Prodi: "No al ritiro immediato delle truppe italiane dall'Iraq"
Dopo le dichiarazioni del neoeletto premier spagnolo Zapatero, che aveva confermato l'intenzione di ritirarsi dall'Iraq entro il 30 giugno in assenza di un intervento dell'Onu, Bush si era rivolto allarmato agli alleati europei scongiurandoli di non ritirare le truppe. Anche il candidato democratico Kerry si era rivolto a "mister Zapatero" chiedendogli di "riconsiderare la sua posizione". La risposta, a stretto giro di posta, è arrivata da mister Romano Prodi, che in qualità di presidente della Commissione europea, ma anche di candidato premier del "centro-sinistra" in Italia, ha voluto rassicurare sia l'Hitler della Casa bianca che il suo aspirante successore, che egli non pensa affatto a chiedere il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq.
Prodi lo ha detto chiaro e tondo intervenendo telefonicamente il 17 marzo all'assemblea delle Confcooperative: "Contro il terrorismo serve una risposta dura ma anche politica, che passa attraverso la soluzione del conflitto israelo-palestinese e un sostegno al ruolo dell'Onu, senza che questo significhi il ritiro immediato delle truppe italiane dall'Iraq". Ipocritamente ha poi ammesso che "a un anno dall'inizio della guerra in Iraq dobbiamo verificare che il pericolo terrorismo non è diminuito". Il che è esattamente l'opposto di quanto sostengono i boia imperialisti Bush e Blair. Ma questo, si è subito precipitato ad aggiungere Prodi, "non vuol dire che le truppe italiane devono tornare immediatamente dall'Iraq: una cosa è partire una cosa è ritornare, ci sono anche dei doveri che si accumulano con lo svilupparsi di una missione".
Questa presa di posizione ha spiazzato gli stessi partiti del "centro-sinistra", che dopo la squallida vicenda del voto in ordine sparso in parlamento sul rifinanziamento della missione militare italiana in Iraq, divisi tra no e "non voto", avevano ritrovato una sorta di posizione comune coprendosi tutti dietro quella di Zapatero: cioè rinvio della richiesta di ritiro al 30 giugno in attesa di un "segnale di svolta" che veda un maggior coinvolgimento dell'Onu. Prodi, invece, non fa neanche menzione di questa data, dice puramente e semplicemente che un ritiro immediato è impensabile: cioè oggi, in questa fase politica, senza porre ulteriori scadenze future.
La sua posizione è tanto più grave perché se da una parte, come presidente della Commissione europea, suona di aperto sostegno alla coalizione imperialista capeggiata da Bush, che intruppa anche gli alleati europei Blair e Berlusconi, occupante illegalmente l'Iraq, dall'altra come leader dell'Ulivo suona di aperta sconfessione della manifestazione di Roma del 20 marzo, a pochi giorni dal suo svolgimento, convocata proprio per rivendicare il ritiro immediato delle truppe di occupazione.
è singolare che a 24 ore di distanza da questa dichiarazione, Berlusconi abbia ripetuto lo stesso concetto utilizzando quasi le stesse parole di Prodi: "Non è certamente portando a casa i soldati dall'Iraq - ha detto il neoduce - che si risolve qualcosa. Anzi, io credo che sarebbe esattamente il contrario. Questo sta a significare la nostra volontà di continuare decisamente nella lotta al terrorismo."
I due leader della destra e della "sinistra" della borghesia, per quanto avversari sul piano elettorale, marciano quindi perfettamente all'unisono quando si tratta di sostenere gli interessi dell'imperialismo italiano, europeo e occidentale.
24 marzo 2004