A seguito di leggi del governo del neoduce Berlusconi
Dal 1° gennaio 150 mila precari del pubblico impiego a rischio di licenziamento

Una mannaia mostruosa si sta abbattendo sui lavoratori precari del pubblico impiego. Secondo una denuncia della FP-CGIL del 1° dicembre, a partire dall'inizio dell'anno nuovo, a causa "dell'inadeguatezza delle misure adottate dal Governo" sono 150 mila i precari che rischiano il licenziamento. In testa ci sono quelli della scuola e dell'università (80-100 mila) tagliati dalla controriforma Gelmini, a seguire gli altri occupati nella pubblica amministrazione, ospedali, enti locali, questure, ecc., Quest'ultimi vittime delle norme sul pubblico impiego contenute nella manovra economica di Tremonti varata l'estate scorsa che, oltre a bloccare i rinnovi contrattuali e a congelare per tre anni le retribuzioni, richiedeva alle amministrazioni di dimezzare per il 2011 la spesa per tutte le forme di lavoro flessibile. In parole povere non rinnovare il contratto al 50 per cento dei precari (ex interinali a tempo indeterminato, co.co.co., formazione lavoro e lavoro accessorio).
"Nel taglio - spiega il sindacato - sono comprese tutte le amministrazioni centrali dello Stato che possono avere diramazioni territoriali. La legge stabilisce inoltre che le disposizioni di riduzione della spesa costituiscono 'principi generali, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, ai quali si adeguano le regioni, gli enti del Servizio sanitario nazionale e gli enti locali'". Ciò significa che le regioni e gli enti citati si muoveranno in ordine sparso, nel rinnovare o meno i contratti precari, in base alle disponibilità finanziarie.
Limitando la valutazione a soli tre casi la NIDIL-CGIL ha avanzato la seguente ipotesi: "Le persone colpite oggi dal taglio di Tremonti sono sicuramente oltre 3.250 tra INPS (1.800 lavoratori in somministrazione tuttora in forza), ministero dell'interno (650 lavoratori a tempo indeterminato e 650 in somministrazione già tagliati a luglio) e INPDAP (circa 150 in somministrazione)". Cosa facevano e cosa fanno questi lavoratori in parte già mandati a casa e in parte in procinto di perdere il posto? Al ministro dell'interno, più esattamente nelle questure e nelle prefetture delle grandi città sono impegnati negli sportelli unici per l'immigrazione. È facile immaginare le conseguenze negative del licenziamento di questi lavoratori sui tempi per la concessione dei permessi di soggiorno, già decisamente lunghi. All'INPS si occupano dell'archiviazione dei documenti, ma in molti casi sono impegnati nelle pratiche di invalidità civile, assegni familiari e erogazione degli ammortizzatori sociali. Infine i precari INPDAP con mansioni di gestione del patrimonio e persino nell'avvocatura.
Secondo la Ragioneria generale dello Stato i lavoratori precari nella pubblica amministrazione ammontavano, nel 2008, a 200 mila. Ciò è il frutto da un lato della legislazione che ha precarizzato il "mercato del lavoro", il "pacchetto" Treu e soprattutto la legge 30, e dall'altro dei blocchi alle assunzioni ordinati negli anni da vari governi che hanno spinto le amministrazioni, per aggirarli, a impiegare sempre di più personale precario.
I lavoratori precari pubblici non vanno licenziati ma stabilizzati, tutti, trasformando il loro rapporto di lavoro da temporaneo e senza diritti a lavoro fisso e tutelato sindacalmente. In questo ambito, da segnalare l'iniziativa lanciata a metà novembre dalla FLC-CGIL denominata "Operazione centomila". Essa rivendica in due anni la stabilizzazione di 100 mila precari (61.000 docenti e 39.000 ATA) della scuola. Come? Superando la distinzione tra organico di fatto e organico di diritto (oltre 20 mila). Stabilizzando, in una prima fase, tutti i posti vacanti in organico di fatto (35 mila circa). Rivedendo le modalità di attribuzione degli organici alle scuole secondo i seguenti criteri: funzionalità al piano dell'offerta formativa delle singole scuole; pluriennalità e stabilità per garantire la continuità della didattica e dei servizi.
Secondo la FLC questa operazione di stabilizzazione del lavoro precario oltre a dare soluzione al problema risulterebbe conveniente all'amministrazione pubblica anche da un punto di vista economico: "Consideriamo che nei prossimi tre anni andranno in pensione all'incirca 70 mila docenti con una fascia retributiva media di 28/35 anni. Il loro costo si aggira sui tre miliardi di euro circa. Se al loro posto fossero assunti corrispondente numero di docenti con relativa ricostruzione di carriera il costo sarebbe di 2 miliardi e mezzo con un risparmio comunque di 500 milioni di euro".

15 dicembre 2010