Nell'Italia capitalista si sfascia tutto
A Pompei crolla la Domus dei Gladiatori
Le responsabilità del commissario Fiori
Bondi deve dimettersi. No alle privatizzazioni

Lo ripetiamo ancora una volta: solo la piazza può liberarci del nuovo Mussolini Berlusconi e impedirgli di causare altri irreparabili danni al paese. Non c'è un minuto da perdere perché la furia devastatrice di questo governo non risparmia nulla: nella notte tra il 6 e il 7 novembre scorso a Pompei il palazzetto affacciato con due meravigliosi affreschi sulla frequentatissima arteria di Via dell'abbondanza, nel regio II e insula II, si è dissolto in una nuvola di polvere. Più tardi avrebbero corso seri rischi tanto i custodi che proprio lì timbrano il cartellino, quanto le tante scolaresche che visitano gli scavi. Un cumulo di calcinacci è quello che resta della sala usata per lo sport fino al 79 d.c., anno dell'eruzione del Vesuvio, e in precedenza adibita a caserma dei gladiatori e deposito di trofei.
Sulle macerie di questo ennesimo disastro, che il ministro dei beni culturali Sandro Bondi si è affrettato a tranquillizzare "non ha responsabilità", sono stati adagiati tre teli bianchi, come dopo un agguato della camorra a nascondere il rivolo di sangue. Così vorrebbe nascondere lo sfregio ad uno dei beni architettonici più celebrati e visitati dell'umanità, uno sfregio paragonabile solo a quelli causati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Crollo annunciato
Vietata per ore a turisti e cineoperatori la visione del luogo del misfatto, i carabinieri hanno quindi sequestrato l'area su ordine della Procura di Torre Annunziata che sta coordinando le indagini per fare chiarezza sulle cause del crollo. Secondo le prime indiscrezioni sarebbero state le infiltrazioni di acqua piovana che hanno imbevuto il terreno e indebolito le fondamenta, sommate alla pesantezza del tetto in cemento risalente agli anni '50. Lo conferma l'ex sovraintendente Giuseppe Proietti: "proprio la pesantezza del tetto, unita alla cedevolezza del terreno avrebbe fatto crollare tutte le pareti della Domus, alcune delle quali erano decorate con motivi ornamentali, fregi e armature che richiamano la funzione dell'edificio".
Sotto osservazione anche i lavori che nel 2007 sarebbero stati eseguiti per l'impermeabilizzazione del tetto crollato secondo quanto testimonia una foto dell'epoca rintracciata sul portale Google View.
Ma Salvatore Settis, archeologo di fama internazionale, sottolinea: "più che di un crollo annunciato parlerei di un crollo seriale. Quella dei gladiatori non è la prima casa che cade nel giro di poco tempo". "Tanti gli episodi prima del 6 novembre", anche per Ciro Mariano, custode da 35 anni e delegato Cgil per l'area archeologica: "Nessuno li ha raccontati. Erano concrete avvisaglie di interventi che andavano fatti. Sei anni fa cadde un pezzo del tetto della Casa del Menandro, un altro frammento consistente della copertura della Casa del Labirinto andò perduto cinque anni fa. Di lì a poco parte del peristilio della casa di Paquio Paquilio crollò, mentre risale a tre anni fa la caduta di un muro della Casa delle Nozze d'argento" - e denuncia - "Ci sono interi isolati di Pompei in completo abbandono".
Che l'allarme sia stato costantemente ignorato è del resto una evidenza comune a tutti i disastri e le catastrofi che si stanno abbattendo sul paese, terremoto de L'Aquila in testa. A Pompei ci sarebbe anche una prova inoppugnabile: un atto ufficiale redatto dai custodi e inviato alla sovraintendenza datato 3 novembre, tre giorni prima del diastro. Sul registro protocollato delle ispezioni giornaliere è segnalato infatti il crollo di un muro lungo dieci metri nel vicolo di Ifigenia, proprio a pochi metri dalla casa dei gladiatori.
Intanto, mentre ci si interroga su chi e perché non ha raccolto la segnalazione, l'11 novembre ci sono stati altri due cedimenti dovuti - secondo il direttore degli Scavi, l'archeologo Antonio Varone: "alla malta ormai de-coesa, cioè priva di capacità legante della muratura" e Wallace Hadrill, esperto inglese, avverte: "le case a rischio crollo sono dozzine, solo nell'insula 9 dove ho lavorato personalmente ce ne sono almento 3-4, tra cui la famosa casa del Frutteto".

