Tutti uniti i paesi imperialisti
LA RISOLUZIONE DELL'ONU E' UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA ALL'IRAQ
Bush: "O Saddam cederà le armi o gli Stati Uniti guideranno una coalizione per disarmarlo"
IL PARLAMENTO IRACHENO RESPINGE LA RISOLUZIONE LA DECISIONE FINALE LA PRENDERA' SADDAM

I due mesi di pressing politico e diplomatico dell'imperialismo americano, sostenuto da quello inglese, per portare l'Onu a varare una risoluzione capestro contro l'Iraq e ottenere l'avallo "legale" per l'aggressione al paese mediorientale si è concluso l'8 novembre con l'approvazione all'unanimità da parte dei 15 membri del Consiglio di sicurezza della risoluzione numero 1441. Una risoluzione che non dà espressamente il via libera all'intervento militare dell'imperialismo contro Baghdad, come inizialmente voluto dagli Usa, ma che comunque rappresenta una dichiarazione di guerra all'Iraq.
Il testo della risoluzione preparato da Washington e Londra richiama minuziosamente tutte le precedenti risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza per affermare al terzo capoverso che l'Iraq non le ha rispettate, la prima condanna è già emessa. Dopo aver affermato, senza esibire prove, che la proliferazione di armi di distruzione di massa e di missili a lunga gittata in Iraq rappresenta una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale il documento richiama in particolare le due risoluzioni del 1990, le numero 678 e 660, che dettero il via libera all'aggressione imperialista del gennaio 1991 appunto "per ripristinare la pace e la sicurezza internazionale nell'area". Richiama la numero 687 del 1991, quella che impose all'Iraq una pace ingiusta e l'embargo tuttora in vigore, per dire che Baghdad non l'ha pienamente rispettata a partire dalla cacciata degli ispettori Onu nel 1998, neanche considerando la denuncia di Baghdad sul ruolo di spie degli Usa e di provocatori di una parte degli ispettori della Commissione Unscom e dell'Iaea. Invece sottolinea che il "cessate il fuoco" era basato sul rispetto da parte dell'Iraq di quella risoluzione.
Date queste premesse il primo dei quattrodici punti sulle decisioni operative della risoluzione afferma che il Consiglio di sicurezza "decide che l'Iraq è stato e rimane in violazione sostanziale dei suoi obblighi". Come dire che il cessate il fuoco del 1991 è decaduto.
L'Onu comunque offrirebbe all'Iraq "una ultima opportunità" di adempiere "ai suoi obblighi" e ne elenca le condizioni nei successivi punti. Baghdad ha 7 giorni di tempo per accettare la risoluzione (punto 9), 30 giorni per fornire un dettagliatissimo elenco di tutti gli aspetti dei suoi programmi di sviluppo di armi di distruzione di massa (punto 3), 45 giorni di tempo per far riprendere il lavoro dell'Unmovic, la nuova commissione di ispettori, da cui si aspetta una prima relazione 60 giorni dopo (punto 5). Il nuovo mandato agli ispettori è tale che questi, sotto scorta armata dell'Onu, possono fare qualsiasi cosa dentro e fuori l'Iraq, nel dispregio della sovranità nazionale. Se gli ispettori riterranno di avere anche il minimo ostacolo al loro lavoro o se troveranno nell'elenco presentato da Baghdad dichiarazioni false o omissioni riferiranno al Consiglio di sicurezza che si riunirà immediatamente per "prendere in considerazione la situazione e la necessità di una piena adempienza verso tutte le risoluzioni pertinenti" al fine, naturalmente, di "garantire la pace e la sicurezza internazionale". La risoluzione si chiude ricordando all'Iraq le "gravi conseguenze" che affronterà per effetto delle "continue violazioni dei suoi obblighi". Il conto alla rovescia per l'aggressione imperialista all'Iraq è partito.
Francia, Russia e Cina, che si erano opposte a un testo di risoluzione contenente il diretto mandato all'intervento militare, hanno emesso un documento comune per precisare che la risoluzione 1441 "esclude qualsiasi automaticità nell'uso della forza" poiché in caso di inadempienza di Baghdad "spetterà al Consiglio di sicurezza assumere una decisione sulla base del rapporto degli ispettori". In base al compromesso raggiunto con gli Usa, secondo i tre paesi, l'Onu manterrebbe un suo ruolo e non sarebbe scavalcato dall'azione unilaterale guidata da Bush.
La risoluzione è stata appoggiata anche dalla Lega Araba e da altri paesi della regione tra i quali Israele, Turchia e Iran. Per i palestinesi del Fronte popolare di liberazione (Fplp) invece la risoluzione "spiana la strada all'aggressione militare contro l'Iraq".
Infatti la risoluzione non precisa che ci vuole l'autorizzazione specifica del Consiglio di sicurezza per un attacco militare in caso di violazioni da parte di Baghdad; il nuovo Hitler della Casa Bianca è libero di lanciare la guerra lampo contro l'Iraq prima ancora che l'organismo delle Nazioni Unite si riunisca per certificare le violazioni. Ed è proprio questo il senso dei primi commenti di Bush.
"Se Saddam Hussein non si disarmerà volontariamente, ci penseranno gli Stati Uniti e altre nazioni a farlo", ha affermato il presidente americano subito dopo l'approvazione della risoluzione, poiché "il mondo non deve perdersi in dibattiti improduttivi sul fatto che una specifica violazione sia o no grave". "La conclusione di questa crisi è già stata determinata", ha proseguito Bush, "ci sarà la completa distruzione delle armi di distruzione di massa. L'unica cosa che l'Iraq deve decidere è come. Gli Stati Uniti preferiscono che l'Iraq rispetti i suoi obblighi volontariamente, ma siamo preparati all'alternativa."
La stessa mattina gli aerei americani e inglesi avevano attaccato una postazione irachena nel sud del paese, nella zona di non volo imposta da Usa e Gran bretagna e che l'Onu non ha mai riconosciuto; è stato il 55• raid aereo imperialista del 2002. Il 10 novembre sul giornale americano New York Times usciva l'annuncio che i piani di guerra degli Usa sono già stati approvati da Bush da diverse settimane e il dispiegamento di forze Usa nella zone del Golfo Persico è in via di completamento. La "guerra preventiva" di Bush è già cominciata.
Il ministro degli esteri iracheno, Naji Sabri, a nome del suo governo definiva la risoluzione "sbagliata e ingiusta", e annunciava una risposta ufficiale entro il tempo stabilito. La parola passava al parlamento di Baghdad che il 12 novembre respingeva la risoluzione; i lavori erano stati aperti il giorno precedente dal presidente dell'assemblea che aveva definito la risoluzione "provocatoria, ingannevole", "un pretesto per la guerra" e che "viola il diritto internazionale e la sovranità di questo paese e dimostra quanto malevole siano le intenzioni dell'amministrazione Usa". Il Parlamento trasmetteva le proprie raccomandazioni al Consiglio del comando della rivoluzione, il massimo organo decisionale del paese, presieduto da Saddam cui spetterà la decisione finale.