18 giorni di bombardamenti e cannoneggiamenti. Usate bombe al fosforo
I nazisti sionisti spianano Gaza
947 morti, 4.100 feriti. Rasi al suolo interi quartieri. Manifestazioni di solidarietà in Italia e nel mondo. Il 17 corteo nazionale a Roma. Ahmadinejad invita tutti i paesi islamici a sostenere l'eroica resistenza del popolo palestinese
Hamas: vinceremo noi
Come annunciato nei minacciosi volantini sganciati dagli aerei israeliani l'11 gennaio sulla striscia di Gaza "Israele sta per iniziare una nuova fase della guerra al terrorismo" ovvero l'esercito nazista sionista si prepara a stringere la morsa sulla città di Gaza e gli altri principali centri abitati, preparata da un'intensificazione dei bombardamenti aerei notturni che hanno già ridotto in macerie molte zone delle città, compresi interi quartieri di Rafah, la città presso il confine con l'Egitto. I blindati dell'esercito, pur contrastati dai combattenti palestinesi che si difendono con mortai e armi leggere, hanno compiuto numerose incursioni in almeno tre quartieri periferici della città di Gaza, in preparazione di un probabile attacco ancora più massiccio con le truppe di terra.
I comandi sionisti minimizzano le perdite subite nell'aggressione a Gaza, supportati dalla maggior parte dei mezzi di informazione dei paesi imperialisti che si limitano a rilanciare le veline di Tel Aviv, e certo i rapporti di forza sono a loro netto vantaggio. Da fonti della resistenza palestinese risulta comunque che almeno nel nord della Striscia di Gaza i difensori sono riusciti a rallentare l'avanzata dell'attacco sionista e a impedirgli di entrare nel campo profughi di Jabaliya mentre nel sud hanno distrutto due carri israeliani e ucciso un numero indeterminato di militari nel villaggio di Khuzaa, vicino a Khan Yunes.
Un dato certo è il numero crescente di vittime palestinesi. Secondo quanto denunciato dal ministero della Sanità del governo palestinese diretto da Hamas, il numero delle vittime nei primi 18 giorni dell'attacco israeliano denominato "Piombo fuso" è arrivato a 947 di cui almeno due terzi civili, compreso un alto numero di donne e bambini mentre i feriti sono 4.100. Vittime civili come quelle decine di rifugiati in tre scuole dell'Unrwa, l'agenzia Onu che assiste i profughi palestinesi, a sud della Striscia, a Shate colpite il 6 gennaio o quelle del giorno successivo nel quartiere Zeitoun della città di Gaza dove i soldati sionisti hanno radunato in un palazzo 110 civili, intere famiglie con donne e bambini, e poi l'hanno bombardato; nell'episodio denunciato dall'ufficio dell'Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari le vittime sarebbero almeno 30.
Gli aggressori sionisti non esitano a colpire la popolazione civile come i convogli umanitari dell'Onu che nelle farsesche "ore di tregua", proclamate e spesso violate dagli stessi soldati di Tel Aviv, tentano di portare viveri e aiuti alla popolazione. Come non esitano a usare le proibite bombe al fosforo e altre armi definite non convenzionali, come le bombe Dime che concentrano il loro potenziale esplosivo in un raggio d'azione molto ristretto, denunciate dai medici di Gaza, da organizzazioni umanitarie e da associazioni pacifiste israeliane.
Se da una parte il boia Olmert ripete che "utilizzeremo il pugno di ferro" a Gaza fintanto che Hamas continuerà a sparare razzi e il governo di Tel Aviv ripete l'appello all'alleato Egitto di controllare il confine con Gaza per impedire rifornimenti alla resistenza dall'altra il governo di Hamas sottolinea la coraggiosa resistenza all'aggressione. In un comunicato diffuso il 12 gennaio il governo palestinese ha affermato che la "vittoria" sull'esercito israeliano è "più vicina che mai" e ha fatto sapere che non accetterà nemmeno di esaminare progetti di tregua finché Israele non avrà cessato le operazioni, non avrà ritirato le truppe e non avrà riaperto i valichi. Il primo ministro Ismail Haniyeh, in un discorso registrato trasmesso dalla televisione al-Aqsa di Hamas, ha affermato che gli attacchi di Israele a Gaza non hanno spezzato Hamas: "l'aviazione israeliana ha lanciato contro di noi 2.200 attacchi eppure continuiamo a lottare. E continueremo a combattere gli invasori fino alla vittoria".
