30° Anniversario della grande
rivolta operaia che sconvolse il sistema capitalistico italiano
PER UN
NUOVO "AUTUNNO CALDO"
L'``autunno caldo'' operaio del '69, di cui ricorre quest'anno il 30
Anniversario, fu il prolungamento naturale della Grande Rivolta studentesca e giovanile
del Sessantotto. Questi due movimenti vanno considerati un tutt'uno, e costituiscono
insieme il più grande avvenimento della storia della lotta di classe del dopoguerra in
Italia.
Un avvenimento che fece tremare dalle fondamenta il sistema capitalistico e il dominio
della borghesia, facendo provare a quest'ultima un tale terrore di una possibile
rivoluzione socialista, da spingerla a ricorrere per stroncarla sul nascere alla
sanguinaria ``strategia della tensione'' golpista, inaugurata dalla strage alla Banca
dell'Agricoltura di Milano del 12 dicembre 1969.
Al contrario degli studenti, che avevano rotto con i partiti riformisti e revisionisti e
nelle loro lotte ponevano apertamente all'ordine del giorno la rivoluzione e il
socialismo, la classe operaia era ancora egemonizzata dal PCI revisionista e dai dirigenti
riformisti sindacali e credeva nella via parlamentare e pacifica al governo; tuttavia il
suo irrompere spontaneo e dirompente sulla scena della grande stagione di lotte aperta dal
movimento studentesco, mettendo in movimento milioni di lavoratori e di masse popolari in
tutto il Paese, rialzò ed estese ugualmente il livello dello scontro di classe e creò di
fatto una situazione preinsurrezionale.
Anche se fortemente condizionata dal riformismo e dal revisionismo e non poneva
immediatamente la questione del potere politico, con l'``autunno caldo'' la classe operaia
prese però coscienza di tutta la sua immensa forza e del suo ruolo di classe generale,
potenzialmente capace di rovesciare il sistema capitalista e instaurare una nuova società
senza più sfruttamento dell'uomo sull'uomo. In altri termini da classe in sé, che
lottava per reagire allo sfruttamento e conquistare migliori condizioni di vita e di
lavoro, ma senza mettere in discussione il potere della classe dominante borghese,
cominciava a prendere coscienza di classe per sé, che esercitava oggettivamente il suo
ruolo storico di classe autonoma e antagonista alla borghesia, in grado di scalzarla dal
potere ed emancipare l'intera società.
COSA FU L'``AUTUNNO CALDO''
La grandiosità delle lotte che dal Nord al Sud, dagli operai ai braccianti, dai
lavoratori del pubblico impiego ai contadini, scossero l'intero Paese è testimoniata
dalle quasi 38 milioni di giornate di sciopero che si registrarono nel '69, record tuttora
insuperato dal '53 ad oggi. Un po' tutte le fabbriche, grandi, medie e piccole erano scese
in lotta. Il nucleo principale dell'incendio di classe era costituito dalle grandi
fabbriche del Nord industriale, in particolare Fiat, Pirelli, Alfa Romeo, Om, Falck,
Breda, Innocenti, Magneti Marelli, Autobianchi, Sit-Siemens, Borletti, Ceat, Michelin,
Farmitalia, Lancia, Philips, Zanussi. Ma anche Petrolchimici di Porto Marghera e Porto
Torres, Marzotto di Valdagno, Ducati di Bologna, Nuovo Pignone e Galileo di Firenze,
Piaggio e Saint Gobain di Pisa, Italsider di Bagnoli e di Taranto, Fatme di Roma, Olivetti
di Ivrea e Napoli, Rumianca di Cagliari, e tantissime altre che non menzioniamo solo per
ragioni di spazio.
Memorabili furono le grandi lotte operaie della Fiat di Torino, cominciate a Mirafiori nel
maggio '69, e culminate con la battaglia del 3 luglio a Corso Traiano. Decine di grandiose
manifestazioni di milioni di metallurgici, come quella di 150 mila metalmeccanici del 28
novembre a Roma, ma anche di chimici, edili, braccianti, oltre a migliaia di cortei,
occupazioni di fabbriche e cantieri, scontri di piazza con la polizia, si susseguirono
ininterrottamente per tutto quell'autunno del '69. Non furono solo lotte per i rinnovi
contrattuali, per forti aumenti salariali e per la riduzione dell'orario di lavoro a 40
ore settimanali, ma anche su temi di grande portata sociale come le lotte contro le
``gabbie salariali'' che penalizzavano i lavoratori del Meridione, le lotte per l'aumento
delle pensioni, per la sanità e i servizi sociali, e le lotte per la casa, di cui resta
memorabile lo sciopero generale del 19 novembre che coinvolse 20 milioni di lavoratori in
tutta Italia. è allora che nasce quella spinta a imporre con la lotta ai governi borghesi
una politica di riforme sociali, sia pure monche e precarie, che negli anni '70 presero il
nome di ``Stato sociale'', e che oggi è stata quasi completamente cancellata.
