi confini dell'Europa". "Solo così - aggiunge il capo delle forze armate gettando la maschera - si possono ormai proteggere gli interessi dell'Italia e dell'Europa, e il nostro diritto a vivere nella sicurezza e nella libertà. Ciò richiede anche interventi concertati in situazioni di crisi, che vanno affrontate con strumenti molteplici, compreso, e non da ultimo, quello della presenza militare. Di qui il ruolo nuovo ed essenziale delle nostre Forze armate, che fin dai primi anni novanta del secolo da poco conclusosi hanno concorso a importanti missioni, sotto l'egida delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea e della NATO".
Non siamo più soltanto all'esaltazione delle forze armate italiane come "presidio" contro aggressioni esterne o sovversioni interne, come ai tempi dei presidenti democristiani, ma siamo nel solco di Ciampi e anche oltre, giacché siamo ormai alla teorizzazione della proiezione militare globale al servizio degli interessi nazionali, che da sempre è un principio cardine di ogni paese capitalista che varca la soglia dell'imperialismo.
Così per questo rinnegato la "nostra" libertà e sicurezza si difendono aggredendo e facendo la guerra ad altri popoli, che hanno il solo torto di rappresentare obiettivi strategici per gli "interessi" dell'Italia e dell'Europa. Ed ha pure la faccia tosta di spacciare questa politica ipocrita e banditesca, del tutto simile a quella esibita dall'Hitler della Casa Bianca, Bush, e dal suo stretto alleato Blair, per un'applicazione diligente e fedele della Costituzione, quando dice che "a questi concetti e a questi valori - che pienamente corrispondono ai motivi ispiratori della Costituzione repubblicana - può ben ricondursi, io credo, il modo di essere e di operare delle nostre nuove Forze Armate. Vi si può ricondurre in particolare la partecipazione a quelle missioni all'estero che ho già ricordato, e che discendono dalla lungimirante impostazione dell'articolo 11 della Carta costituzionale".
Quindi, per lui, tutte le missioni di guerra a cui ha partecipato o partecipa tuttora l'Italia, sono missioni pienamente in accordo con l'articolo 11 della Costituzione. Compresa quella in Iraq voluta dal neoduce Berlusconi, dato che Napolitano non accenna ad alcuna distinzione.
E difatti ciò non è sfuggito ai fascisti, che sul "Secolo d'Italia" non mancano di segnalarlo e di plaudire con entusiasmo al loro nuovo beniamino del Quirinale, che "zittisce la sinistra pacifista". Giorgio Napolitano, esulta il fogliaccio di AN, "difende le missioni di pace senza alcuna distinzione: non violano l'articolo 11 della Costituzione. Nella giornata che celebra le Forze Armate, il capo dello Stato zittisce le sinistre pacifondaie (termine già usato da Mussolini, ndr) che si sono sempre opposte alle missioni di pace dei nostri soldati in Iraq, Afghanistan e ora in Libano".
Elogi che l'inquilino del Quirinale si è doppiamente meritato quando pochi giorni dopo, facendo da sponda alla feccia fascista, nazionalista e patriottarda in occasione dell'anniversario della strage di Nassiriya, in un messaggio inviato al ministro della Difesa Parisi ha scritto che quei militari "donarono il bene supremo della vita ispirandosi a un nobile intento di pace", confermando così la legittimazione a posteriori dell'avventura imperialista voluta da Berlusconi. Additando anzi questi caduti nemmeno come "vittime" di una guerra illegale di aggressione e occupazione di un paese sovrano, il che per quanto ipocrita gli avrebbe almeno evitato di schierarsi a favore di quella infame guerra, ma addirittura come "un esempio di mirabile dedizione al senso del dovere e all'amor patrio".
Ma del resto questo rinnegato della prima ora era ben consapevole di ciò che scriveva, tant'è vero che ha colto l'occasione per ribadire anche il concetto, già espresso nel discorso del 4 novembre, che i nostri militari all'estero sono "chiamati a garantire valori fondamentali sanciti dalla Costituzione repubblicana, anche lontano dai confini nazionali". E per dimostrare tutto il suo zelo di rinnegato ansioso di provare alla classe dominante borghese la sua incondizionata conversione al capitalismo e all'imperialismo, Napolitano si è anche impegnato davanti agli alti papaveri militari a chiamare il Consiglio Supremo di Difesa, di cui come capo dello Stato è presidente, a "fare ancor meglio la propria parte" per aiutare le forze armate interventiste ad ammodernarsi ed essere sempre più professionali ed efficienti, pur "nella difficile condizione del bilancio e dell'assetto complessivo dello Stato".

15 novembre 2006