Le scandalose pensioni d'oro che Monti non osa toccare

Il governo Monti predica bene per le consorterie parlamentari che lo appoggiano, ma di certo (come si dimostrerà) razzola male, molto male.
Infatti, dopo avere usato il pugno di ferro per abbattere la spesa pubblica e soprattutto - ecco il punto cruciale - dopo aver attuato la "riforma" della previdenza che tanti sacrifici ha imposto, impone ed imporrà in futuro ai lavoratori che raggiungeranno più tardi la pensione, quello stesso governo Monti non ne vuole sapere di tagliare drasticamente le pensioni d'oro come chiesto a gran voce ormai da vasti settori di opinione pubblica.
Il motivo è molto semplice: il governo attuale pullula di pensionati d'oro o di aspiranti a pensioni d'oro.
Partiamo dal ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri che dal 2009 è titolare di una pensione di 6.688,70 euro netti al mese per la lunga carriera prefettizia con l'ingresso al ministero degli Interni nel 1972 e proseguiamo con il ministro della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola, che percepisce 314.522,64 euro di pensione lorda annuale, pari a circa ventimila euro netti mensili, senza dimenticare il sottosegretario allo Sviluppo economico Massimo Vari che percepisce 10.253,17 euro netti al mese, frutto di una lunga attività di magistrato fino a ricoprire la carica di vicepresidente emerito della Corte costituzionale. Vari peraltro è in attesa di un'altra cospicua pensione maturata negli anni trascorsi alla Corte dei conti europea.
Il ministro della Cooperazione Andrea Riccardi è il più "povero" del governo in quanto percepisce 81.154 euro lordi all'anno - oltre 4.000 euro netti al mese - come ex docente universitario ed è in ottima compagnia con il sottosegretario all'Economia Gianfranco Polillo che è titolare di una pensione di 9.541,13 euro netti al mese percepita dall'ottobre del 2006 dopo oltre 40 anni da funzionario della Camera, ed anche Enrico Bondi, commissario alla Revisione della Spesa (la famigerata Spending Review) su incarico del governo Monti, gode di una pensione di 5.827,07 euro netti mensili che percepisce dal 1993, da quando aveva 59 anni.
Ci sono poi coloro che ancora non sono pensionati d'oro per il semplice motivo che ancora non sono andati in pensione, come lo stesso Monti che nel 2011 ha dichiarato oltre un milione di euro annuo di redditi lordi, come il ministro del Lavoro Elsa Fornero per la sua lunga carriera baronale universitaria a cui aggiunge incarichi prestigiosi, reddito dichiarato di 402.000 euro lordi annui, o come il ministro della Giustizia Paola Severino con oltre 7 milioni di euro lordi. Si aggiungono il ministro dello Sviluppo, l'ex banchiere Corrado Passera, con redditi annui nel 2010 di oltre 3,5 milioni, e il ministro del Turismo Piero Gnudi che ha percepito nello stesso anno 1,7 milioni di euro: li attende prima o poi una pensione d'oro.
Completano la compagine governativa il ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi con 504.000 euro di reddito lordo dichiarato nel 2011, il ministro delle Politiche agricole Mario Catania con 213.700 euro, il ministro degli Esteri Giulio Terzi con 338.000 euro, il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo con 227.000 euro, il ministro per i Rapporti con il parlamento Pietro Giarda con 262.000 euro, il ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca con oltre 160.000 euro ed infine il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Antonio Catricalà con 740.000 euro: nessuno di questi è andato ancora in pensione, che comunque si prospetta ricchissima.
Le pensioni pubbliche di cui godono attualmente parecchi membri del governo del resto rispecchiano una vasta area di privilegio pensionistico presente nella dirigenza del pubblico impiego dove la media varia dai 40.000 euro annui delle forze armate ai 47.000 dei docenti universitari ai 64.000 dei medici delle Asl fino ai 134.000 euro annui dei magistrati; allora si comprende benissimo che porre un tetto alle scandalose pensioni d'oro significherebbe non solo danneggiare gli interessi degli stessi appartenenti alla compagine governativa ma anche scontentare una vasta area di borghesia medio alta di ex dirigenti o di coloro che, attualmente dirigenti, si accingono ad andare in pensione.
Eppure le proiezioni dei Cobas dell'istituto pensionistico dei dipendenti pubblici Inpdap stimano in almeno 2 miliardi e 300 milioni i risparmi annui ottenibili con un tetto pensionistico di 5.000 euro al mese, risparmi che potrebbero arrivare a 15 miliardi nel settore privato dove vige una sperequazione in campo pensionistico di gran lunga più elevata tra dirigenti e dipendenti rispetto al settore pubblico.
Una cosa è certa: tutti i membri di questo governo sono in palese conflitto di interessi nell'attuazione di una seria riforma dello scandaloso sistema che attualmente garantisce agli alti dirigenti pubblici una pensione pari in media a cinque volte lo stipendio di un normale dipendente e ai dirigenti privati di conseguirne una che è pari in moltissimi casi a decine di volte lo stipendio di un semplice operaio.

11 luglio 2012