Nella conferenza stampa di fine anno
Prodi magnifica il suo governo liberista, clericale e interventista
Resteremo in Afghanistan. No ai Pacs e all'eutanasia. Riaprire il dialogo sulle "riforme istituzionali"
"Occorre adeguare il sistema pensionistico ai mutamenti demografici"
Macché "fase 2", macché "scossa", il suo governo non ha sbagliato una mossa e lui tirerà dritto, "in assoluta continuità" con la sua politica liberista in campo economico, stangatrice e clericale in campo sociale e interventista in politica estera, incurante della protesta popolare montante e del rapido calo di consensi della sua maggioranza; ma stando attento, da vecchio politicante democristiano qual è, a non esporsi troppo sui temi più scottanti all'ordine del giorno. Questo il succo della prima conferenza stampa di fine anno che Prodi ha tenuto il 28 dicembre a Roma, in cui ha fatto il bilancio dei suoi primi sette mesi di governo e annunciato i suoi propositi per il 2007.
Già nel suo discorso introduttivo ha dipinto un quadro idilliaco di questo bilancio, affermando che "i due grandi obiettivi di questo governo", e cioè la "crescita economica e sociale" del Paese e l'"equità", sono già state avviate, l'economia "comincia a svegliarsi" e l'Italia "ha finalmente riacquistato un ruolo internazionale" e una statura di "paese trainante nella politica dell'Unione Europea". Quanto alla Finanziaria, "che tante polemiche ha suscitato", essa è invece per l'economista democristiano "una manovra forte" e anche "appropriata", e se ha portato "inquietudini e anche qualche incomprensione" (sic), è una manovra "che riporterà di nuovo l'Italia fra i grandi protagonisti della vita europea". E a dimostrazione di ciò il premier si è vantato che non solo la sua Finanziaria non ha aumentato le imposte (certo non direttamente, ma attraverso i tagli ai comuni, i ticket e gli aumenti tariffari, eccome!), ma soprattutto che essa ha regalato alle imprese "il più corposo incentivo che sia mai stato dato", con ben 5 miliardi di euro per il 2007 e 9 nel 2008.
Tutto va bene madama la marchesa, insomma! Il 2007, ha sottolineato infatti Prodi, sarà l'anno della "svolta", e il governo proseguirà con questa politica liberista che avrà come obiettivi prioritari l'accelerazione delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni, l'apertura del mercato italiano a maggiori investimenti esteri, una più accentuata politica familistica di stampo cattolico. Tutto ciò accompagnato da misure demagogiche, annunciate solo per gettare fumo negli occhi, come una "nuova politica ambientale", il "rilancio della ricerca", la "difesa del potere d'acquisto del cittadino-consumatore", la "riduzione drastica dei tempi della giustizia", e così via: cioè quelle cose - guarda caso - già ignorate o addirittura colpite e penalizzate dalla sua politica e dalla Finanziaria, e che per questo avevano suscitato forti proteste nel Paese e fatto calare il consenso popolare nei confronti del suo governo.
Nelle risposte alle domande dei giornalisti Prodi ha continuato sostanzialmente su questa linea autoassolutoria, ricorrendo a tutta la sua esperienza di vecchio volpone democristiano per barcamenarsi senza esporsi troppo sulle domande più imbarazzanti. Esemplare a questo proposito la risposta che ha dato sulle pensioni, e in particolare sulla proposta dei "disincentivi" per scoraggiare i pensionamenti di anzianità
sostenuta da Padoa Schioppa (e da lui stesso fino a pochi giorni prima, come gli ha ricordato la Confindustria): "Voglio tranquillizzare tutti gli italiani perché la riforma grossa, corposa delle pensioni noi l'abbiamo già fatta con il primo governo Amato, con il governo Dini e con il mio precedente governo", ha detto infatti il premier, aggiungendo che quindi non servono disincentivi ma semmai incentivi per chi vuol rimanere al lavoro. Ma subito dopo ha aggiunto sibillinamente che occorre però "affinare il sistema, che va adattato soprattutto ai mutamenti demografici", col che ha riaperto uno spiraglio ai falchi della Confindustria e a quanti nella maggioranza premono per un innalzamento dell'età pensionabile, pur ottenendo anche il plauso dei dirigenti falsi comunisti di Rifondazione e del PdCI e dei vertici sindacali.
Stesso comportamento gesuitico sui Pacs e sull'eutanasia, quando a specifiche domande su questi temi ha risposto che il governo lavora per il "riconoscimento dei diritti civili alle convivenze", ma anche che su questo intende procedere con i "limiti ed i confini precisi definiti nel nostro programma", che appunto non prevede i Pacs; mentre a proposito del caso Welby e dello spietato rifiuto della chiesa di concedergli i funerali religiosi, Prodi se l'è cavata con un capolavoro di ipocrisia democristiana, dichiarandosi contrario tanto all'eutanasia quanto all'accanimento terapeutico, rifiutandosi di "entrare nel merito delle scelte dell'autorità ecclesiastica" e rimettendosi per il resto alla "grandezza della misericordia di Dio"!
Con lo stesso atteggiamento ipocrita e opportunista se l'è cavata anche su altre domande imbarazzanti, come per esempio sull'impiccagione di Saddam, che ha criticato non perché illegale dato il contesto in cui è stata decretata dal governo fantoccio iracheno, ma perché "avrebbe più effetti negativi che positivi", e alla domanda se intendesse fare un passo politico in sede internazionale per scongiurare l'esecuzione, poi eseguita di lì a poche ore, è riuscito solo a bofonchiare che la questione era "complicata", che "al momento non è ancora matura una situazione di questo tipo" e altre banalità del genere. E, sempre per fare un altro esempio, sulla domanda se fosse favorevole ad intitolare una strada a Craxi, alla quale ha risposto che non sarebbe contrario a intitolargli una strada a Sigonella.
Sulla sostanza della sua linea politica liberista, presidenzialista e interventista, però, ha riaffermato di voler tirare dritto infischiandosene delle critiche, e a chi gli ha ricordato le pressioni di certi alleati come Fassino e D'Alema per passare a una "fase 2" della politica di governo, il premier democristiano ha risposto infastidito che non ci sarà nessuna "fase 2" ma una "assoluta continuità" nella politica del suo esecutivo. Quanto alla "sinistra radicale", nessun problema. Come farà a convincerla a votare per il rifinanziamento della missione in Afghanistan, per la "riforma" delle pensioni, per le liberalizzazioni, ecc.? "Esattamente come ho fatto finora", ha risposto seraficamente Prodi, ribadendo che per quanto riguarda in particolare l'Afghanistan "è un impegno preso dal nostro Paese. Una missione che abbiamo deciso di mantenere e manteniamo".
Di sbagli l'economista democristiano non è disposto ad ammettere di averne fatti, se non che tornando indietro nominerebbe "qualche sottosegretario in meno" e "qualche donna in più". E mentre respinge ogni critica al suo operato, sordo alle proteste che già si levano alte dalle piazze, dalle fabbriche e dalle scuole, tende la mano alla Casa del fascio per riprendere il dialogo sulle "riforme istituzionali", a partire dalla legge elettorale, perché su questi temi, ha detto conciliante, "la convergenza è obbligatoria".

4 dicembre 2007