Vi si oppongono agguerriti comitati a Brindisi, Taranto, Trieste, Livorno
No ai rigassificatori, sė alle fonti rinnovabili
I rischi non si possono monetizzare
Vendola pronto ad accoglierne uno
Sulla cruciale questione energetica vi è diversità tra la politica che intende seguire il governo Prodi e quella attuata dal governo del neoduce Berlusconi? Vi è discontinuità, come amano dire i rappresentanti del PRC e del PdCI, che del governo di "centro-sinistra" fanno parte? A noi non sembra che sostanzialmente ve ne sia. C'è anzi un segno di continuità. Emerge con chiarezza nel disegno di legge composto di cinque articoli, presentato dai ministri per lo sviluppo economico, Pierluigi Bersani e per le politiche europee, Emma Bonino, recante il titolo: "Misure per la liberalizzazione del mercato dell'energia, per la razionalizzazione dell'approvvigionamento, per il risparmio energetico".
In questo ambito ci interessa evidenziare due aspetti centrali del suddetto disegno di legge. Il primo riguarda (art.1) le disposizioni per il completamento del processo di liberalizzazione-privatizzazione nei settori dell'energia elettrica e del gas. Bersani, insieme a Prodi, si conferma così protagonista di primissimo piano della cessione del settore energetico in mani private; visto che fu proprio lui, come ministro dell'industria, ad attuare in materia un primo decreto legge con i risultati negativi che sono davanti a tutti. Il secondo concerne invece (art. 4) le misure per favorire l'insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche. Detto in parole povere incentivi per la costruzione di terminal Gnl (gas naturale liquefatto) chiamati comunemente rigassificatori. A questo proposito merita ricordare che già il precedente governo aveva operato per installare tra i 9 e12 rigassificatori sparsi per le coste italiane, suscitando forti proteste tra gli enti locali e le popolazioni interessate. Come merita rammentare che ambedue i programmi elettorali per le ultime elezioni politiche (quello della casa del fascio e quello dell'Unione) contenevano la proposta dei rigassificatori.
Ma cosa sono? Tecnicamente i rigassificatori trasformano il gas dallo stato liquido a quello aeroforme; nei terminali vicini ai giacimenti il metano estratto viene congelato a meno 162 gradi e caricato su navi metanifere alimentate parzialmente dallo stesso gas trasportato. Una volta a destinazione dalle stive il liquido viene trasferito in due serbatoi di acciaio e fatto passare in una condotta subacquea che, scaldata dal calore del mare, riporta il metano allo stato gassoso, pronto per essere immesso nella rete di distribuzione. Di queste infrastrutture assai costose, dannose per l'ambiente, pericolose per la salute e la vita delle persone in Italia ne esiste solo una, esattamente a Fezzano di Portovenere, in provincia di La Spezia, di proprietà della Gnl Italia, in funzione dal 1971. Ora però il governo Prodi vorrebbe, in progressione, moltiplicare il numero di queste strutture cominciando col primo pacchetto di impianti destinati a Trieste, Livorno, Rosignano, Brindisi o Taranto. Cui far seguire altri a Gioia Tauro, Porto Empedocle, Priolo.
Prodi, Bersani, l'ultraliberista Bonino, ma anche Pecoraro Scanio che oltre a essere il leader dei Verdi è anche ministro dell'Ambiente (sic!) giustificano questa vera e propria escalation per l'insediamento dei rigassificatori con le seguenti motivazioni: l'Italia è fortemente dipendente dall'estero per l'approvvigionamento delle fonti energetiche; con la riduzione delle forniture di gas da parte russa nel nostro Paese stiamo vivendo un'emergenza energetica; per affrontarla l'ampliamento (costruzione di nuovi) dei gasdotti non è sufficiente, diventa perciò indispensabile la costruzione di un certo numero di rigassificatori i quali permetterebbero di comprare il prodotto anche da altri paesi produttori, trasportarlo per mare e immetterlo nella rete dagli impianti off shore. Aggiungono che conviene continuare a puntare sul gas, in quanto meno inquinante, piuttosto che sul petrolio o sul rilancio del nucleare, che i suddetti rigassificatori sono sicuri e hanno un basso impatto ambientale.
Il primo punto, relativo alla dipendenza dall'estero per il nostro fabbisogno energetico, la situazione è effettivamente molto preoccupante e rischiosa. Visto che ne importiamo oltre l'80% (54% prodotti petroliferi, 30% gas naturale, 8% carbone, 7% energia elettrica). Essenzialmente da Medio Oriente e Nord Africa per il petrolio, Algeria e Federazione russa, ma anche Libia, Olanda e Norvegia per il gas naturale. Circa il metano, l'Italia ne produce 10 miliardi di metri cubi, a fronte, ci viene detto, di un fabbisogno di 90 miliardi di metri cubi. È però anche vero che vi sono responsabilità politiche gravi e imperdonabili da parte dei governi che si sono succeduti almeno negli ultimi 18 anni, essendo del 1988 l'ultimo piano energetico nazionale varato, con risultati del tutto deludenti, a essere buoni. Basti dire che nella produzione dell'energia eolica l'Italia è il fanalino di coda dei paesi industrializzati: la Germania ne produce quindici volte in più; la Spagna cinque. Lo stesso l'Inghilterra, la Danimarca e gli Usa. Anche nella produzione dell'energia solare l'Italia si fa precedere dalla Germania e persino dall'Olanda che di sole ne ha senz'altro meno di noi.