Tagli, degrado e abbandono
Anna Maria Ciariello, biologa dell'antichità, che ha studiato e lavorato per decenni a Pompei, sottolinea: 1) "che il problema della canalizzazione delle acque piovane e del dilavamento sulla pietra lavica non è mai stato risolto e si vede dall'allagamento ogni volta che piove dal casello della Napoli-Salerno"; 2) che con il Commissariamento governativo le soluzioni da lei progettate sono state cancellate: "Sparite le viminate di castagno orizzontale come palizzate che segnano i terrazzamenti, sparite le piante di rosmarino, le cui radici imbrigliano la terra e non la lasciano dilavare, sparite le paratie". "Vergognosi" per la ricercatrice sono anche i tagli ai finanziamenti e al personale che si sono abbattuti sull'area archeologica: "Sono rimasti cinque operai - spiega la dottoressa - mentre vent'anni fa ce n'era un centinaio. Gente come i nostri restauratori, che ci venivano inviati dall'Istituto Centrale del restauro di Firenze, è ormai quasi del tutto estinta. Ricordo l'ultimo operaio mosaicista, si chiamava Gabbiano: d'inverno recuperava sabbia che spargeva sui mosaici, così li preservava dal maltempo, per scoprirli in primavera. Quell'esperienza l'abbiamo persa. Ho fatto un po' di conti: un operaio costa 30mila euro l'anno, cento ne costerebbero 3 milioni. Pompei incassa 20 milioni l'anno. Un piano di assunzioni sarebbe un costo sostenibile, e ne varrebbe la pena".
Mentre anche Gianfranco Cerasoli della Uil punta il dito sul cambio scriteriato della canalizzazione delle acque dopo alcuni dei lavori effettuati per gli eventi mediatici, "l'assenza di fondi, i continui tagli e gli investimenti zero" sono le cause del dissesto anche per la Filcams-Cgil.
Quel che appare certo è che sia il ministero competente sia il commissariato di governo non hanno mosso un dito per mettere in sicurezza il patrimonio di Pompei nonostante l'indagine del 2005, la sola commissionata dopo il terremoto del 1980. Condotta da una squadra di ricercatori, architetti e archeologi ha rivelato che nel sito archeologico più grande del mondo solo tre case su dieci erano in uno stato che si poteva definire buono o discreto, mentre ben il 70% degli antichi edifici necessitava di interventi di restauro e messa in sicurezza, il 40% con la massima urgenza perché in stato pessimo o addirittura con cedimento in atto, il rimanente 30% perché in uno stato appena mediocre.
A fronte di questa emergenza le giacenze di cassa della sovraintendenza sono state di 52 milioni nel 2002, 58 milioni nel 2003, 66 milioni nel 2004 e solo 25 milioni nel 2009. Ancora nel 2006 la legge 41 operò un taglio di 30 milioni e nel 2008 di 40 milioni cosicché il budget commissariale negli ultimi due anni si era ridotto a 79 milioni di euro. Dei 39 affidati al "supercommissario" Fiori solo il 25% sarebbero stati utilizzati per la sicurezza e i restauri e solo per il cosiddetto "lato A della Pompei vetrina".

Le responsabilità del "supercommissario"
La casa crollata era stata esclusa dai fondi per i restauri. Per ammissione dello stesso Fiori: "l'edificio crollato non era nelle liste delle priorità indicate dalla sovraintendenza" nonostante ancora nel 2006 sia stata classificata ad un grado terzo, su di una scala di rischio a quattro livelli. Ed è clamoroso il fatto che appena una settimana prima c'erano stati due crolli proprio nella casa dei Casti Amanti dove il commissario della Protezione civile Marcello Fiori aveva creato un "cantiere evento" visitato dallo stesso ministro Bondi per "la settimana dei beni culturali".
Le accuse si concentrano quindi sia sui tagli operati dal ministero sia sull'operato dei commissari, prima il prefetto Renato Profili "destituito" senza motivazioni ufficiali e morto un anno fa, e poi il "supercommissario per l'emergenza Pompei" Marcello Fiori e del suo gruppo, uno staff della Protezione civile non privo di competenze irrituali, come quella del geometra Nicola Mercurio, già autista del "boss" del PDL Nicola Cosentino e capogruppo nel consiglio comunale di Sant'Antonio Abate.
Questa cricca avrebbe definitivamente soppresso gli interventi di manutenzione ordinaria del sito archeologico come dimostrano le decine di denunce delle associazioni: vecchi puntellamenti abbandonati, travi tarlate e marce, colonne pericolanti, stucchi in rilievo e graffiti lasciati alle intemperie, tubi di scolo staccati e pendenti, dieci, cento cedimenti che si affacciano dalle colonne sghembe o dai muri puntellati (ben cinquemila metri quadri di edifici), gli isolati attraversati da crepe, i cavi elettrici dei vecchi impianti abbandonati ai margini del grande Foro, i solai di copertura delle insule privi di manutenzione, l'unico canale di scolo delle acque sempre otturato nella centralissima Via dell'abbondanza. per non parlare delle mute dei cani che continuano a scorrazzare rabbiosi lungo le insule e alle calcagna dei visitatori.
Altro scandalo in cui è coinvolto il "supercommissario" è il blocco dei progetti già avviati come quelli per facilitare l'accesso ai disabili e contro il randagismo che non sono più operativi, mentre accanto agli uffici turistici (due su tre chiusi d'inverno) all'ingresso dell'Anfiteatro spiccano le due strutture in plexiglass realizzate l'estate scorsa per ospitare una mostra-parata delle "gesta eroiche" sul luogo dei disastri del neopensionato d'oro Guido Bertolaso.
Italia Nostra e le associazioni degli archeologi sono a ragion veduta infuriati: "è colpa della politica degli effetti speciali, per la quale sono stati spesi milioni di euro per installare programmi virtuali e pannelli fotografici a pochi passi dalla Domus crollata, anche i milioni di euro spesi per lo smaccato falso del teatro restaurato potevano essere usati per monitorare le strutture di Pompei". L'operato del commissario straordinario aveva infatti suscitato scalpore la scorsa estate per il "falso restauro" del teatro Grande inaugurato con un concerto faraonico dal narcisista Muti e i cui lavori hanno assorbito buona parte dei fondi. I prefabbricati sono stati trasformati in eterni camerini per attori, e lasciati lì, al costo di alcuni milioni di euro, sull'area del Quadriportico.
Finalmente anche la Corte dei conti si è decisa a vederci chiaro su questa allegra gestione in deroga e dalle prime indagini è emersa una girandola di appalti e subappalti a ditte esterne, almeno due casi di lavori dati a ditte senza contratto, e un appalto sospetto affidato a Wind per la videosorveglianza.

