Col pretesto che la Fiat "non ha guadagnato un euro di utile in Italia"
Nuovo ricatto di Marchionne ai lavoratori Fiat
"O maggiore produttività o ce ne andiamo dall'Italia"
Lo stipendio del nuovo Valletta è 450 volte superiore a quello di un operaio metalmeccanico

Sergio Marchionne, l'amministratore delegato della Fiat, il nuovo Valletta, il presunto "salvatore" dell'industria italiana ha davvero stufato. Ogni volta che prende la parola sui quotidiani o in televisione, come un disco rotto, ripete la stessa tiritera su come sono poco produttivi gli stabilimenti italiani, su quanto sono assenteisti gli operai, quando non sabotatori della produzione. E di seguito a chiedere, anzi pretendere mano libera, cieca obbedienza, azzeramento dei contratti, fine della conflittualità e degli scioperi, altrimenti lui chiude tutto e porta tutto all'estero. Più o meno sono le cose che ha detto rispondendo alle domande del compiacente Fabio Fazio nella trasmissione televisiva "Che tempo che fa" del 24 ottobre scorso. Aggiungendo, in questo caso una serie di balle, come quella secondo cui la Fiat non avrebbe usufruito di nessun aiuto di Stato, che ha fatto arrabbiare, si fa per dire, anche esponenti del governo e i sindacalisti collaborazionisti alla Bonanni e Angeletti che fin qui lo hanno assecondato in ogni suo atto pedissequamente.
Ci va giù pesante Marchionne quando con tono provocatorio afferma: "Senza l'Italia la Fiat potrebbe fare di più. Pochi giorni fa, abbiamo presentato i costi trimestrali: nemmeno un euro dei due miliardi di utile operativo previsto per il 2010 viene dall'Italia". Ammesso che ciò sia vero, e non lo è, per lui il problema cruciale è la produttività, la ridotta capacità di produttività degli stabilimenti del gruppo auto e più in generale dell'Italia che, secondo i suoi calcoli "è al 118° posto su 139 per efficienza del lavoro e al 48° per competitività del sistema industriale". "Siamo fuori dall'Europa - rincara - e dai Paesi a noi vicini. Il sistema italiano ha perso competitività anno dopo anno".