Sulla crisi energetica contingente c'è chi la nega apertamente argomentando che l'Eni (Ente nazionale idrocarburi) continua ad esportare all'estero energia elettrica, che sempre l'Eni si è opposta in tempi recenti per fini di profitto, ad ampliare il gasdotto algerino e a un conseguente aumento dei rifornimenti di metano. Sostenendo inoltre che vi sono stoccaggi e riserve sufficienti per fronteggiare ogni evenienza. Vi è perciò un'esagerazione e una strumentalizzazione di fatti, come la riduzione delle forniture russe, come il black-out elettrico di un anno fa, imputabile al gestore della rete, per far passare una linea di politica energetica negativa senza colpo ferire.
Sulla scelta dei rigassificatori, come soluzione migliore e prioritaria per affrontare la suddetta crisi, il dissenso è netto. Intanto perché ciò significa insistere sull'energia combustibile, invece che quella rinnovabile, inevitabilmente destinata ad esaurirsi nei prossimi 20-50 anni, in base all'aumento dei consumi in forte crescita ad esempio in paesi come la Cina e l'India. Inoltre perché ci sono poche navi adatte al trasporto di gas congelato e quindi andrebbero costruire con i tempi (non brevi) e i finanziamenti (cospicui) necessari. La stessa costruzione delle infrastrutture adatte ad ospitare i rigassificatori comporta tempi lunghi (2-3 anni ad andare bene) e tanti, tanti soldi. Nessun danno all'ambiente e nessun pericolo? Falso! Non c'è nessun studio scientifico serio e credibile a provarlo. Viceversa ci sono dei precedenti terribili che non possono essere assolutamente ignorati. Stiamo parlando del grave incidente avvenuto a un impianto di liquefazione-rigassificazione (Gnl) in Algeria nel gennaio 2004, dove si verificarono 27 morti e 80 feriti e furono scaricate in atmosfera 3 o 4 tonnellate di metano. Vi è un caso precedente, ottobre 1944, a un impianto Gnl a Cleveland (Ohio, Usa) con 131 morti, 225 feriti, 680 senza tetto. In uno studio del 2003, commissionato da una città della California, Oxnard, si evidenza che, nel caso di grave incidente in uno di questi impianti si sprigionerebbe una nube di gas per un raggio di 55 km che, in caso di incendio, distruggerebbe tutto sul suo cammino.
Se le cose stanno così non si capisce davvero come Pecoraro Scanio possa appoggiare la costruzione dei rigassificatori "perché l'economia ha bisogno di ripartire" e, aggiungere, "purché siano assolutamente sicuri" e siano installati con il metodo della concertazione. Stupisce anche la posizione del direttivo nazionale di Legambiente il quale afferma perentoriamente che l'Italia ha bisogno "per una politica energetica innovativa e sostenibile di alcuni rigassificatori". "Legambiente rifiuta radicalmente l'idea di un'opposizione generalizzata contro i rigassificatori: i nostri comitati regionali, i nostri circoli e gruppi locali non possono in alcun modo prestare il fianco a iniziative di questo tipo".
Se fosse tutto così semplice e bello non si capirebbe perché il ministro Bersani si appresta a fare un giro per l'Italia nella speranza di convincere regioni, comuni e popolazioni ad accettare i rigassificatori, magari in cambio di un'allettante contropartita economica per il soddisfacimento di esigenze locali, o un alleggerimento della bolletta del gas per i residenti. Un'iniziativa che ha trovato pronto il presidente della regione Puglia, il falso comunista Nicki Vendola (PRC), che si è detto disponibile "ad accoglierne uno" e ad inserirlo, senza consultare la popolazione, nella versione definitiva del Piano energetico e ambientale regionale. Dove? A Brindisi, dove è in azione la British Gas per realizzare un terminal Gnl, che andrebbe a confliggere apertamente con il porto turistico, con danni economici devastanti? Oppure a Taranto, dove la spagnola Gas Natural ha già ottenuto la valutazione d'impatto ambientale?
Vendola sa, non può non saperlo, che in ambedue le città ci sono due comitati che si battono con motivazioni concrete e verificabili contro l'installazione di questi impianti; che a Taranto è stata lanciata una petizione popolare indirizzata a tutte le istituzioni interessate; sa perfettamente che nella zona sono già presenti nove grandi impianti industriali che pesano notevolmente nell'impatto ambientale e per l'inquinamento, e costituiscono un alto rischio distruttivo per incidenti.
Ma Vendola non è l'unico governatore regionale di "centro-sinistra" alfiere dei rigassificatori. In Toscana c'è il diessino Claudio Martini, e i sindaci di Livorno e di Rosignano che hanno dato il loro nulla osta a due terminal off shore Gnl, sordi alle proteste dei comitati locali anti-gassificatori, che denunciano, nelle zone interessate, la presenza pesante di impianti elettrici e chimici inquinanti e pericolosi.

26 luglio 2006