Con il viaggio a Tel Aviv
POWELL RILANCIA IL PROGETTO DI PACE IMPERIALISTA PER LA PALESTINA
Primo obiettivo degli Stati Uniti e dei sionisti è disarmare e liquidare la resistenza palestinese
Dopo aver occupato l'Iraq il presidente americano Bush riprende l'impegno a diffondere "la libertà e la democrazia" in tutta la regione per "raggiungere una pace stabile" a partire da una soluzione della questione palestinese confacente gli interessi dell'imperialismo americano e quelli egemonici locali dei sionisti israeliani. Con l'insediamento del nuovo governo palestinese di Abu Mazen, sponsorizzato da Washington, gli Usa ritengono di avere un interlocutore più affidabile di Arafat, di avere un altro strumento per porre fine all'Intifada e alla resistenza armata palestinese e imporre la pace imperialista in questo altro pezzo di Medio Oriente.
Nel discorso del 9 maggio Bush ha riproposto le condizioni americane per permettere alla "bandiera della Palestina di sventolare su uno stato libero e indipendente": i palestinesi devono continuare a "seguire la strada della democratizzazione e del dialogo abbandonando la violenza", ovvero dovrebbero rinunciare alla lotta di liberazione e consegnare il loro futuro nelle mani imperialiste. Nelle condizioni rivolte a Tel Aviv per riprendere i negoziati non c'è invece una parola contro l'occupazione illegale dei territori palestinesi, contro la repressione e gli assassini, il terrorismo di Stato di Israele. C'è l'oramai consueto e disatteso richiamo al blocco degli insediamenti israeliani nei territori occupati. Il compito di far ripartire il percorso negoziale è toccato al segretario di Stato Colin Powell che il 10 maggio è sbarcato a Tel Aviv.
Il progetto che Powell ha rilanciato negli incontri dell'11 maggio col boia Sharon e col palestinese Mazen è quello della cosiddetta "road map", il percorso per raggiungere la pace entro il 2005 elaborato dagli Usa e appoggiato da Ue, Russia e Onu. Il piano elaborato dal "quartetto per la pace" prevede che entro la prossima estate i palestinesi debbano far cessare il "terrorismo" e ogni tipo di violenza contro Israele, riformino la struttura dell'Autorità nazionale palestinese e riconoscano inequivocabilmente il diritto all'esistenza di Israele. Il regime di Tel Aviv dovrebbe congelare gli insediamenti dei coloni, ritirarsi dai territori occupati durante l'Intifada, restituire i fondi confiscati ai palestinesi negli ultimi tre anni. Realizzate tutte queste condizioni è previsto che entro il 2003 sia istituito uno Stato palestinese provvisorio sul 40% della Cisgiordania e il 75% della striscia di Gaza. Come dire che tutto resta più o meno come ora. I confini dello Stato palestinese dovrebbero essere definiti in una conferenza internazionale da tenere entro la fine del 2005.
Nei desideri dell'imperialismo americano la resistenza palestinese dovrebbe capitolare in cambio di promesse che nella sostanza riprendono quelle degli accordi di Oslo del '93 che non hanno portato allo Stato palestinese ma hanno perpetuato l'occupazione sionista della Palestina. E il progetto della "road map" ne segue le orme. A partire dalle condizioni poste dal boia Sharon: sradicamento del "terrorismo" da parte del governo di Mazen, l'isolamento di Arafat, la rinuncia dei palestinesi al "diritto al ritorno" dei profughi nei territori di Israele, la "democratizzazione" dell'Autorità palestinese. Quale gesto di "buona volontà" Sharon ha contemporaneamente annunciato il permesso a 25 mila lavoratori palestinesi, su 125 mila, di tornare a lavorare in Israele e la liberazione di 180 detenuti. Due giorni dopo Sharon ha di nuovo sigillato la striscia di Gaza, impedendo ingresso e uscita a palestinesi e stranieri; dopo gli attentati del 18 maggio a Gerusalemme i sionisti sigilleranno anche la Cisgiordania.
Abu Mazen ha chiesto la liberazione degli oltre 6 mila palestinesi arrestati durante l'Intifada, la libertà di movimento di Arafat bloccato dagli israeliani dal dicembre 2001 a Ramallah, il congelamento delle colonie e il ritiro dell'esercito israeliano dai territori occupati durante l'Intifada. All'impegno di Mazen a cercare una tregua da parte della resistenza Powel ha risposto subito chiedendo "un'azione rapida e decisiva per disarmare e smantellare le infrastrutture terroristiche, senza la quale i nostri sforzi falliranno". "Powell vuole una guerra civile tra i palestinesi" ha denunciato Hamas.
La missione di Powell ha prodotto il primo incontro tra Sharon e Mazen a Gerusalemme il 17 maggio. Stando ai resoconti ufficiali i due si sarebbero ripetuti le richieste già presentate al segretario di Stato americano. Quello che è certo è che i bombardamenti e le incursioni per rappresaglia nelle città e nei campi profughi palestinesi da parte degli occupanti sionisti sono proseguiti senza soluzione di continuità prima e dopo la missione di Powell.