Il ministro deve dimettersi. Non aprire ai privati
Il New York Times ha pubblicato la notizia in prima pagina, così come il Daily mail e la Bbc. Una misurata stoccata al governo è venuta anche dall'Unione europea: "Ovviamente chiunque abbia un senso della storia è rimasto sconvolto. La domus dei gladiatori è parte non solo della storia d'Italia e dell'Europa, ma di tutto il mondo".
In Italia un'ondata di richieste di dimissioni immediate sono state recapitate al ministro della distruzione e svendita dei beni culturali, il replicante Sandro Bondi. "Il Nostro è il museo all'aperto più grande del mondo" - ha affermato il sindaco di Pompei Claudio D'Alessio "è un crollo annunciato, la scuola attendeva da anni un restauro". Antonio Borghesi dell'IDV ha parlato di "un colpo durissimo al turismo denuncia lo scempio compiuto da questo governo e da un ministro inutile che non è capace di garantire nemmeno i finanziamenti necessari ad evitare fatti come quelli di Pompei" mentre il suo collega di partito Granata ha contestato la logica dell'emergenza: "Per rimettere in piedi il patrimonio occorreva dare priorità alla tutela mentre Bondi ha deciso in proprio per percorsi sensoriali e degustazioni di mozzarella" per poi però aggiungere ipocritamente: "Siamo favorevoli ai privati, ma non ad una managerialità che non ha né sapienza né conoscenza". Appena più coerente il ragionamento del parlamentare campano Eugenio Mazzarella "Quando si punta sulla valorizzazione sganciata dalla tutela si fa marketing - ma si rischia di valorizzare il vuoto, perché tra non molto potrebbe non restare niente". Indignato anche il presidente del Touring Club Franco Iseppi che alle barbariche affermazioni dei governanti in camicia nera circa l'inutilità della Divina commedia di Dante ha risposto: "La cultura non si mangia, ma è nutrimento per l'anima, non possiamo rinunciarvi".
In difesa di Bondi hanno fatto quadrato i beceri gerarchi del neoduce Berlusconi parlando in coro di "puro sciacallaggio", nell'ordine il capogruppo alla Camera del PDL Fabrizio Cicchitto, il sedicente esperto Vittorio Sgarbi e il ministro della distruzione della scuola, dell'università e della ricerca Mariastella Gelmini. Bondi, nonostante sia stato sonoramente contestato anche dai turisti e dai lavoratori di Pompei: "Vergogna dimettiti qui cade tutto a pezzi", con l'impareggiabile arroganza del suo "datore di lavoro", ha ribadito di volere rimanere incollato alla dorata poltrona rilanciando: "sono pronte le linee guida per una fondazione per Pompei", leggi privatizzazione!
Per finire registriamo la "scesa in campo" del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ha battuto un colpo chiamando Bondi a riferire in Parlamento "senza ipocrisia". Ma se il ministro è uno dei principali responsabili e deve dare subito le dimissioni, Vittorio Emanuele Napolitano non è incolpevole, visto che non poteva non conoscere più di qualche scabroso dettaglio della situazione in cui versano gli scavi di Pompei sventrati dalla speculazione e dalla ingorda sete di profitto di questo sistema capitalistico, dai tagli selvaggi e dalla furia privatizzatrice del governo.
Il PMLI rivendica la fine della politica golpista dei commissariamenti a tappeto, la fine del potere dittatoriale e senza limiti del capo del Protezione civile, la fine della criminale politica di dismissione ai privati del patrimonio architettonico del nostro paese, un piano immediato costituito da adeguati finanziamenti a destinazione vincolata per le assunzioni, la formazione, il monitoraggio, la messa in sicurezza e la manutenzione ordinaria dell'area archeologica di Pompei.

17 novembre 2010