IL PARLAMENTO NERO DA' LA FIDUCIA AL GOVERNO DEL NEODUCE BERLUSCONI
L'Ulivo e Rifondazione sonati e disorientati farfugliano e non hanno il coraggio di denunciare la natura fascista del nuovo governo
Il 20 giugno al Senato e il giorno successivo alla Camera il governo del neoduce Berlusconi ha ottenuto senza difficoltà e a larghissima maggioranza la scontata fiducia del parlamento nero. Al Senato i voti a favore sono stati 175, contro 133 contrari e 5 astensioni, tra cui quelle dei senatori a vita Andreotti e Cossiga. Il senatore a vita Agnelli ha invece votato a favore, coerentemente con la scelta a favore di Berlusconi già espressa durante la campagna elettorale. Alla Camera il governo è passato altrettanto ampiamente, con 351 sì, 261 no e un astenuto.
Berlusconi si era presentato all'aula di Palazzo Madama il 18 giugno con un discorso programmatico abile nella forma ma duro e senza concessioni nella sostanza. L'apparente "moderazione" di Berlusconi si è dimostrata una tattica vincente, visto che ha spiazzato completamente l'"opposizione" che ha solo saputo farfugliare, senza denunciare la sostanza fascista del suo programma.
Eppure non c'è bisogno di soppesarlo col bilancino, per cogliere nel discorso programmatico del neoduce le linee evidenti del suo disegno liberista, neofascista, presidenzialista e federalista, che porta a compimento la nuova marcia su Roma della destra borghese.
Sul piano internazionale ha riconfermato la politica di adesione all'imperialismo europeo già avviata dai governi di "centro sinistra", ma ha anche proclamato il rafforzamento della "speciale" amicizia con gli Usa, ha esaltato senza riserve la globalizzazione imperialista e la politica di sopraffazione mondiale dei G8, minacciando la più dura repressione contro chi intenderà contestarli a Genova.

FEDERALISMO E PRESIDENZIALISMO
Sul piano istituzionale ha annunciato la "riforma federalista dello Stato", da rifare "più e meglio" di quella già avviata dai governi dell'Ulivo, basata sulla devoluzione e sul principio di sussidiarietà; federalismo a cui dovrà corrispondere una parallela "riforma" presidenzialista dello Stato. In campo economico ha annunciato la riduzione della pressione fiscale sugli alti redditi e alle imprese, più tutta una serie di incentivi al padronato per aumentare la "flessibilità", il "merito" e la "competitività" del sistema capitalista. Inoltre ha ribadito di voler procedere come un rullo compressore nel programma di "grandi opere", cioè nella nuova colata di cemento che assesterà un colpo mortale al già disastrato ambiente italiano, e che ingenti investimenti saranno fatti anche nel settore della difesa, ammodernando e potenziando gli arsenali e la preparazione dell'esercito mercenario interventista.
Nel suo mirino c'è poi la magistratura, che si dovrà aspettare misure di "riforma" dei principi di autonomia e di obbligatorietà dell'azione penale, e ci sono anche scuola e sanità, che saranno soggette pesantemente alla devoluzione federalista (ogni regione farà la sua scuola e la sua sanità) e alla sussidiarietà (lo Stato interviene solo dove non ce la fanno Regioni, Province e Comuni, e questi a loro volta solo dove non arrivano i privati). La stessa logica privatistica e liberista vale per la famiglia, che sarà oggetto di una politica familista ancor più accentuata di quella già avviata dall'Ulivo, sul modello mussoliniano.
Quanto al conflitto di interessi il neoduce lo ha liquidato in maniera sprezzante dicendo in pratica che poiché gli italiani lo hanno votato lo stesso pur conoscendo il problema egli potrebbe anche mussolinianamente fregarsene, ma che da quel gran magnanimo che è presenterà un progetto di legge per "risolverlo" prima della chiusura estiva dei lavori parlamentari.
