'Piano antimafia' demagogico del governo Berlusconi
Il neoduce contestato dagli operai del porto di Gioia Tauro

"Siamo impegnati in una lotta del bene contro il male. L'obiettivo del governo è di arrivare a una completa vittoria del bene e a una sconfitta definitiva del male. È una promessa. E, come sempre, la manterremo". Con questo messaggio dal tono messianico indirizzato "ai cari amici calabresi" il neoduce Berlusconi ha inaugurato la riunione del Consiglio dei ministri (Cdm) a Reggio Calabria il 28 gennaio ("la prima nella storia d'Italia", ha sottolineato trionfante), nella quale il governo ha annunciato con grande enfasi l'approvazione di un "piano straordinario contro le mafie" articolato in 10 punti.
Il primo punto riguarda un decreto legge, su proposta dello stesso Berlusconi e del ministro dell'Interno Maroni, che istituisce l'"Agenzia per la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata", con sede nella stessa Reggio Calabria. Altri 8 provvedimenti saranno raggruppati in un unico disegno di legge, su proposta di Maroni e del ministro della Giustizia Alfano, che secondo quanto annunciato nel comunicato stampa emesso al termine del vertice, comprenderebbe: la delega al governo per raggruppare in un testo unico tutte le leggi antimafia emanate dal 1965 ad oggi; nuovi strumenti di aggressione ai patrimoni mafiosi; misure di contrasto all'ecomafia; misure a sostegno delle vittime del racket e dell'usura; una mappa informatica delle organizzazioni criminali; il potenziamento dell'azione antimafia nel settore degli appalti; iniziative sul piano internazionale per contrastare la criminalità transnazionale; norme di contrasto alla criminalità organizzata. Infine, su proposta del ministro del Lavoro Sacconi, è stato approvato un "piano straordinario di vigilanza nei territori del Meridione più sensibili ai problemi del lavoro irregolare in agricoltura e in edilizia", che prevede l'invio di 550 ispettori per controllare 20 mila aziende in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.
Un piano tanto roboante e demagogico nei propositi annunciati quanto misterioso nei contenuti effettivi, dal momento che bisognerà aspettare che il governo presenti i provvedimenti in parlamento per capire esattamente che cosa ha in mente. Di certo c'è che intanto, con il pretesto dell'emergenza mafia in Calabria (vedi Rosarno e attentato alla procura di Reggio) ha messo in scena un sapiente spot propagandistico sul modello di quello già ben collaudato a Napoli per l'emergenza rifiuti: "Il governo, con questo gesto - ha calcato infatti Berlusconi nel 'messaggio ai calabresi' - ribadisce che anche in Calabria lo Stato c'è e fa lo Stato nel modo più efficace per il contrasto della criminalità organizzata. Mai prima d'ora - si è vantato il neoduce - sono stati raggiunti risultati così incisivi negli arresti dei latitanti più pericolosi, nei sequestri e nelle confische di beni della 'ndrangheta, nello scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose".
Cioè l'obiettivo, come per Napoli, è dare l'impressione che il governo "c'è" e "fa", che a parole combatte e legifera contro la mafia, per non far capire all'opinione pubblica che nei fatti agisce in direzione esattamente contraria: con il "processo breve", con lo "scudo fiscale", con la legge sulle intercettazioni, con la depenalizzazione dei reati finanziari, con il disegno di legge anti-pentiti, con la controriforma della giustizia per mettere il morso e le briglie ai pubblici ministeri, e chi più ne ha più ne metta.

