Il nuovo Vittorio Emanuele III fa un altro regalo al nuovo Mussolini
Napolitano firma il "legittimo impedimento"

Con la firma apposta il 7 aprile in calce alla legge sul "legittimo impedimento", il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è reso pienamente corresponsabile dell'ennesimo piano eversivo orchestrato dal neoduce Berlusconi contro il potere giudiziario per evitare i processi Mediaset e Mills, in corso di svolgimento a Milano, che lo vedono imputato di frode fiscale e corruzione di testimone.
Grazie a ciò, per i prossimi 18 mesi (il legittimo impedimento può essere invocato per una durata massima di 6 mesi e per non più di tre volte consecutivamente), Berlusconi non può più essere "disturbato" dai giudici e quindi può "lavorare tranquillo per il bene del Paese" in attesa dell'assoluzione definitiva che arriverà quanto prima attraverso la riproposizione del lodo Alfano-bis o il ritorno all'impunità parlamentare.
La nuova norma infatti garantisce al premier e a tutti i suoi ministri imputati (tra cui ad esempio Fitto sotto processo a Bari) il "diritto" di non presentarsi in udienza e quindi, per il solo fatto di far parte dell'Esecutivo, di non rispondere alle domande e di sottrarsi al giudizio dei giudici. Norma che i legali del neoduce, capeggiati dal fido Niccolò Ghedini, hanno già provveduto a utilizzare annunciando l'impossibilità di Berlusconi di presentarsi per "legittimo impedimento" a tutte le udienze già fissate dai giudici di Milano fino al 21 luglio.
Si tratta di una legge manifestamente incostituzionale. Lo hanno ribadito in aula i Pubblici ministeri di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro che il 12 aprile hanno opposto l'eccezione di costituzionalità per conto della procura di Milano dove si stanno celebrando i processi contro Berlusconi sulla compravendita dei diritti tv Mediaset e per la corruzione del testimone David Mills, già condannato anche se prescritto dalla Corte di Cassazione. Lo ha implicitamente riconosciuto lo stesso difensore di Berlusconi, il deputato Piero Longo, che ha ammesso che "il legittimo impedimento finirà certamente davanti alla Corte" e soprattutto lo ha stabilito la Consulta in due sentenze del 2001 e del 2008. La prima, a proposito degli impedimenti parlamentari accampati da Previti nei processi "toghe sporche"; la seconda con la bocciatura del lodo Alfano dove si definiva "irragionevole e sproporzionata" la "presunzione legale assoluta di legittimo impedimento" dovuta esclusivamente dalla carica ricoperta: gli impedimenti valgono "solo per lo stretto necessario", "senza meccanismi automatici e generali", tanto più che la deroga al principio d'eguaglianza era imposta con legge ordinaria. Inoltre, in barba al precetto costituzionale che vuole i giudici "soggetti soltanto alla legge", il legittimo impedimento li assoggetta alle circolari di un funzionario di Palazzo Chigi che comunicherà insindacabilmente ai tribunali, di sei mesi in sei mesi, l'impossibilità del premier e dei ministri a comparire.
Dunque altro che "garante della Costituzione" e "dell'indipendenza dei poteri costituzionali" peraltro già fatti a brandelli dalla maggioranza in camicia nera!
Altro che "addormentato": Napolitano purtroppo è ben desto, nel pieno possesso di tutte le sue facoltà fisiche e mentali e sa benissimo di aver firmato una legge palesemente incostituzionale col chiaro intento di fare un ennesimo regalo al nuovo Mussolini che siede a Palazzo Chigi spronandolo addirittura ad andare avanti con le riforme in questi tre anni di legislatura che rimangono a cominciare dalla legge sulle intercettazioni e dalla controriforma della giustizia in un "contesto" di "leale collaborazione istituzionale fra autorità politica e autorità giudiziaria".
Con ciò l'inquilino del Quirinale si è schierato ancora una volta apertamente al fianco di chi ha restaurato il fascismo sotto nuove forme, nuovi metodi e nuovi vessilli; di chi ha attuato punto dopo punto il "piano di rinascita democratica" e lo "schema R" della P2 e di chi è già al lavoro per cambiare la forma del governo e dello Stato in senso presidenzialista nell'ambito della terza repubblica capitalista, neofascista, federalista, razzista e interventista.
Un crimine imperdonabile: simile a quello compiuto negli anni '20 dal re Vittorio Emanuele III, dai liberali, dai popolari e dai riformisti che sottovalutarono la pericolosità del fascismo e invece di denunciarlo pubblicamente nelle piazze vennero a patti con Mussolini spianandogli di fatto la strada per l'instaurazione della dittatura aperta.
Un vero e proprio golpe giudiziario messo in atto sull'onda del falso senso di fiducia creatosi attorno al Quirinale all'indomani del 31 marzo scorso quando Napolitano ha rinviato alle Camere la legge n. 1167-B approvata definitivamente in Senato il 3 marzo scorso che, tra le altre schifezze, con l'arbitrato permette di aggirare l'art.18 dello "Statuto dei lavoratori", favorisce i licenziamenti senza reintegro e mette fuori gioco il giudice del lavoro.
Un rinvio palesemente strumentale, come abbiamo prontamente denunciato sul nostro giornale, che "stranamente" non ha suscitato nessuna reazione né da parte del ministro Sacconi né dalla maggioranza in camicia nera ed è servito unicamente per buttare un po' di fumo negli occhi della "sinistra" del regime neofascista per far passare senza colpo ferire un provvedimento di gran lunga più utile e importante in questo momento per il neoduce Berlusconi. Non a caso quest'ultimo, appena appresa la lieta notizia si è immediatamente recato al Quirinale per ringraziare personalmente Napolitano per avergli firmato la trentottesima norma ad personam della sua non certo invidiabile carriera giudiziaria.
Del resto, non poteva essere altrimenti visto che fino ad oggi Vittorio Emanuele Napolitano ha avallato tutte le porcate del governo del neoduce Berlusconi: ben undici leggi vergogna in quattro anni di presidenza della Repubblica a cominciare dal mega-indulto esteso ai colletti bianchi (2006), il decreto Mastella per bruciare i dossier Telecom, la controriforma giudiziaria Mastella-Castelli e la norma salva-Pollari (2007), i due pacchetti sicurezza Maroni contenenti norme razziali anti-rom e anti-immigrati e il lodo Alfano (2008), lo scudo fiscale e il raddoppio dell'Iva per la concorrente Sky (2009) e il decreto salva liste Pdl (2010).

14 aprile 2010