Questa la sostanza dell'intervento programmatico di Berlusconi, per la cui analisi più dettagliata rimandiamo all'articolo dedicato, ma che per quanto detto avrebbe dovuto fornire all'"opposizione" più che sufficiente materia per denunciare e attaccare frontalmente il governo e il suo presidente del Consiglio. Invece sia L'Ulivo che Rifondazione, evidentemente ancora sonati e disorientati dalla bruciante batosta elettorale, hanno solo saputo farfugliare, senza avere il coraggio di denunciare la natura fascista del nuovo esecutivo.

"OPPOSIZIONE AMMUTOLITA"
Al Senato l'"opposizione" è apparsa addirittura ammutolita, se si eccettua il vergognoso applauso con cui si è unita alla destra quando Berlusconi, parlando del rafforzamento dell'esercito interventista, ha ricordato "i nostri ragazzi in missione nel mondo". Amato, che avrebbe potuto parlare a nome della ex maggioranza, ha preferito tacere con la strana motivazione che non gli piacciono "i predecessori che aprono subito bocca sui successori", e limitandosi a dire che Berlusconi è andato "bene su Europa e federalismo, meno bene su scuola e sanità". Rutelli, che aveva seguito la discussione dall'esterno dell'aula, si è detto "deluso" del discorso di Berlusconi. Il leader dell'Ulivo, dopo aver addirittura apprezzato la "moderazione" del neoduce, si è limitato a definire il suo "non un discorso, ma una sequela di pensierini". Il capogruppo dei DS, Angius, ha concentrato tutto l'attacco a Berlusconi nel concetto che la sua "moderazione" sarebbe dettata dall'intenzione di mettere le mani avanti "per la paura di fallire". Il giudizio del cacasotto trotzkista Bertinotti sul programma di Berlusconi, poi, si commenta da solo: "paternalismo neoautoritario malcelato sotto abiti eleganti".
Alla Camera c'è stato qualche balbettamento in più dell'"opposi-zione", ma tutt'altro che "di sinistra" e tale da turbare la festa al neoduce. Rutelli è intervenuto con toni ironici sulle intenzioni di Berlusconi di risolvere personalmente il conflitto di interessi, per poi concludere con questo pietoso calabrache: "faremo un'opposizione costituzionale, fiera, forte. E ci auguriamo che un lavoro condiviso tra maggioranza e opposizione possa svolgersi in primo luogo sulla politica estera e europea. Non imiteremo comportamenti che abbiamo combattuto nella passata legislatura, quando si sarebbe preferito da parte delle opposizioni assistere al fallimento dell'Italia nell'entrata nella moneta unica".
Anche il suo vice, Fassino, ha fatto un intervento che deve essere suonato poco meno che musica alle orecchie di Berlusconi: "Fra noi e voi, fra il centrodestra e il centrosinistra - ha detto il pretendente alla segreteria della Quercia - la sfida sarà sulla modernizzazione. Come si governa la modernità, come si governa la globalizzazione: sarà questa la cifra anche della nostra opposizione". Un intervento, cioè, tutto spostato sul terreno del capitalismo e del neoduce, in piena sintonia col rinnegato D'Alema, che nel suo intervento aveva a sua volta riconosciuto "la grande forza di Berlusconi, l'approccio positivo del suo governo al Paese, la senzazione di stabilità che riesce a dare". Il "massimo" della denuncia di Berlusconi è stato raggiunto dal falso comunista Diliberto per il PdCI, che ha definito il suo governo neofascista nientemeno che "un governo di destra"!
E così, dopo averlo prima largamente sottovalutato, averlo poi accreditato e legittimato cercando accordi con lui per "riformare" la Costituzione e rafforzare la seconda Repubblica, e avergli infine tirato la volata facendo una politica di destra come la sua, solo un po' addolcita, gli imbelli e incapaci partiti del "centro-sinistra" si sono completamente disintegrati di fronte alla marcia trionfale di Berlusconi al governo del Paese.
Mai come ora la "sinistra" del regime neofascista era apparsa così ammutolita e senza una strategia da opporre alla destra che non sia lo sfidarla ridicolmente sul suo terreno naturale, quello su cui oggi è nettamente più forte.