Presentato in parlamento
IL PROGRAMMA FASCISTA DEL NEODUCE BERLUSCONI
La dichiarazione programmatica con cui il 18 giugno Berlusconi si è presentato in parlamento per la fiducia è un concentrato di liberismo, neofascismo, presidenzialismo, federalismo, nazionalismo e razzismo senza precedenti dai tempi di Mussolini.
Fin dalle battute iniziali emerge con evidenza il piglio mussoliniano con cui il neoduce si accinge a governare il Paese, con quel "siamo qui per cambiare l'Italia", reiterato altre due volte alla fine del discorso, e rafforzato nella replica finale alla Camera con l'espressione "siamo qui e qui intendiamo restare", ripetuta anche in latino, che alla luce anche della proclamazione di voler essere "il presidente di tutti gli italiani", e della citazione compiaciuta della frase "la Repubblica progredisce nel segno dell'alternanza" con cui Ciampi, come il re fece con Mussolini, ha legittimato la sua investitura, assume un tono sinistro e delinea inquietanti analogie storiche con il primo gabinetto del duce del fascismo.
E il programma concreto di Berlusconi conferma in pieno l'impostazione fascista del cappello. Eccone una sintesi:

POLITICA ESTERA
Per quanto riguarda l'Europa Berlusconi intende proseguire nel solco già aperto dal "centro sinistra", per il rafforzamento e l'allargamento della Ue, in modo che, ha precisato nella replica al Senato, l'Europa "possa essere un soggetto politico capace di far sentire la sua voce sulla scena del mondo e di sostenere anche l'impatto con la potenza degli Stati Uniti". Ma al tempo stesso ha ribadito anche che "siamo con un accento speciale amici degli Stati Uniti d'America. In quell'amicizia indistruttibile stanno, infatti, le radici della nostra libertà e quell'alleanza tra pari (la Nato, ndr) che è il fondamento strategico della nostra sicurezza", per sottolineare che il suo impegno europeista non potrà mai mettere in discussione il nuovo asse privilegiato con Bush.
Berlusconi esalta il mercato globale imperialista come la cornucopia capace di generare spontaneamente "nuove occasioni di sviluppo e potenzialità immense di conoscenza e di ricerca". Spetta ai paesi ricchi, attraverso il G8, promuovere paternalisticamente lo sviluppo dei paesi poveri, purché "conducano politiche corrette", leggi si sottomettano ai diktat dell'imperialismo. In questo quadro, guai a chi oserà turbare lo svolgimento del vertice di Genova: non si deve disturbare il manovratore del mondo, dal momento che "i temi che vogliamo discutere nel G8 sono gli stessi che animano e muovono i cosiddetti contestatori". Perciò tutto dovrà svolgersi "nella più rigorosa esclusione di ogni forma di violenza e nella più gelosa tutela dell'ordine pubblico". Anche le "opposizioni si facciano carico" di ciò.

FEDERALISMO E PRESIDENZIALISMO
Per Berlusconi la prima questione da affrontare è la "riforma federalista dello Stato". Devoluzione e sussidiarietà sono le sue architravi. Quello che è già stato fatto dal "centro-sinistra" verrà rifatto "di più e meglio". Intendiamo "imprimere una svolta federalista alla macchina dello Stato, ridisegnando di conseguenza intere sezioni architettoniche dell'edificio pubblico", ha sottolineato il neoduce. Tra le materie che verranno per prime devolute alle Regioni vi saranno sanità, scuola e "sicurezza".
Naturalmente, aggiunge Berlusconi, una "riforma federalista" implica "una ridefinizione dei poteri e della stessa procedura di legittimazione dell'autorità centrale; implica cioè un rafforzamento netto del potere dell'esecutivo e del suo vertice. Pensiamo, in definitiva, al federalismo per valorizzare le energie locali e al tempo stesso ad un moderno presidenzialismo per garantire l'unità della nazione".
Nella replica al Senato, per rispondere ai sospetti di "plebiscitarismo" e "populismo" sollevati timidamente dall'ex presidente del Senato, Mancino, Berlusconi ha finito per far emergere ancor più chiaramente il suo incontenibile presidenzialismo neofascista: "Non siamo né plebiscitari né populisti - ha detto infatti - ma non per questo rinunciamo a polemizzare con una concezione abusata e deteriore del partito politico inteso non come mediatore, ma come intercapedine-barriera fra il governo e il popolo...La Repubblica progredisce nel segno dell'alternanza - come ha detto il presidente Ciampi - e sarebbe ora che tutti se ne accorgessero".
Nella replica alla Camera ha poi allargato ulteriormente questo cuneo tra il Berlusconi "eletto dal popolo" e i "vecchi partiti" e il parlamento, esaltando Forza Italia come un partito completamente nuovo e diverso dagli altri, perché formato da non professionisti della politica, e perciò portatori di una "nuova politica". Non siamo ancora all'"aula sorda e grigia" e ai "manipoli" di mussoliniana memoria, ma poco ci manca.

