Un aiuto ai piani aggressivi di Bush contro l'Iraq
IL PARLAMENTO NERO AUTORIZZA L'INVIO DI MILLE ALPINI IN AFGHANISTAN
L'Ulivo in frantumi. I DS votano in ordine sparso. L'imperialismo italiano è impegnato in 26 missioni all'estero, di cui 17 decise dal "centro-sinistra''
IL CONTINGENTE ITALIANO SARA' IMPIEGATO IN OPERAZIONI DI COMBATTIMENTO SOTTO IL COMANDO USA

Il 3 ottobre, con due distinte votazioni alla Camera e al Senato, il parlamento nero ha approvato ad ampia maggioranza l'invio in Afghanistan di un contingente di mille alpini da dislocare, sotto il comando Usa e nell'ambito dell'operazione "Enduring freedom'', in zona di guerra per la caccia ai superstiti di Al Qaeda. Il contingente italiano era stato richiesto già da alcuni mesi dal comando Usa per sostituire reparti di marines britannici da destinare al Golfo Persico, dove fervono i preparativi per l'aggressione imperialista all'Iraq. A nome del governo Berlusconi, schierato incondizionatamente con Bush e Blair, il ministro della Difesa Martino aveva già dato il suo pronto ed ossequioso consenso alla richiesta americana, ma il governo ha voluto lo stesso sottoporre la questione al parere del parlamento nero, sia per avere la massima copertura politica e istituzionale a questa vera e propria escalation dell'intervento italiano in Afghanistan, sia per mettere la coalizione dell'Ulivo con le spalle al muro ed evidenziare le spaccature al suo interno, come infatti è successo.
Attualmente in Afghanistan sono presenti 285 soldati italiani inquadrati nell'operazione "Enduring freedom'', prevalentemente personale del genio, e altri 490 inquadrati nel contingente internazionale ISAF dell'Onu a Kabul, con compiti di "protezione'' del governo fantoccio di Karzai e degli "aiuti umanitari''. I mille alpini che partirebbero a marzo del prossimo anno - tra cui reparti specializzati della brigata Taurinense, del reggimento paracadutisti Monte Cervino e del 9° reggimento dell'Aquila, affiancati da incursori del Col. Moschin e della Folgore e da carabinieri del Tuscania - secondo quanto riferito dallo stesso Martino andrebbero a rinforzare il contingente inquadrato in "Enduring freedom'', e sarebbero dislocati al confine orientale "per attività di interdizione d'area in modo da evitare che si infiltrino nel territorio afghano elementi terroristici provenienti dal Pakistan''.
Si tratta quindi in tutta evidenza di una missione marcatamente di guerra, neanche camuffata stavolta da "intervento umanitario'': un aiuto diretto dell'Italia ai piani aggressivi di Bush contro Baghdad, anche se Martino ha avuto l'ipocrisia di negare qualsiasi rapporto con la guerra all'Iraq che gli Usa stanno per scatenare. Ipocrisia che è stata rilevata perfino da un interventista e atlantista incallito come il capo dei gladiatori Cossiga, che a causa di essa ha votato contro l'invio delle truppe in polemica col "governo di bugiardi'', pur dichiarandosi sostenitore di un attacco preventivo all'Iraq, e anche perché a suo dire gli alpini "non sono preparati a una guerra non convenzionale''.

LA DISGREGAZIONE DELL'ULIVO
Martino ha chiesto al "centro-sinistra'' di rinnovare anche stavolta lo "spirito bipartisan'' di cui dette prova un anno fa approvando l'intervento in Afghanistan a fianco degli Usa. Ma stavolta la retorica dell'11 settembre e della "lotta al terrorismo internazionale'' non è bastata per compattare le diverse anime dell'Ulivo dietro il tricolore e la bandiera a stelle e strisce. Troppo sfacciato e diretto il rapporto tra questa nuova operazione militare e la dottrina imperialista di Bush della "guerra preventiva'', di cui appare palesemente al servizio, perché i DS potessero allinearsi compattamente e servilmente al governo come l'anno scorso senza pensare di dover poi pagare un alto prezzo nei confronti della loro base, specie dopo i "girotondi'' di quest'anno e soprattutto dopo la grande manifestazione di Roma del 14 settembre.
è così che di fronte a questa scelta, nonostante il rinvio di un giorno della discussione parlamentare chiesto per trovare un accordo su una posizione unica e le frenetiche riunioni tra le varie componenti, l'Ulivo è andato in frantumi e si è presentato in aula con quattro mozioni separate: una dell'UDEUR di Mastella, più interventista, se possibile, di quella del governo, tant'è che è risultata la più votata; una della Margherita-SDI, favorevole all'invio degli alpini nell'ambito di "Enduring freedom''; una di Verdi-PdCI, contraria all'invio, e una dei DS - frutto di un laborioso e precario compromesso tra la segreteria e il "correntone'' che raccoglie le varie anime della "sinistra'' della Quercia - favorevole all'invio ma solo nell'ambito della missione ISAF dell'Onu. Anche Rifondazione ha presentato una propria mozione, contraria all'invio degli alpini sotto qualunque veste.
La discussione in aula e il voto sulle sei mozioni, votate per parti separate, ha messo ancor più in rilievo le drammatiche spaccature che dilaniano l'Ulivo e che a questo punto rischiano seriamente di segnarne la fine.
Francesco Rutelli ha dovuto premettere di parlare non come leader della coalizione ma solo a nome della Margherita, e il suo intervento apertamente a favore della decisione del governo è stato accolto dal gelo e dall'ostilità di Verdi, PdCI e della maggioranza dei DS. Deputati e senatori DS, a loro volta, hanno votato in ordine sparso: dieci deputati e tre senatori della destra della Quercia non hanno votato la risoluzione DS, e alcuni di essi (tra cui Debenedetti, Petruccioli, Turci e l'ex sottosegretario agli Esteri del governo D'Alema, Ranieri) si sono astenuti sulla mozione della maggioranza e hanno votato sì all'invio degli alpini appoggiando la mozione della Margherita. Il "correntone'' ha votato anche per la risoluzione di Verdi e PdCI, mentre altri della "sinistra'', come Fulvia Bandoli e Katia Zanotti si sono astenuti sulla mozione diessina, oppure, come Gloria Buffo, hanno abbandonato l'aula per non votarla.

