Inserita provocatoriamente dalla Gelmini tra i temi dell'esame di Stato
Un'offesa alla Resistenza la citazione di Mussolini

Non c'è mai fine all'arroganza degli esponenti del governo del neoduce che non fanno che scoperchiare le fogne puzzolenti della sottocultura del ventennio fascista per riproporla alle masse popolari italiane. Non si sono lasciati sfuggire neanche l'occasione degli esami di maturità, durante i quali, per la prima volta dopo la caduta del fascismo storico, è stata proposta agli studenti, nella prova di Italiano, una citazione da un discorso di Mussolini, che riportiamo di seguito.
"Ma poi, o signori, quali farfalle andiamo a cercare sotto l'arco di Tito? Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. (Vivissimi e reiterati applausi - Molte voci: Tutti con voi! Tutti con voi!). Se le frasi più meno storpiate bastano per impiccare un uomo fuori il palo e fuori la corda; se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore goventù italiana, a me la colpa! (Applausi). Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere (Vivissimi e prolungati applausi - Molte voci: Tutti con voi!)". La prova chiedeva di elaborare un saggio breve di ambito storico-politico sul tema "il ruolo dei giovani nella politica. Parlano i leader". Alla riportata citazione, ne venivano affiancate una di Palmiro Togliatti, una di Aldo Moro, una di Giovanni Paolo II.

"Padre della patria"
In questo contesto Mussolini viene implicitamente indicato come uno dei padri della patria e proposto come un maestro insuperabile che parla ai giovani ed è portatore di un'ideologia e una politica giovane. In verità, la citazione di Mussolini non è tratta da un discorso qualsiasi, ma dal famigerato intervento alla Camera dei deputati tenuto il 3 gennaio del 1925. Un testo molto conosciuto dagli storici, in quanto esso dà il via alla dittatura fascista. È utile andare a considerare in quale contesto fu pronunciato tale discorso. Sono passati sei mesi circa dal rapimento e dall'assassinio da parte della polizia fascista, il 10 giugno 1924, del deputato socialista Giacomo Matteotti e poco più di 4 mesi dal ritrovamento, il 16 agosto 1924, del suo cadavere. Mussolini e il PNF (Partito Nazionale Fascista) sono in gravi difficoltà, di fronte all'opinione pubblica che li accusa, giustamente, dell'atroce delitto. Il fascismo rischia di cadere.
Nel passaggio scelto dai gerarchi del ministero della pubblica istruzione, Mussolini si assume la responsabilità politica dell'assassinio di Matteotti, io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto, difende i crimini fascisti e il fascismo in sé, definendoli una passione superba della migliore goventù italiana. Per inciso sia detto che, a questo punto, se le istituzioni della democrazia borghese funzionassero, bisognerebbe che la magistratura andasse a verificare se nell'operazione politica confezionata dalla ministra Gelmini non ci siano gli estremi di apologia del fascismo.
Nelle fasi successive del suo discorso, Mussolini attaccherà in maniera violenta le opposizioni. Affermando la necessità della pacificazione e della "tranquillità" in Italia, il capo del fascismo conclude: "Noi, questa tranquillità, questa calma laboriosa gliela daremo con l'amore, se è possibile, e con la forza, se sarà necessario. State certi che entro quarantott'ore la situazione sarà chiarita su tutta l'area".
Nel giro di poche ore da quel famigerato discorso, infatti, le minacce di Mussolini si concretizzano nell'arresto di centinaia di oppositori al regime fascista, nella chiusura forzata di decine e decine di circoli e associazioni, nella soppressione della residua libertà di stampa. Il discorso del 3 gennaio di Mussolini era il preludio alla seduta del 14 gennaio, nella quale una Camera dei deputati, ormai con le spalle al muro, approvava in blocco e senza discussione migliaia di decreti legge emanati dal governo, con i quali iniziava la dittatura aperta. Qualche mese dopo, vennero le "leggi fascistissime", con le quali la figura del capo del governo diveniva formalmente e sostanzialmente sovraordinata al parlamento, si aboliva la libertà di stampa e il diritto di sciopero, si stabiliva che soltanto i sindacati "legalmente riconosciuti", potevano stipulare contratti collettivi.

Inaccettabile atto di revisionismo storico
L'aver scelto di inserire una citazione di Mussolini tra i testi dell'esame di maturità è un atto di revisionismo storico gravissimo in ogni caso, inaccettabile per il sentimento democratico delle masse popolari italiane, è un'offesa gravissima alla Resistenza italiana. Questa citazione poi, è uno schiaffo in faccia alle migliaia di martiri antifascisti italiani, in quanto in essa Mussolini rivendica il diritto politico al massacro degli oppositori. Ma quanto virulento e pericoloso sia l'attuale regime fascista lo dimostra il fatto che i nuovi gerarchi fascisti hanno un entourage "culturale" con una profonda conoscenza della storia del ventennio e una straordinaria capacità di riproporla in maniera scientifica, adattandola ai passaggi attuali della vita politica italiana. Saltano agli occhi, infatti, le somiglianze tra quel preciso momento storico, dall'assassinio di Matteotti alle leggi fascistissime, e l'attualità di questo ultimo anno del governo del neoduce Berlusconi. Come allora, oggi si discute di dare maggiori poteri al presidente del consiglio, come allora, oggi si impongono leggi per imbavagliare la stampa e la magistratura, come allora, oggi si tenta di spezzare le reni alla classe operaia, si colpisce il diritto allo sciopero, si avanzano pretese di contrattazione collettiva solo con i sindacati allineati (vedi Fiat Pomigliano).
Assolutamente inconsistente la presa di posizione di Francesca Puglisi, responsabile Scuola della segreteria del PD, che senza dire nulla sul valore della scelta politica di quella precisa citazione di Mussolini dichiara: "se l`intento fosse stato quello di unire il Paese nella memoria delle tragedie del 900 e non di dividerlo, questi temi avrebbero dovuto invitare i ragazzi ad una riflessione su tutto il periodo storico". L'UdS invece centra meglio il problema, dichiarando che la scelta del testo di Mussolini è "l'ennesima prova del tentativo revisionistico sulla storia del Paese da parte del Governo: tentativo di cancellare la Resistenza dai programmi scolastici, di parificare la Repubblica di Salò con i partigiani, di trasformare il 25 Aprile in Festa della Libertà".
In tutta questa torbida operazione, però si può essere contenti del fatto che almeno il tentativo di indottrinamento delle masse studentesche italiane sia fallito in pieno. Dei 500.694 studenti di 25.244 quinte classi, appena il 4,9% ha scelto la traccia con il testo fascista. Rimane, comunque, tutta la gravità dell'azione politico-culturale attuata dalla gerarca di viale Trastevere.

7 luglio 2010