Il PMLI, figlio e erede del Sessantotto, tiene vivi gli insegnamenti di quella rivolta storica

di Emanuele Sala*
Ricorre, quest'anno, il quarantesimo anniversario della Grande Rivolta del Sessantotto, ossia del più grande avvenimento della storia della lotta di classe del dopoguerra in Italia. Indimenticabile per coloro che lo hanno vissuto, fulgido esempio per le nuove generazioni operaie, studentesche, popolari, intellettuali progressiste, antifasciste, rivoluzionarie. I marxisti-leninisti, che di quella immensa e inarrestabile stagione di lotte sociali (che va dal '68 al '74-'75 senza soluzione di continuità) sono figli e eredi, hanno sempre operato con grande forza per fare di essa un'analisi corretta e approfondita da un punto di vista di classe, per combattere e respingere tutte le deformazioni e le mistificazioni sia di parte reazionaria e fascista, sia di parte riformista e revisionista, sia trotzkista e "ultrasinistra", per trasmettere la memoria storica e per tenere vivi gli insegnamenti.
Già nel Rapporto al 3° Congresso nazionale del PMLI (27-29 dicembre 1985) il compagno Giovanni Scuderi descrive in modo puntuale questa Grande Rivolta anticapitalista, antifascista, antimperialista, antirevisionista e, oggettivamente, rivoluzionaria, delle masse studentesche, delle masse operaie e di quelle femminili. Ne descrive la profondità, "esso ha sconvolto dalle radici - afferma - abitudini, costumi, modi di pensare e di vivere, rapporti istituzionali e sociali", e l'ampiezza, visto che "l'ondata progressista e rivoluzionaria si è riversata - aggiunge - in tutte le classi sociali e in tutti gli ambienti, compreso quello cattolico". Descrive il ruolo controrivoluzionario svolto dai dirigenti dell'allora PCI revisionista, per frenare e incanalare la protesta nelle pastoie del riformismo e del parlamentarismo e il ruolo altrettanto controrivoluzionario degli "ultrasinistri" (anarchici, operaisti, spontaneisti, trotzkisti) e soprattutto mette in rilievo gli insegnamenti che ne sono scaturiti.
Questa analisi lucida e chiarificatrice viene ripresa e sviluppata nel Documento del CC del PMLI del 14 dicembre del 1988, redatto in occasione del ventesimo anniversario col titolo "Viva la Grande Rivolta del Sessantotto" (ripubblicato in questo numero de "Il Bolscevico", ndr). Un documento tutt'oggi prezioso ed essenziale, per sapere cosa accadde e perché, quali furono le cause esterne e interne del Sessantotto, chi coinvolse, studenti e operai anzitutto, quali cose furono messe in discussione, le forze in campo, l'azione repressiva lanciata dalla classe dominante borghese, comprensiva della strategia stragista e golpista; per cogliere l'azione dei dirigenti del PCI e della FGCI revisionisti, finalizzata a far rifluire l'onda lunga del Sessantotto, per individuare l'influenza nefasta degli "utrasinistri", per mettere in fila le cose che occorrono affinché vi siano altri Sessantotto e il proletariato conquisti il potere politico e instauri il socialismo.
Il PMLI è figlio del Sessantotto? Si, non c'è dubbio! È infatti proprio in quel periodo (esattamente a partire dal '67) che i primi quattro pionieri del PMLI, Mino Pasca, Nerina "Lucia" Paoletti, Patrizia Pierattini con in testa Giovanni Scuderi, scoprono il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, si formano ideologicamente nello studio e nella lotta di classe, cominciano un lungo, difficile ed esaltante percorso politico che li porterà a fondare, assieme ad altri 4 elementi, due giorni dopo si aggiungeranno Dino e chi scrive e in anni successivi Dario Granito, Monica Martenghi e Loris Sottoscritti e altri, il 14 dicembre del '69 l'Organizzazione Comunista Bolscevica Italiana Marxista-Leninista (OCBI m-l) e l'organo di stampa, oggi possiamo dire glorioso, "Il Bolscevico", che li porterà, insieme a altri 48 delegati, il 9 Aprile del 1977 al Congresso di fondazione del Partito marxista-leninista italiano.

