Prima condanna al processo anticomunista di Phnom Penh
Una farsa dell'illegale tribunale internazionale dell'Onu lunga mano dell'imperialismo

Il tribunale internazionale dell'"Onu a Phnom Penh ha emesso lo scorso 25 luglio la prima condanna contro un ex esponente dei Khmer rossi, Kaing Guek Eav, alias Duch. La corte lo ha condannato a 35 anni di carcere, ritenendolo colpevole almeno in parte della morte di circa 15 mila persone recluse nella prigione di Tuol Sleng, nota con la sigla S-21, vicino a Phnom Penh, della quale era stato il responsabile nel quadriennio 1975-79. Per salvare la pelle non ha denunciato le falsità delle accuse e si è giustificato dicendo che aveva soltanto "eseguito degli ordini".
Quello a Kaing Guek Eav è stato il primo verdetto del tribunale voluto e gestito dall'imperialismo, attraverso l'Onu, per giudicare i supposti "crimini" compiuti in Cambogia nel quadriennio nel quale il Paese, allora Kampuchea Democratico, era sotto il governo diretto da Pol Pot. È un processo illegittimo e illegale nel quale ha la parola solo l'accusa, che a distanza di 30 anni mette alla sbarra ex dirigenti del Kampuchea Democratico e del Partito comunista del Kampuchea (Pck).
I khmer rossi guidati da Pol Pot hanno liberato il loro Paese dall'imperialismo americano e dalla cricca di Lon Nol, cacciati dalla capitale il 17 aprile 1975 dall'esercito rivoluzionario del Kampuchea. Il Kampuchea sarà il primo Paese dell'Indocina a riportare la vittoria sull'imperialismo americano. Una volta portata a termine con successo la fase della rivoluzione nazionale democratica hanno iniziato quella della difesa del Kampuchea, della continuazione della rivoluzione e l'edificazione del socialismo nel Paese. Hanno difeso fino alla fine quell'esperienza troncata l'1 gennaio 1979 dall'aggressore vietnamita, spinto dall'allora socialimperialismo sovietico. Che coi carri armati insediò a Phnom Penh un governo fantoccio e lo tenne in piedi fino agli accordi di pace di Parigi del 1991, anche se la Resistenza continuò fino al '98. Al seguito degli aggressori si trovava Hun Sen che di lì a poco prenderà la guida del regime, che mantiene tutt'oggi, e che in poco tempo si caratterizzerà per la corruzione, i traffici di armi e droga, la prostituzione infantile che hanno riportato il Paese nelle tenebre del passato sotto la dominazione imperialista.
Hanoi e Mosca per tentare di giustificare l'aggressione tiravano in ballo tra l'altro i presunti massacri del legittimo governo kampucheano, trovando sponda tra i reazionari ma in quel momento non alla Casa Bianca; la "guerra fredda" non era ancora finita. L'imperialismo americano e l'Onu condannarono l'invasione. All'assemblea generale dell'Onu una larga maggioranza di paesi mantenne fino al 1991, all'accordo di pace, il riconoscimento del Kampuchea Democratico quale governo legale della Cambogia.
Con la caduta del muro di Berlino e il passaggio di Hun Sen nel campo imperialista cadevano anche le remore di Usa e Onu che hanno messo a disposizione di Phnom Penh circa 50 milioni di dollari per allestire la farsa processuale, anche se parte di essi sono spariti nelle tasche dei corrotti dirigenti cambogiani.
La corte è stata costituita con 17 giudici di nazionalità cambogiana e 13 provenienti da 10 diversi Paesi, una maggioranza di giudici del paese interessato, come preteso dal regime cambogiano, che rappresentava una significativa eccezione rispetto gli analoghi tribunali dell'Onu (Ruanda, ex Jugoslavia, Sierra Leone e Timor Est) che hanno una maggioranza di giudici stranieri. Come cambogiane sono le regole giudiziarie, le regole di un sistema giudiziario ritenuto dalle organizzazioni per i diritti civili corrotto e di fatto uno strumento al servizio del regime.
La competenza del tribunale era limitata solo a quanto era accaduto tra il 17 aprile 1975, giorno dell'ingresso dei khmer rossi in Phnom Penh, e il 6 gennaio 1979, un giorno prima dell'ingresso nella capitale delle truppe vietnamite. In altre parole il tribunale è stato costituito per giudicare solo i "vecchi leader della Kampuchea Democratica" e "coloro che sono stati i principali responsabili" (dal testo istitutivo approvato dal regime di Phnom Penh), una "giustizia selettiva" per un processo politico che chiamerà alla sbarra, dopo Kaing Guek Eav, l'ex capo di Stato Khieu Samphan, gli ex ministri Ieng Sary e Ieng Thirith, e Nuon Chea. Costoro hanno abbandonato Pol Pot che è morto il 15 aprile 1998. Altri dirigenti ex Khmer rossi rinnegati che fanno parte del governo attuale, a partire dal premier Hun Sen che disertò alla fine del 1978, alla vigilia dell'aggressione vietnamita, non saranno processati.
Il tribunale non ha competenza sui crimini commessi durante l'aggressione dell'imperialismo americano, dal '69 al '75, ordinata dall'allora presidente Nixon e dal suo consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger. Solo nel 1973, con l'escalation dell'intervento diretto degli Usa in Cambogia, i B-52 americani sganciarono sulla popolazione del Paese più bombe di quante ne furono sganciate sul Giappone durante tutta la seconda guerra mondiale, l'equivalente di cinque volte Hiroshima, causando almeno 600.000 morti. Nixon è morto ma Kissinger, Nobel per la pace nel 1973 per l'avvio della composizione del conflitto col Vietnam, non è alla sbarra a Phnom Penh ma siede tra i consiglieri di Obama.
Il tribunale non ha competenza sull'invasione vietnamita e l'occupazione dal 1979 al 1991 e sul milione di morti stimati nella repressione della resistenza appoggiata dalla popolazione.
Il processo a Kaing Guek Eav era iniziato il 17 febbraio del 2009. Nell'occasione gli organi di informazione imperialisti e revisionisti tirarono fuori di nuovo le calunnie sugli "orrori" del Kampuchea Democratico e i quasi due milioni di vittime. Nascoste tra le notizie troviamo anche quella del fatto che solo un migliaio di cambogiani avevano deciso di costituirsi come parti lese o testimonianze come quelle raccolte dalla Croce Rossa Internazionale nella regione di Anlong Veng, ultimo quartier generale dei khmer rossi, dove i contadini affermavano che "il governo di Phnom Penh ci ha tolto tutto quello che i khmer rossi ci avevano dato, scuole, ospedali, riso. Come possiamo dirci felici di essere tornati sotto Phnom Penh?".
Per quanto ci riguarda il giudizio su queste vicende resta quello espresso nell'articolo "Onore a Pol Pot", pubblicato su Il Bolscevico n. 17/ 1998, in occasione della sua morte.

1 settembre 2010