Chi favorisce la mafia e fomenta il razzismo
Il governo neofascista Berlusconi cerca di far credere che il problema delle mafie sia riducibile a una questione di ordine pubblico, di annunci roboanti di provvedimenti straordinari e di militarizzazione del territorio, per far dimenticare che la mafia di oggi non è più quella delle coppole e della lupara ma è compenetrata profondamente nell'economia e nella finanza capitalistiche e con il potere politico a tutti i livelli, da quello locale fino al governo e al parlamento. Cerca di far dimenticare che la mafia prospera e attinge la sua manovalanza nel tessuto sociale più sottosviluppato e degradato del nostro martoriato Meridione, e che solo portando sviluppo economico e lavoro, colpendo i santuari economici del capitalismo criminale, combattendo la corruzione politica e dando alla magistratura le forze e i mezzi per condurre a fondo le indagini è possibile prosciugare l'acqua in cui nuotano e prosperano le mafie e sconfiggerle stabilmente. Ma lungi dall'ammettere tutto questo il neoduce è arrivato addirittura a insinuare la vecchia tesi che la mafia in fondo non esiste, se non nella rappresentazione disfattista dei media, come "la brutta abitudine di fare fiction sulla mafia che hanno portato un'immagine negativa nel mondo", e che a suo dire deve finire una volta per tutte.
Con questo Cdm a Reggio Berlusconi cerca anche di far credere all'opinione pubblica che il problema mafia è connesso al fenomeno dell'immigrazione, continuando a insistere sull'interpretazione razzista dei fatti di Rosarno fornita dal fascio-leghista Maroni. Ed è per questo che dopo aver ascoltato compiaciuto il rapporto del ministro di polizia, che si è vantato di aver ridotto quasi a zero l'immigrazione clandestina grazie alla politica dei respingimenti in mare e agli accordi con Gheddafi, ha voluto sottolineare che "la riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali". Un'affermazione di brutale stampo razzista, che ha costretto perfino il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, Mariano Crociata, a puntualizzare che "la percentuale della criminalità tra italiani e stranieri è analoga se non identica".

Borbottii, critiche e contestazioni
Se per Bersani il piano del governo "male non fa", a parte la frase razzista di Berlusconi sugli immigrati che - ha borbottato il segretario del PD - "ci mette fuori da qualsiasi contesto moderno", nettamente più critici sono i giudizi di altre persone che nella lotta alla mafia sono direttamente impegnate o lo sono state in passato: "Non vorrei che sia uno specchietto per le allodole", ha dichiarato Luigi Ciotti, fondatore delle associazioni Libera e Abele a proposito del piano antimafia del governo. "L'abbiamo sempre chiesta" ha aggiunto a proposito dell'Agenzia per i beni confiscati ai mafiosi, ma non vorremmo che diventi "un'agenzia immobiliare per vendere i beni confiscati". Un sospetto più che giustificato, visto che mentre con una mano il governo offre l'Agenzia con l'altra fa passare un emendamento alla Finanziaria che permette la messa all'asta dei beni confiscati in alternativa alla destinazione a scopi sociali.
"Il governo utilizza le mafie e l'immigrazione per spot a buon mercato", ha ironizzato l'ex magistrato Luigi De Magistris, già titolare dell'inchiesta per corruzione "Why not". "Mentre il mondo giudiziario è in rivolta per il piano distruttivo che l'esecutivo sta portando avanti come un caterpillar a danno della Giustizia, ecco che oggi va in scena il teatrino del Cdm in Calabria".
Un teatrino che però non ha incantato le centinaia di manifestanti che hanno contestato Berlusconi e i suoi gerarchi davanti alla prefettura, sede del vertice di governo. Tra di essi, armati di striscioni, cartelli e bandiere, molti operai del porto di Gioia Tauro, dove sono a rischio migliaia di posti di lavoro, lavoratori Lsu, precari della scuola, rappresentanti della rete No ponte, della rete del Popolo viola e tanti altri. E si sono fatti sentire nonostante fossero tenuti ben a distanza dalla polizia e confinati davanti all'ingresso posteriore. Invece all'ingresso principale era stato ammesso il solito pullman di berlusconiani in viaggio premio per il rituale bagno di folla e foto d'ordinanza col neoduce.

3 febbraio 2010