La biografia dei nuovi membri del Cda della RAI

Il rinnegato e neofascista Baldassarre presidente
IL NEODUCE SI IMPADRONISCE DELLA RAI
L'Ulivo gli regge il sacco. Violante: "C'è stata una logica pluralistica''
IL NUOVO PRESIDENTE PENSA GIA' ALLA PRIVATIZZAZIONE

Puntualmente, come previsto nel loro programma neofascista e come tutti ormai si aspettavano, le truppe della Casa del fascio hanno occupato la cittadella della Rai, del resto già parzialmente espugnata dall'interno negli anni del "centro-sinistra''. La presa di possesso dell'importante ex azienda pubblica, che consegna al neoduce Berlusconi con il monopolio assoluto dei media radio televisivi un potere senza precedenti in un paese capitalistico, è avvenuta ufficialmente il 22 febbraio, con la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione targato Cdl, dopo una decina di giorni di "trattative'' all'interno della coalizione di governo, per spartirsi il bottino e anche per salvare le apparenze facendola sembrare una "scelta'' di Pera e Casini, come istituzionalmente spetterebbe loro in quanto presidenti delle Camere.
Alla presidenza del nuovo Cda Rai è stato chiamato l'ex presidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarre, un passato nella "sinistra'' ingraiana, transitato tra i seguaci di Cossiga e di Craxi, per approdare oggi ad AN e Fini; nonché frequentatore di Previti e della sua combriccola, antiabortista dichiarato e sostenitore accanito della controriforma neofascista della giustizia basata sulla sottomissione dei Pm al potere esecutivo. Lo affiancano quattro consiglieri: Marco Staderini, amministratore delegato della Lottomatica, in quota CCD, amico personale di Casini e con buone entrature in Vaticano; Ettore Albertoni, uomo di Bossi, che lascia la poltrona di assessore alla Cultura della regione Lombardia; Luigi Zanda, un manager che ha guidato l'Agenzia per il giubileo con Rutelli sindaco, buon amico di Cossiga, attuale presidente del Palaexpo di Roma, considerato in quota Ulivo; Carmine Donzelli, editore, amico personale di Fassino, anch'egli ritenuto in quota Ulivo.
Questa "cinquina'' è stata messa a punto in una trattativa quadrangolare tra Berlusconi, Fini, Casini e Pera, con nel ruolo di mediatore il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, facente la spola con Ciampi al Quirinale, che lo aveva da poco promosso Cavaliere di Gran croce al merito della Repubblica. Il nuovo "ordine'' berlusconiano alla Rai porta dunque anche la firma e l'avallo autorevoli di Ciampi, oltreché la complicità scontata dei presidenti delle Camere. A conferma che il Quirinale continua a comportarsi col nuovo Mussolini come il re si comportava con l'originale, ignorando ostentatamente lo scandaloso conflitto di interesse criticato anche dalla stampa estera e avallando ogni sua iniziativa neofascista. Al punto che perfino un giornale conservatore come l'inglese Economist si è accorto del "silenzio assordante'' di Ciampi su tutti gli atti del neoduce. E non a caso quest'ultimo lo ripaga esaltandolo come "un uomo che ha un vero senso delle istituzioni, che ha riportato il più alto simbolo della Repubblica alla sua natura di garante super partes'' (discorso al Consiglio nazionale di Forza Italia del 22 febbraio, ndr).