Bugie antioperaie
Per ottenere condizioni di lavoro di supersfruttamento e un regime da caserma nelle fabbriche, come quello imposto con l'accordo separato alla Fiat di Pomigliano, batte e ribatte sul tasto della produttività. "C'è bisogno di stabilimenti competitivi". E per forzare la mano porta il confronto non con realtà "più vicine" come la Francia e la Germania ma con la Polonia dove la politica del governo è sbracatamente filopadronale, le tutele sindacali e contrattuali sono quasi inesistenti e il ricatto occupazionale e fortissimo. "Lì - afferma Marchionne - i nostri 6.100 dipendenti producono oggi le stesse auto che si producono in tutti gli stabilimenti italiani". I salari degli operai italiani devono dunque scendere a livello di quelli polacchi? Marchionne furbescamente nega e tatticamente lancia una promessa poco credibile di portare lo stipendio medio dell'operaio italiano a livello di quello degli altri paesi europei. "È un obbligo per la Fiat colmare il divario degli stipendi degli operai".
Ma è una parentesi subito chiusa per tornare ad attaccare vigliaccamente gli operai e la Fiom, colpevoli di opporsi ai suoi piani padronali. In particolare i tre di Melfi ingiustamente licenziati che ancora aspettano dal 9 agosto scorso, di essere reintegrati come deciso dal Tribunale di Melfi. "Se tre persone bloccano da sole - afferma il nuovo Valletta, sapendo di mentire - la produzione di una fabbrica di 5 mila persone, quella non è democrazia è anarchia". Poi tenta di sminuire la Fiom come una sparuta minoranza affermando che "non è maggioranza, rappresenta solo il 12 per cento dei nostri dipendenti". Il riferimento è ai soli iscritti e non ai voti che le Rsu Fiom raccolgono, un consenso ben più alto, come è apparso d'altronde chiaro nel referendum sull'accordo separato di Pomigliano. Circa la riduzione delle pause alle catene di montaggio introdotte a Pomigliano e poi a Melfi che rischia di pregiudicare la salute degli operai, Marchionne dice una bugia quando afferma che "non è una novità perché già a Mirafiori quel sistema è in vigore". Una bugia detta per disinformazione? Una semplice verifica è sufficiente per stabilire che a Mirafiori le pause sono tre ma non di 10 ciascuna per un totale di 30, bensì due di 15 e una di 10 per un totale di 40 minuti.
Un'altra bugia grossa come una casa Marchionne la dice quando afferma che "la Fiat è l'unica azienda europea che non ha bussato alle casse pubbliche per uscire dalla crisi. Lo hanno fatto con i loro governi i francesi e i tedeschi mentre da noi si sono decisi gli incentivi che al 70 per cento hanno favorito l'acquisto di auto straniere, francesi e tedesche". Cosicché la Fiat ha fatto tutto da sé? Niente affatto! Basti dire che dal 1980 ad oggi ha ricevuto aiuti di Stato per complessivi 8 miliardi di euro, più la spesa per gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità, prepensionamenti), che a metà degli anni '80 senza l'intervento delle banche la Fiat sarebbe fallita. Inoltre, se il 70% degli incentivi per la rottamazione delle auto vecchie e l'acquisto di nuove sono andate a case straniere di chi è la colpa?
Le bugie dette da Marchionne in televisione, gli attacchi e le minacce hanno fatto arrabbiare parecchio gli operai della Fiat di Mirafiori che in 600 hanno firmato una lettera indirizzata a Fabio Fazio per essere invitati alla sua trasmissione e replicare. "Pensiamo sia importante - si legge in essa - dare la possibilità a uno di noi di esprimere il nostro punto di vista, che è quello di persone che ogni giorno varcano i cancelli della Fiat per lavorare nelle linee di produzione che vivono quotidianamente la fabbrica dall'interno". Richiesta non accolta e aggirata con l'invito a Susanna Camusso della segreteria nazionale della Cgil. Eppure di cose gli operai ne avevano da dire parecchie. Ad esempio: è difficile fare profitti quando i lavoratori sono in gran parte e per lunghi periodi in cassa integrazione. Non è vero che la Fiat in Italia nel 2010 non ha fatto profitti. E quelli realizzati alla Ferrari, alla Maserati, alla Iveco e alla Sevel cosa sono? A proposito della produttività: perché non dire che quella della Fiat di Cassino è tra le più alte a livello europeo e anche quella di Pomigliano non era da meno prima che iniziasse la cassa integrazione?

Chi è responsabile?
Ancora. Perché non dire che la perdita di mercato delle auto Fiat è colpa dell'incapacità del vertice aziendale, della mancanza dell'innovazione del prodotto, specie nei segmenti medio-alti che portano più valore aggiunto? È un fatto che i costruttori francesi e tedeschi, per rimanere in Europa, hanno in cantiere 20-22 nuovi modelli di auto, praticamente il doppio della Fiat. È vero che il governo Berlusconi non ha una seria politica industriale e nel nostro Paese c'è una carenza di infrastrutture, ma la delocalizzazione non è una "soluzione" accettabile; altre grandi aziende non l'hanno fatto, hanno praticato la strada della competizione sulla qualità e la novità del prodotto. In ogni caso il modello polacco, o serbo, o cinese dei bassi salari, sfruttamento intenso, assenza di libertà sindacali praticato in Italia cento anni fa, non può che essere rifiutato risolutamente. Dove sarebbe qui la modernità tanto decantata?
Se è vero (ma è vero? ormai i dubbi sono tanti) che Marchionne vuol investire nei prossimi anni 20 miliardi di euro e raddoppiare la produzione delle auto in Italia spieghi i dettagli (se ci sono) del fantomatico progetto chiamato "Fabbrica Italia", stabilimento per stabilimento, quanti investimenti, quali produzioni di modelli, quanta occupazione. Trovando, in questo contesto, un futuro produttivo anche per Termini Imerese. E passi, senza ulteriori indugi e senza ulteriori ricatti, sul piano operativo. Sì perché di questo investimento la Fiat non ha ancora speso un euro.
Rasentando il ridicolo, Marchionne da Fazio si è definito un metalmeccanico. Peccato che il suo stipendio sia superiore 450 volte a quello di quello di un vero operaio metalmeccanico. Se vuol essere credibile programmi anche la crescita dei magri salari degli operai Fiat in modo da raggiungere la media europea; sapendo che, allo stato attuale, essi si aggirano sui 23 mila euro annui, mentre in Francia sono a 30 mila, in Svizzera e Austria 35-36 mila, in Germania a 42 mila.

3 novembre 2010