I RIMPIANTI DEI RINNEGATI DS
In poche parole è stata una vera e propria Caporetto, quella dell'Ulivo in parlamento, tanto che il giorno dopo Fassino, confessando in un'intervista a "la Repubblica'' di essersi dovuto piegare ad annacquare la linea interventista della Quercia "per tenere unito il partito'', è così sbottato all'indirizzo degli oppositori del "correntone'' ai quali promette una resa dei conti: "Non scivolo nel pacifismo unilaterale, so che l'uso della forza fa parte della politica. Abbiamo 9.000 militari italiani in giro per il mondo.E chi ce li ha mandati? Noi, i governi del centrosinistra. Con me segretario la linea alla Gino Strada non si fa, è chiaro? Oggi sono più forte di quanto non fossi a Pesaro. Ribadirò il profilo riformista della mia politica, quella strada non deve essere appannata. E per quanto mi riguarda non sono interessato all'unanimità. Al riformismo non ci rinuncio e non ci rinuncerò per niente al mondo''.
Proclami apocalittici anche dal capofila dei rinnegati, D'Alema, che il giorno dopo il voto, anche lui in un'intervista a "la Repubblica'', confessando di essersi "sentito a disagio'' per non aver potuto appoggiare pienamente l'invio degli alpini in Afghanistan, ha dato "48 ore di tempo'' ai partiti della coalizione per rilanciare l'Ulivo, pena la sua fine.
In realtà la crisi dell'Ulivo è stata solo evidenziata dal voto sull'escalation dell'intervento in Afghanistan, perché è la stessa che si trascina da mesi in conseguenza del crescente scollamento con la sua base di massa che non gli lascia più molto spazio per le sporche manovre "bipartisan'' di connivenza con il governo guerrafondaio di Berlusconi e di fiancheggiamento dell'imperialismo Usa, come avvenne un anno fa con il voto plebiscitario del parlamento nero sull'operazione "Enduring freedom''. Fosse stato per la volontà della direzione della Quercia non ci sarebbe stato neanche bisogno di quella foglia di fico della distinzione tra "Enduring freedom'' e la missione ISAF dell'Onu - distinzione del tutto cavillosa - per approvare comunque l'invio degli alpini in Afghanistan. Non per nulla il rinnegato Violante ha concluso il suo intervento alla Camera sottolineando che "si può essere contro la decisione del governo e si può essere con i militari italiani che vanno lì'', ed ha addirittura augurato che "quella missione, se si farà, sia una missione in cui si riporti successo, nella quale non ci siano vittime (sic!) e che valga a ristabilire la pace in quel paese e a consolidare la democrazia, perché - lo ripeto - siamo contro le decisioni che il governo propone di assumere ma siamo con quei giovani italiani che vanno lì per rispettare un impegno internazionale''.
Del resto è stato ricordato in aula (dal fascista Ignazio La Russa, ma anche dal popolare Lapo Pistelli) che delle 26 missioni militari all'estero in cui è impegnata l'Italia solo 9 sono state decise prima del 1996, e ben 17 sono state deliberate tra il 1996 e il 2001, cioè dai governi di "centro-sinistra'', per un totale di 6.821 uomini, e che i 1.075 soldati inviati dal "centro-destra'' lo sono stati con il concorso "bipartisan'' dell'Ulivo. Non c'è dunque nessun "ripensamento'' dei rinnegati DS rispetto al voto di un anno fa, ma solo un ipocrita aggiustamento tattico per causa di forza maggiore, come dimostra anche la loro partecipazione all'applauso corale dell'aula ai soldati italiani in missione all'estero sollecitato dal presidente della Camera nera, Casini.

9 ottobre 2002