Per dare piena libertà alle imprese
Primi passi del governo per modificare gli artt. 41 e 118 della costituzione
Confindustria d'accordo

Lo aveva preannunciato Berlusconi, in una nota di Palazzo Chigi, ventilando un misterioso "grande progetto" del governo di "liberalizzazione delle attività economiche" e lo ha confermato il giorno dopo con più particolari il ministro dell'Economia Tremonti: "Modificheremo la Costituzione per liberare le imprese dai lacci della burocrazia".
L'annuncio del gerarca Tremonti è stato fatto il 5 giugno durante il vertice del G20 di Busan in Corea. Nel mirino del governo è l'art. 41 della Costituzione, che così recita: "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno a sicurezza, libertà, dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali".
Secondo Berlusconi e Tremonti l'articolo andrebbe modificato per consentire, ha detto il ministro, "la sospensione di 2-3 anni delle autorizzazioni per le pmi (piccole e medie imprese), per la ricerca e le attività artigiane, con controlli e verifiche da fare ex post": "Non si tratta di liberalizzazioni o di privatizzazioni perché non si cambia il sistema dall'interno ma di una rivoluzione liberale che renda possibile tutto ciò che non è proibito", ha aggiunto Tremonti sintetizzando poi per i giornalisti questo progetto con il principio "tutto è libero tranne ciò che è vietato".
L'idea - ha precisato una settimana dopo Tremonti all'assemblea dei giovani di Confindustria a Santa Margherita Ligure - è quella di un provvedimento straordinario, da adottare subito fin dal prossimo Consiglio dei ministri, per abolire tutte le autorizzazioni e i controlli preventivi all'apertura di imprese, da legalizzare solo successivamente con una modifica costituzionale da approvare con la procedura più lunga prevista dall'articolo 138. "Ci sembra che l'iniziativa proposta dal governo di una modifica Costituzionale a favore della libertà di impresa, che renda possibile spezzare il nodo gordiano degli adempimenti amministrativi, possa avere aspetti grandemente positivi", gli ha risposto entusiasticamente la presidentessa dell'associazione padronale Federica Guidi: "Da anni, da questo palco, auspichiamo la deforestazione normativa del nostro Paese", ha aggiunto la Guidi auspicando che "questa misura diventi una priorità per il governo". Berlusconi ha poi rinnovato la promessa di Tremonti intervenendo il 16 giugno all'assemblea della Confcommercio.

Al via due ddl governativi
Detto fatto. Il 18 giugno il Consiglio dei ministri ha dato infatti un primo via libera al progetto esaminando due schemi di disegni di legge (ddl) preparati da Tremonti: uno ordinario che "semplifica drasticamente" l'avvio di attività imprenditoriali; l'altro, di modifica costituzionale, che - continua il comunicato di Palazzo Chigi - "propone una rivisitazione in senso liberista degli articoli 41 e 118, comma quarto, della Costituzione. Lo spirito che informa il disegno di legge di modifica della Costituzione è improntato alla massima rimozione, ove possibile, di ostacoli che si frappongano fra il libero imprenditore e la realizzazione dell'intrapresa, esaltandone la responsabilità personale nonché il ruolo dei livelli territoriali di governo nel concorso alla realizzazione dell'iniziativa economica".
In sostanza il 41 verrebbe modificato per introdurre il principio della "responsabilità personale in materia di attività economica non finanziaria", vale a dire aprire attività senza permessi, con una semplice autocertificazione e con controlli solo successivi da parte dello Stato e degli Enti locali. E con la modifica del 118 Stato ed Enti locali sono obbligati a riconoscere ed estendere "a tutte le ipotesi in cui è ragionevolmente applicabile", l'istituto della segnalazione di inizio attività e quello dell'autocertificazione. E questo varrà per tutti i casi, anche in materia urbanistica, se entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge gli enti competenti non avranno reso pubblico l'elenco dei casi esclusi dalle semplificazioni.
Perché il neoduce e il suo gerarca Tremonti hanno iniziato questa crociata contro l'art. 41 della Costituzione, quando è ben noto che di esso è sempre e solo stata applicata la prima parte, quella che sancisce la piena libertà dell'iniziativa privata, mentre della seconda, che rimanda vagamente a principi astratti di "utilità sociale" e di "dignità umana", i governi e i politicanti della destra e della "sinistra" borghese se ne sono sempre allegramente infischiati? Non sarebbe bastata la sola via ordinaria per abolire ogni sorta di vincoli alla "intrapresa privata" e alla speculazione edilizia?

Mano libera al capitale
Per capirlo occorre intanto osservare che la seconda parte dell'art. 41, per quanto anche solo dal punto di vista formale, rappresenta comunque un richiamo a principi e diritti che la classe dominante borghese italiana considera ormai intollerabili e da abolire per essere competitiva nell'economia di mercato globalizzata e iperliberista di oggi. Come dimostra il caso dell'accordo capestro imposto da Marchionne agli operai di Pomigliano, e che è destinato a fare da apripista per l'abolizione del diritto di sciopero e di altre fondamentali conquiste operaie in tutto il Paese, inclusa la cancellazione della contrattazione collettiva e dello Statuto dei lavoratori, che sono già state avviate da questo governo neofascista con la complicità dei sindacati gialli di regime, CISL, UIL e UGL. Non a caso, parlando dal palco "amico" della festa della CISL, il gerarca Tremonti ha esaltato l'accordo capestro di Pomigliano - in pratica lavoro (sempre più schiavizzante) in cambio della rinuncia ai diritti, con queste significative parole: "Con la globalizzazione è finito il conflitto tra capitale e lavoro. Io, tra la dialettica continua di questo conflitto e l'economia sociale di mercato, non ho dubbi: la via giusta è quella dell'economia sociale di mercato, quella di Pomigliano".
Un altro obiettivo non secondario dell'attacco all'art. 41 è che esso sta nella prima parte della Carta (Titolo III, Rapporti economici), e manometterlo serve anche a creare un precedente per far cadere ufficialmente il tabù (peraltro già infranto di fatto in tutta una serie di punti) dell'intangibilità della prima parte della Costituzione, facilitando al neoduce Berlusconi la controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della stessa. In questo quadro è vergognoso l'atteggiamento imbelle e pilatesco di Bersani, che sottovalutando gravemente il disegno liberista e fascista che c'è dietro l'attacco all'art. 41, si è limitato a definire "bolla di sapone" e "propaganda" l'iniziativa del governo perché "non serve scomodare la Costituzione per avere più libertà di impresa, ma basta una norma per autocertificare".
Per non parlare dell'ala più liberista del suo partito, che si è fatta addirittura avanti per convenire con Berlusconi e Tremonti sulla necessità di revisionare l'art. 41. Magari non tanto, come ha scritto il giuslavorista Pietro Ichino sul Corriere della Sera del 10 giugno, per agevolare la libertà di impresa che questo articolo non ostacola affatto, quanto perché "una sua riscrittura parziale sarebbe opportuna per introdurre un principio come l'antitrust", principio atto a favorire le liberalizzazioni e le privatizzazioni tanto care ai governi della " sinistra" borghese. E già che ci siamo anche per abolire la terza parte dell'articolo, che al liberista piddino Ichino, come a Berlusconi e Tremonti, appare obsoleta e da aborrire perché richiama "fantasmi del passato" come la programmazione economica e l'intervento dello Stato in economia.

23 giugno 2010