Il PMLI figlio ed erede del Sessantotto
Il PMLI è figlio di un periodo storico caratterizzato, ricordiamolo, a livello internazionale dalla lotta di liberazione del popolo vietnamita contro l'aggressore imperialista americano, dalla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria Cinese e contemporaneamente dalla lotta tra marxismo-leninismo con in testa la Cina rossa di Mao e revisionismo moderno dell'Urss kruscioviana e poi brezneviana, dalla ribellione giovanile contro il vecchio mondo; a livello nazionale dalla Grande Rivolta sociale sopra detta, dove la critica al revisionismo, l'esaltazione del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la richiesta di rivoluzione e di socialismo assumono un'ampiezza di massa, specie in ambito studentesco e intellettuale.
Il PMLI erede del Sessantotto? Ancora Sì, senza dubbio! Quel periodo storico, con tutto ciò che ha significato, sta scritto nel Dna ideologico e programmatico del nostro Partito. Fa parte del nostro patrimonio storico. Siamo rimasti fedeli al suo spirito rivoluzionario, anticapitalista, antifascista, antimperialista e antirevisionista. Abbiamo lavorato duramente e ininterrottamente per creare le condizioni soggettive e oggettive per riprendere il cammino e per realizzare gli obiettivi posti da quella grande stagione di lotte. Non abbiamo ammainato la bandiera del socialismo, anzi ne abbiamo fatto lo scopo principale del nostro Programma e della nostra azione ideologica, politica e di massa. Abbiamo impugnato saldamente e tenuta alta la bandiera rossa con la falce e martello, ci siamo messi alla scuola dei cinque grandi maestri del proletariato internazionale Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao.

Il ruolo degli pseudo-rivoluzionari ieri e oggi
Diversamente si sono viste tante organizzazioni pseudo marxiste-leniniste, ad iniziare dal PCd'I m-l e da "Servire il Popolo", squagliarsi come neve al sole, tante altre organizzazioni "ultrasinistre" operaiste, spontaneiste, trotzkiste, anarcosindacaliste, come Lotta Continua, Potere Operaio, Avanguardia Operaia per citare le principali sciogliersi e ricomporsi in formazioni riformiste e parlamentariste, come per esempio Democrazia proletaria, oppure contribuire a dare vita alle formazioni terroristiche, come le "BR", "Prima Linea" e varie sigle di "comunisti combattenti armati" che hanno bruciato una quantità incredibile di giovani rivoluzionari, che hanno fatto il gioco della corrente reazionaria e golpista della borghesia e favorito l'avvento della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista.
Si sono viste nascere nuove formazioni politiche falsamente comuniste, in realtà revisioniste, neorevisioniste e trotzkiste, come il PRC e il PdCI, che con il Sessantotto non hanno realmente nulla a che fare, per imbrogliare una volta di più i rivoluzionari e i fautori del socialismo, come è apparso chiaro con la loro partecipazione al governo della "sinistra" borghese del dittatore democristiano Prodi e con la confluenza nella Sinistra arcobaleno, che avvia il loro autoscioglimento.
Emblematica la figura dell'arciopportunista e arcimbroglione Fausto Bertinotti, colui che voleva "rifondare il comunismo" ed è finito con l'abbracciare la non violenza gandhiana; colui che voleva guidare le masse verso la conquista di "un mondo diverso", ed è finito con l'occupare la poltrona della terza carica dello Stato borghese. E ora si propone addirittura come candidato premier nell'attuale consultazione elettorale.
Per non dire di tanti ex sessantottini provenienti dalle suddette organizzazioni che al soldo della borghesia sono ascesi a posti di comando in politica, in economia, nell'industria, nel giornalismo, nel mondo accademico: Mieli, direttore del Corriere della Sera, Riotta, direttore del Tg1, Testa, presidente dell'Eni, Boato e Manconi parlamentari da più legislature, Cacciari sindaco di Venezia, Piperno in cattedra universitaria, per fare qualche nome.
Unitamente a ciò si è visto il PCI revisionista completare la sua parabola di rinnegamento del comunismo e di trasformazione liberale, attraverso il suo autoscioglimento nel PDS prima nei DS poi e infine, nell'odierno PD, passando da puntello del sistema a uno dei maggiori partiti della borghesia. Nonché succube servitore delle gerarchie vaticane e del papa nero ultrareazionario Ratzinger.