POLITICA FISCALE ED ECONOMICA
Come promesso al grande capitale e ai ceti più abbienti, che lo sostengono e lo pompano apertamente, al primo posto del programma berlusconiano c'è la riduzione della pressione fiscale. L'aliquota massima per i redditi più alti scenderà al 33 per cento, con un risparmio netto fino al 15 per cento per i ricchi e ricchissimi del Paese. Le imprese beneficieranno ancora degli sgravi fiscali della legge Tremonti, del condono tombale dell'evasione contributiva per far "emergere il sommerso", di ulteriori misure per incrementare la "flessibilità" del mercato del lavoro.
Il governo promuoverà la competitività del sistema, con "una politica dei redditi che ci salvaguardi dal rischio dell'inflazione" e attirando in Italia "una quota maggiore di investimenti esteri". "Dobbiamo premiare il merito, la voglia di lavorare, di intraprendere, di progredire", è la parola d'ordine di Berlusconi. In questo quadro si inserisce anche la politica delle "grandi opere individuate dal nostro piano decennale" (tra cui il ponte sullo stretto di Messina, già approvato dal "centro-sinistra", ndr). A chi paventa a ragione un'altra gigantesca colata di cemento come quella che ha già sommerso mezzo Paese all'epoca dei governi DC, Berlusconi manda a dire seccamente: "Respingiamo con forza la filosofia integralista secondo la quale la tutela dell'ambiente è incompatibile con la realizzazione di grandi opere pubbliche".

POLITICHE SOCIALI, IMMIGRAZIONE
Per le politiche sociali il governo ha già pronta (staremo a vedere) la misura demagogica dell'aumento delle pensioni più basse a un livello minimo di un milione. Al resto penserà il mercato. Sì, perché gli sgravi fiscali sui redditi più alti faranno aumentare i consumi e gli investimenti, e l'elemosine ai più bisognosi favoriranno l'indispensabile "coesione della società": "L'economia sociale di mercato è poi questa e, come tutte le grandi idee, è qualcosa di semplice: più libertà e più solidarietà", proclama compiaciuto il neoduce spiattellando la sua concezione iperliberista e al tempo stesso neocorporativa e mussoliniana della "solidarietà". Che poi va di concerto con la sua politica per la famiglia, alla quale sarà mirata "tutta la nostra politica, dalla fiscalità ai fondi pensione, dagli asili nido ai contratti di lavoro", perché - proclama mussolinianamente il neoduce - la famiglia è il "fondamento di un nuovo patto sociale", il "fattore di solidarietà tra le generazioni", la "sorgente di valori positivi e cellula primaria della società".
Quanto alla politica sull'immigrazione, da una parte il neoduce pigia sul tasto leghista e razzista della "sicurezza", della militarizzazione del territorio, dell'inasprimento delle pene per i reati minori ecc., dall'altra annuncia un giro di vite sui flussi di immigrati, da limitare strettamente alle esigenze economiche e produttive del capitalismo, e mano ancor più pesante sui clandestini.

DIFESA, GIUSTIZIA, SANITA', SCUOLA
Per la difesa Berlusconi intende portare ancor più avanti l'esercito professionale mercenario già impostato dal "centro-sinistra", per sostenere i sempre più crescenti impegni militari dell'Italia all'estero. Su questo, richiamandosi anche all'orgia di nazionalismo suscitata da Ciampi con la parata militare del 2 giugno, ha chiesto la collaborazione bipartisan del-l'"opposizione'; che è sembrata ben felice di concedergliela, visto il disgustoso applauso con cui si è unita ai neofascisti quando Berlusconi ha ricordato "i nostri ragazzi in missione nel mondo".
"L'obbligatorietà dell'azione penale e l'autonomia della magistratura sono principi del nostro ordinamento", ha detto poi Berlusconi, aggiungendo però subito: "ma sono anche problemi da risolvere". E in questa minacciosa allusione c'è tutto un programma, già pronto da tempo, al quale ha collaborato anche il neoeletto presidente della Camera, Pera, che vuole mettere finalmente mano a un lavoro che il plurinquisito Berlusconi, sulle orme di Craxi e della P2, ha in testa da anni: subordinare la magistratura al potere esecutivo.
Sanità e scuola sono i due settori più destinati a essere rivoltati come calzini dal programma berlusconiano. Privatizzazione, federalismo, devoluzione, sussidiarietà e familismo saranno i rulli compressori usati dalle truppe del neoduce: "Sapere e cura: queste sono le frontiere principali sulle quali lo statalismo non serve più; sono questi i sentieri sui quali promuovere una nuova centralità della famiglia e dell'uomo, e una più avanzata idea di libertà", ha tuonato Berlusconi nella replica alla Camera annunciando quale sarà il futuro prossimo di queste due fondamentali strutture sociali: libertà di scegliere dove, come e da chi curarsi, per chi ha i mezzi economici. Per tutti gli altri una sanità pubblica da Terzo Mondo. Libertà di scegliere di studiare in scuole private e confessionali, finanziate con denaro pubblico, oppure in scuole pubbliche d'élite sempre più privatizzate, per chi ha i mezzi. Tutti gli altri in scuole pubbliche ghetto destinate a una sopravvivenza sempre più grama e marginale.
Non è dunque senza fondato motivo che il nuovo teorico del ducismo berlusconiano, Paolo Guzzanti, abbia scritto sul "Giornale" del 21 giugno: "Il presidente del Consiglio ieri ha riscosso la fiducia della Camera alta, ma di fatto ha inaugurato la nuova era della nostra democrazia, la vera seconda Repubblica. Non soltanto con un nuovo governo, ma varando una nuova Costituzione di fatto al posto di quella formale". Come avveniva per la dittatura mussoliniana, il 2001 è considerato da costoro l'anno zero della seconda repubblica neofascista.