Contro il massacro sionista di Gaza si è finalmente pronunciato anche il presidente palestinese Abu Mazen che lo scorso 28 dicembre dal Cairo aveva accusato Hamas di aver provocato l'offensiva militare israeliana per non aver rinnovato il cessate il fuoco dei sei mesi precedenti. Senza nulla dire del fatto che il cessate il fuoco era stato osservato solo da Hamas e non dai sionisti. Abu Mazen che ha terminato il suo mandato l'8 gennaio, ma che vuol rimanere illegalmente lo stesso al suo posto, continua comunque a mandare per strada la sua polizia addestrata dagli Usa per reprimere le manifestazioni che si svolgono in Cisgiordania contro l'aggressione sionista.
Importanti manifestazioni a favore del popolo palestinese sono continuate in tutto il mondo anche nella seconda settimana di gennaio.
Da quelle imponenti in diversi paesi islamici del venerdì 9 gennaio a quelle del giorno successivo a Beirut in Libano e in Europa con i 100 mila a Parigi e in altre 80 città della Francia, da Atene e Salonicco in Grecia, a Sarajevo, Londra, Budapest, Oslo, Stoccolma, Co-penaghen, Berna. Cortei e sit in anche in diverse città in Italia dove tra l'altro è in programma una manifestazione nazionale per il 17 gennaio a Roma. L'11 gennaio altre manifestazioni in molte città della Spagna, a Bruxelles e Praga; a Hong Kong e a Giacarta, a Karachi in Pakistan dove i dimostranti hanno lanciato pietre contro la sede del consolato americano e a Damasco in Siria dove i dimostranti hanno intonato slogan anche contro alcuni leader arabi, fra i quali l'egiziano Mubarak, accusati di connivenza con i sionisti di Tel Aviv.
Manifestazioni contro l'aggressione a Gaza si sono svolte anche in Israele dove sono circa 700 i pacifisti arrestati dalla polizia. Un movimento che cerca di far sentire la sua voce anche con una "lettera aperta" diffusa on-line da una serie di associazioni ed intellettuali ebrei di tutto il mondo che ha raccolto 335 adesioni da 22 paesi e nella quale si chiede "ai soldati israeliani di fermare la guerra"; "ci rifiutiamo di rimanere in silenzio mentre i leader israeliani costringono i soldati israeliani a commettere crimini di guerra: crimini contro l'umanità" sottolinea l'appello che invita i soldati a "non semplicemente disobbedire a ordini palesemente illegali, ma bisogna opporsi ad essi attivamente ed efficacemente" per "fermare questa guerra pericolosa, illegale e immorale" e "bloccare la macchina da guerra israeliana". Ci sono già stati alcuni casi di diserzione e arresti di riservisti.
Contro l'aggressione dei nazisti sionisti si è espresso di nuovo il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad che ha invitato il 12 gennaio tutti i paesi islamici a sostenere l'eroica resistenza del popolo palestinese. In un messaggio consegnato dal suo vice Hossein Dahkane al presidente algerino Abdelaziz Bouteflika ha sottolineato che "se non saranno prese misure urgenti per mettere fine al blocco imposto a Gaza e agli attacchi militari, il mondo musulmano e l'umanità intera dovranno affrontare una catastrofe umanitaria e storica importante". Per Ahmadinejad occorre dare un sostegno totale al popolo palestinese. Il ministro degli Esteri iraniano Manucher Mottaki ha invitato i paesi islamici a rompere le relazioni diplomatiche con Israele e il suo portavoce ha chiesto che i leader israeliani vengano processati per crimini di guerra. Da registrare infine che il 7 gennaio il presidente venezuelano Hugo Chavez ha espulso dal paese l'ambasciatore israeliano.

14 gennaio 2009