OCCUPAZIONE "MILITARE'' DELLA RAI
La nomina del nuovo Cda apre la strada all'occupazione completa della Rai da parte della Casa del fascio. Prossima tappa la nomina del nuovo Direttore generale, quello che detiene il potere operativo nell'azienda, e che dovrebbe essere Agostino Saccà, attuale direttore di Rai uno, che già si era tempestivamente guadagnato la simpatia del neoduce esaltando le tv di Mediaset, da lui giudicate migliori di quelle pubbliche. Anche perché tra i suoi grandi elettori figurano grossi calibri della corte berlusconiana, come l'anchorman di regime Vespa, il piduista Costanzo e il presidente di Mediaset Confalonieri.
Al suo posto, a dirigere Rai uno, dovrebbe subentrare Claudio Donat Cattin, in quota Cdl e uomo di Vespa; o in alternativa il suo omologo Fabrizio Del Noce. A Rai due andrebbe un uomo di Fini, Massimo Magliaro, mentre Clemente Mimum verrebbe promosso alla direzione del TG1, lasciando libero il posto a Mauro Mazza (AN). A Rai tre, unica rete restante nominalmente all'Ulivo, potrebbe andare Giuseppe Cereda, ma di sicuro i suoi poteri saranno dimezzati, giacché i nuovi padroni intendono ripristinare la divisione in tre aree, Nord, Centro e Sud, con altrettanti direttori rispondenti alle diverse maggioranze politiche locali. Al TG3 dovrebbe restare Antonio di Bella, che però è insidiato da un paio di candidati più "gradevoli'' ai nuovi signori, come Paolo Ruffini e il megafono di Bush, Giulio Borrelli.
A completare il quadro dell'occupazione militare della Rai da parte della Casa del fascio c'è il progetto di affidare le tre importanti cariche di vicedirettori generali a uomini come Giancarlo Leone, figlio dell'ex presidente democristiano, a Fabio Belli e Guido Paglia (AN): un passato, tanto per inquadrare il tipo, di picchiatore fascista e uomo dei servizi segreti.
Baldassarre, pur coprendosi dietro le solite promesse di restituire la Rai ad un servizio "di qualità'', ha già fatto capire come intende spendere la fiducia accordatagli dai suoi sponsor della Casa del fascio: "Il mio compito - ha dichiarato al berlusconiano Il Giornale del 23 febbraio - è quello di rendere l'azienda appetibile di fronte ad eventuali soluzioni di privatizzazione. Portarla ad avere fonti di finanziamento trasparenti. Farla diventare una vera impresa, insomma''. Anche il suo collega in quota Lega, Albertoni, già noto per aver ideato l'apertura di un centro studi sulla "repubblica sociale'' a Salò, ha già annunciato come intende utilizzare il suo mandato: "Riorganizzare completamente'' la Rai, "partendo da un'idea federalista del servizio pubblico''.

L'OPPORTUNISMO DEI RINNEGATI DS
Quanto ai due consiglieri in quota Ulivo, Donzelli e Zanda, non paiono in grado, e comunque non hanno manifestato nessuna intenzione, di mettersi di traverso alla linea di Baldassarre che proviene direttamente da Arcore e da via della Scrofa. Tanto che Rutelli, a caldo, ha dichiarato che l'Ulivo "non si sente rappresentato'' da questi due. Molto più cauta, invece, la posizione dei DS, che con Violante hanno dichiarato che con la scelta del nuovo Cda "è stata soddisfatta l'esigenza di pluralismo''. Anche il responsabile Comunicazione della Quercia, Morri, portavoce di Fassino, che pure ha criticato la nomina di Baldassarre, ha avallato come rispondente "ai criteri di pluralismo politico-culturale'' la composizione del Consiglio, annunciando che per il momento non chiederà le dimissioni di Zanda e Donzelli, del resto suggeriti a Casini dallo stesso Fassino.
Ancora una volta, dunque, i rinnegati reggono il sacco al neoduce, nell'illusoria speranza di raccattare le briciole di potere che questi si degnerà eventualmente di concedergli per tenerli buoni. Non hanno ancora capito che costui, come Mussolini, si sente ormai padrone incontrastato del campo, grazie all'appoggio incondizionato del Quirinale, del Vaticano e del grande capitale, e anche grazie alla loro omertosa corresponsabilità col regime di seconda repubblica neofascista, e marcia come un panzer nell'attuazione del suo programma fascista di "cambiare l'Italia'' pronto a schiacciare qualsiasi ostacolo gli si pari davanti: come ha già dimostrato al G8 di Genova e come minacciato con l'avvertimento della bomba al Viminale. Una conferma in più che soltanto la lotta di piazza può fermarlo e buttarlo giù, prima che riesca a consolidare il suo nuovo regime mussoliniano.

6 marzo 2002