Vi erano poi rivendicazioni del tutto innovative, radicali e dal forte contenuto politico,
che rivoluzionavano profondamente i rapporti di forza tra il padronato e il proletariato
nelle fabbriche, come gli aumenti salariali uguali per tutti e la parità di trattamento
tra operai e impiegati (politica rivendicativa egualitaria), e il diritto di assemblea
nelle fabbriche, generali e di reparto, aperte ad interventi esterni e con un monte ore
retribuito per poterle tenere, il diritto di diffusione della propria stampa nei reparti,
ecc.
Nonostante i condizionamenti dei traditori revisionisti dappertutto la classe operaia
scavalcava di slancio i pompieri sindacali, sbarazzandosi delle vecchie e sclerotizzate
``commissioni interne'' lottizzate dai partiti parlamentari, e poneva con forza la
questione della democrazia sindacale nelle lotte e nell'organizzazione sindacale,
esercitandola direttamente nelle assemblee e rivendicando nuovi organismi rappresentativi,
come i Consigli di fabbrica aperti a iscritti e non iscritti al sindacato ed eletti con
voto libero da tutti i lavoratori.
PER IL RISVEGLIO DELLA CLASSE OPERAIA
Oggi tutto questo è stato quasi interamente cancellato, per colpa dei dirigenti rinnegati
del PCI, oggi DS, e dei sindacalisti collaborazionisti, a partire dalla famigerata
``svolta dell'Eur'' del '78 promossa dal crumiro Lama, in cui fu proclamato il salario
come ``variabile dipendente'' dell'economia capitalista, e dalla svendita della lotta
dell'80 contro i licenziamenti alla Fiat, passando per l'accettazione della cancellazione
della scala mobile, il ``patto sociale'' con la Confindustria, per finire con la svendita
delle pensioni, l'accettazione del lavoro ``flessibile'' e delle privatizzazioni e lo
smantellamento dello ``Stato sociale''.
In questi ultimi 30 anni i rinnegati del comunismo e i sindacalisti collaborazionisti
hanno anche fatto tabula rasa della politica ``egualitaria'' e dei Consigli operai, e lo
scempio della stessa memoria storica del movimento operaio è stato tale che la classe
operaia è oggi ripiombata per molti aspetti in una situazione premarxista, ossia è
tornata allo stadio di classe in sé, avendo al momento smarrito la coscienza del suo
ruolo storico rivoluzionario anticapitalista e l'obiettivo strategico del socialismo.
In queste condizioni, quindi, il compito principale degli anticapitalisti è quello di
unirsi al PMLI per aiutarlo nel suo titanico sforzo di risvegliare nella classe operaia lo
spirito e i principi dell'``autun-no caldo'', non tanto per inseguire una sua idealistica
replica oggi impossibile, quanto per ricostruire giorno per giorno nel nostro proletariato
la coscienza di classe e la carica di lotta di allora. Dobbiamo, come ha indicato il
compagno Giovanni Scuderi nel Rapporto tenuto a nome dell'Ufficio politico al IV Congresso
nazionale del PMLI (26 dicembre 1998), ``educare il proletariato italiano ad allargare i
suoi orizzonti guardando oltre i confini del capitalismo e renderlo consapevole che i suoi
compiti storici fondamentali sono quelli di trasformare il mondo e se stesso nel corso
della lotta di classe. Noi dobbiamo fargli comprendere che la conquista del potere
politico da parte del proletariato è la madre di tutte le questioni. Col potere politico
il proletariato ha tutto, senza il potere politico il proletariato non ha niente''.
Cominciamo intanto, secondo lo spirito e i principi del '69, a mettere in pratica la
proposta sindacale lanciata dall'Ufficio politico del PMLI il 6 febbraio 1993 e rilanciata
dal IV Congresso di costruire dal basso un grande sindacato delle lavoratrici e dei
lavoratori (SLL), fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale
delle Assemblee generali dei lavoratori. Per questo occorre che gli operai e i lavoratori
militanti e simpatizzanti del PMLI si uniscano nella Corrente sindacale di classe,
indipendentemente dal sindacato in cui attualmente militano.
Non importa quanto tempo e quanti sforzi richiederà questo compito che oggi appare
immane. L'importante, per i sinceri anticapitalisti, è avere fiducia nella classe operaia
e capire che questa è la strada da percorrere per far rivivere un giorno, speriamo più
vicino possibile, un nuovo ``autunno caldo'' al nostro Paese.
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