Parisi: truppe speciali in Afghanistan
Le truppe italiane aprono una struttura integrata con chi combatte nel sud
Disatteso l'impegno del governo Prodi

L'8 settembre nei pressi della città di Farah, nella parte meridionale della provincia di Herat, un ordigno collocato sul ciglio della strada è esploso al passaggio di una colonna di mezzi del contingente italiano; quattro soldati restano feriti, sono componenti del Comsubin il reparto speciale della Marina. Lo stesso giorno in un attacco suicida contro una colonna di mezzi della missione Nato dell'Isaf presso l'ambasciata americana di Kabul ci sono 16 morti, fra i quali due soldati Usa, e 29 feriti.
Dal 31 luglio è in corso una massiccia offensiva delle truppe di occupazione imperialiste nel sud del paese, nella regione di Kandahar, con l'obiettivo di debellare la resistenza afghana; gli attacchi a Kabul e a Farah dimostrano al contrario che gli attacchi della resistenza si allargano in altre parti del paese, fin dentro la presidiatissima capitale. Una ulteriore conferma è venuta a metà settembre quando dopo giorni di assedio le forze della resistenza hanno occupato il quartier generale delle forze del governo fantoccio a Farah.
Dalla situazione nella regione emerge quindi che il contingente italiano, lungi dallo svolgere il semplice ruolo ufficiale di protezione dei Centri di ricostruzione provinciale (Prt) della provincia di Herat, è a un passo dal pieno coinvolgimento nella guerra di occupazione. E con in prima linea i reparti speciali inviati da Parisi nel mese di luglio, mettendo in pratica la disponibilità a inviare corpi speciali presa in sede Nato oltre un anno fa dal suo predecessore Antonio Martino.
Nel corso della discussione parlamentare sul rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan il governo Prodi aveva ribadito che i compiti ufficiali e le regole di ingaggio dei quasi 2 mila soldati italiani non sarebbero cambiate. Non è così. Lo conferma la stessa Nato, che dal 2003 si è assunta il comando della missione Onu denominata Isaf e solo successivamente a fatto compiuto ha ottenuto il consenso del Consiglio di sicurezza, in un comunicato del 6 agosto nel quale annunciava che la Brigata multinazionale di Kabul aveva cambiato la propria denominazione in Comando regionale della capitale. Un cambio di nome che registrava il cambio di missione delle truppe a Kabul, da difesa della capitale a parte di una struttura militare a difesa dell'occupazione che copre buona parte del paese.
Per lanciare l'offensiva nel sud del paese la Nato aveva chiesto un rafforzamento dei contingenti presenti per supportare le truppe americane; alle operazioni partecipano 3.300 soldati inglesi, 2.300 canadesi e 1.400 olandesi. Il contingente italiano, secondo i comunicati della Difesa, era di 1.350 nello scorso luglio e passerà a 1.938. Col compito, ha confermato Parisi, di "mantenere un ambiente sicuro a Kabul e più in generale in tutto l'Afghanistan".
Come chiarito dal generale Castagnetti, responsabile del Comando operativo interforze, il comando Isaf può richiedere l'intervento dei nostri soldati anche al di fuori della zona di assegnazione e in particolare nella regione sud, in prima linea. Lo spostamento delle truppe italiane sarebbe subordinato al consenso, entro 72 ore dalla richiesta, da parte del ministero della Difesa. Castagnetti precisava che "quando si tratta di salvare la vita a soldati della coalizione o afghani, se ci chiederanno di andare a sud dovremo andare".
Appare così ipocrita la dichiarazione di Parisi del 5 settembre quando ha sostenuto che "abbiamo rafforzato la nostra capacità operativa a Kabul e Herat con la presenza di truppe speciali. Elementi che sono comunque a supporto di un'azione complessiva che resta definita nei limiti entro i quali operava in precedenza il contingente italiano". Non è vero e il meccanismo del preavviso di 72 ore per un intervento delle truppe italiane è solo una misera farsa.

20 settembre 2006