L'importanza del partito marxista-leninista
Il PMLI è dunque figlio ed erede del Sessantotto, è rimasto fedele al suo spirito rivoluzionario, ne tramanda in modo corretto la memoria storica, ne ha colto gli insegnamenti e li tiene vivi. Eccone alcuni: non è con la concertazione tra sindacati, padroni e governo e con il "patto sociale", ma con la lotta di classe, con la lotta di massa, con la lotta di piazza che si conquistano migliori condizioni di vita e di lavoro, che si parli di salario, di occupazione, di precarietà, di Mezzogiorno, di pensioni, di sanità, di casa, di scuola, che si parli di parità tra uomo-donna, di accoglienza degli immigrati, di diritti civili, di ecologia, di mafie; non l'elettoralismo e il parlamentarismo, ma l'antiparlamentarismo rivoluzionario e di classe, l'astensionismo tattico, le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo da contrapporre a quelle della borghesia, non è stando al governo borghese ma all'opposizione che si può combattere efficacemente il capitalismo, le sue politiche e le sue varie manifestazioni e far avanzare un progetto rivoluzionario di emancipazione del proletariato e delle masse popolari; è fondamentale per vincere la resistenza controrivoluzionaria della borghesia e delle sue istituzioni l'unità di lotta tra la classe operaia e gli studenti e le masse popolari; è giusto ribellarsi alle ingiustizie sociali, allo sfruttamento e all'oppressione capitalistici; è giusto osare disarcionare dal potere la borghesia e distruggere il vecchio mondo capitalista per far trionfare l'Italia unita, rossa e socialista.
Ma oltre a questi vi sono due insegnamenti determinanti, di fondamentale importanza, che hanno rappresentato il limite principale del Sessantotto e di cui il PMLI ha fatto tesoro: la necessità della teoria rivoluzionaria senza la quale non può esistere movimento rivoluzionario; la necessità del Partito rivoluzionario senza il quale non si può fare e vincere la rivoluzione socialista, e nemmeno si può edificare e difendere il socialismo dai tentativi di restaurazione capitalistici, come dimostrato storicamente dalla Rivoluzione d'Ottobre e dalla costruzione dell'Unione Sovietica di Lenin e Stalin e dalla Rivoluzione cinese e dalla Cina socialista di Mao. Stiamo parlando della teoria elaborata dai cinque grandi maestri del proletariato internazionale nel corso della loro luminosa vita Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, della concezione del mondo fondata sul materialismo storico e dialettico e del socialismo scientifico, l'unica in grado di fronteggiare e sconfiggere quella della borghesia nelle sue varie versioni: liberale, fascista, socialdemocratica e trotzkista, l'unica capace di dare alla classe operaia l'autonomia dalla borghesia, la coscienza di sé come classe rivoluzionaria e di indicargli la via dell'emancipazione sociale.

Il PMLI verso il 5° Congresso nazionale
Circa il Partito rivoluzionario il modello è quello leninista, difeso e sviluppato da Stalin e Mao, che ha le seguenti caratteristiche: basato sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao, pratica la lotta tra le due linee, con uno stile di lavoro marxista-leninista, che possegga una linea strategica e tattica autenticamente proletaria rivoluzionaria, composto dagli elementi più avanzati e combattivi del proletariato e da coloro che con decisione e con coerenza combattono al servizio del proletariato; un partito monolitico, disciplinato, la cui struttura organizzativa sia saldamente fondata sul centralismo democratico, sospinto dall'entusiasmo e dallo spirito di sacrificio dei suoi militanti, profondamente legato alle masse lavoratrici e popolari con cui condivide vittorie e sconfitte; un partito che si attenga fermamente all'internazionalismo proletario.
Il PMLI, che ha ora quasi 31 anni, 41 se si tiene conto del periodo precedente della sua preparazione, lavora duramente, affrontando immense difficoltà, per dare al proletariato un partito coerente a quel modello. Tuttora è impegnato nella Lunga Marcia politica e organizzativa per diventare un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista, di cui una nuova tappa storica sarà rappresentata dal 5° Congresso nazionale che sarà celebrato entro il 2008.
Rispetto al Sessantotto, oggi, specie dopo la fallimentare esperienza del secondo governo Prodi, in campo rivoluzionario c'è molta più chiarezza per chi vuol vedere. Allora vi erano una miriade di partiti e di organizzazioni che (a parole) si dicevano rivoluzionari, che (a parole) dicevano di voler fare la rivoluzione, che (a parole) dicevano di volersi battere per il socialismo. Nel panorama politico attuale, a parte il PMLI, non è rimasto alcun partito che voglia e lotti per il socialismo, nemmeno quelli che nel nome conservano (ma per quanto ancora?) la parola comunista. Si sono tutti integrati nel capitalismo e si sono ridotti a fare la copertura a "sinistra" alla terza repubblica perseguita da Berlusconi e Veltroni, si sono ridotti a praticare una mera politica riformista ed economicista, senza peraltro ottenere risultati significativi. Sono tutti finiti nel cretinismo parlamentare.
Il 40° anniversario del Sessantotto merita una profonda riflessione da parte di tutti i sinceri fautori del socialismo ancora sotto l'influenza dei falsi partiti comunisti.
Noi li invitiamo a sottrarsi a tale nefasta e paralizzante influenza e a dare tutta la propria forza al PMLI, prendendo posto nelle sue file, affinché possa svolgere al meglio i suoi compiti rivoluzionari e sia in grado di rimettere in moto la lotta di classe per il socialismo.

Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

20 febbraio 2008