Nel livore più vomitevole del governo del neoduce Berlusconi
Protesta dei magistrati all'inaugurazione dell'anno giudiziario
I giudici: "altro che processo breve: ci vogliono più magistrati, più personale amministrativo e più risorse"

Nel giorno dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, sabato 30 gennaio, in un clima fortemente arroventato nei confronti del governo del neoduce Berlusconi a causa delle vergognose controriforme sulla giustizia (non ultima quella sul fantomatico "processo breve"), i magistrati hanno duramente protestato in tutte le 26 Corti di Appello italiane dove si svolgeva il cerimoniale di rito. Vestiti della toga e con in braccio la Costituzione, i giudici aderenti all'Associazione Nazionale Magistrati (ANM) si sono allontanati progressivamente in massa dalle aule delle inaugurazioni in contemporanea con l'inizio dei discorsi dei vari rappresentanti dell'esecutivo nero attuando una ferma e dura protesta contro la tracotanza e la prepotenza della maggioranza di governo sui temi della giustizia.

La dura protesta dei giudici a L'Aquila
Particolarmente intensa è stata la protesta dei giudici abruzzesi: hanno indossato non la tradizionale toga rossa ma nera in segno di lutto per le vittime del terremoto che ha devastato quasi un anno fa l'Abruzzo e contro il ministro di Giustizia, Angelino Alfano. Guidati dal responsabile abruzzese dell'Anm, Giampiero Bellelli, e dal sostituto procuratore della Repubblica di Pescara, Giuseppe Di Florio, i magistrati non hanno mancato, nel momento esatto in cui Alfano giungeva al microfono, di abbandonare silenziosamente l'aula, lasciando il ministro a pronunciare il suo discorso praticamente da solo.
Bagnate da una ipocrisia senza pari le frasi dette dal ministro della Giustizia che ha fatto un subdolo richiamo al rispetto dei poteri legislativo e giudiziario: "consideriamo il recinto della giurisdizione come un recinto sacro e inviolabile all'interno del quale si opera la tutela e l'autonomia dell'indipendenza della magistratura. I giudici sono soggetti solo alla legge e la legge la fa il Parlamento libero, democratico, sovrano, espressione del popolo italiano": un tutt'altro che sibillino avvertimento ai togati presenti a non alzare la voce contro le leggi imposte (più che volute) dal governo del duce di Arcore.

Aule deserte in tutta Italia
Quello che si sono trovati i rappresentanti del governo è stato un "paesaggio" desolante: aule deserte, sedie vuote, pubblico assente: così è accaduto a Firenze quando l'ex magistrato di destra Arcibaldo Miller, rappresentante del ministero della Giustizia, ha pronunciato il discorso con in contemporanea un gruppo di magistrati, aderenti all'Anm, che lasciava l'aula bunker di Santa Verdiana, mentre fuori dall'aula, un gruppo di familiari delle vittime della strage ferroviaria di Viareggio manifestavano contro lo svolgimento dell'inchiesta sul disastro, che a sette mesi dal fatto non vede ancora indagati.
A Torino, il presidente della Corte d'Appello, Mario Barbuto, ha affermato a chiare lettere che ''la durata ragionevole del processo è la mia ossessione, ma la disciplina del processo breve non è opportuna, perché, è sufficiente l'attuale regime indennitario e, nel caso penale, l'estinzione del processo". In Calabria, il Presidente Vicario della Corte di Appello di Catanzaro, Gianfranco Migliaccio, sottolinea che c'è il rischio che "la riforma della giustizia venga bloccata da un clima di sospetto fra le forze politiche e da opposti pregiudizi'' e rileva la necessità che "la struttura della macchina della giustizia venga adeguatamente rafforzata, aumentando il numero di magistrati e personale amministrativo nonché le risorse materiali''.
Da Firenze, il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, ha chiesto al governo uno "sforzo straordinario'', nonostante "le difficoltà finanziarie'', per trovare "i mezzi necessari per rafforzare le procure e gli uffici giudiziari, ma anche le strutture di supporto all'amministrazione della giustizia''. "Oggi per la magistratura italiana è una giornata importante: abbiamo dimostrato di essere uniti e compatti, non importa quanti hanno manifestato il pacato dissenso anche una sola persona basta": questo il commento del presidente dell'associazione, Luca Palamara, che ha continuato precisando che in "molte città come Roma, Milano, Torino, Napoli e Palermo, abbiamo registrato una massiccia e composta adesione ad una iniziativa che non è rivolta contro una persona ma contro una politica. In questo modo non si può andare avanti senza riforme della giustizia e con insulti: i magistrati italiani oggi dicono basta".

Le risposte livorose di Alfano
Mentre Mancino conclude il suo discorso mestamente ripetendo la solita cantilena (ossequiosa dei voleri del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano) di chiedere una "normalizzazione'' del rapporto fra politica e giustizia, "che è sempre conflittuale'' (sic!), non sono mancate le repliche velenose e livorose del rappresentanti del governo. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha detto che quando "le critiche sono cieche e non si associano ad alcun riconoscimento, allora sono meno credibili: alcuni magistrati si sono mostrati poco rispettosi del Parlamento". E ancora: "mi pare che abbia registrato numerose defezioni ed è la prima volta che si verificano tutte queste defezioni in riferimento ad una protesta ed esse sono il termine di misura della irragionevolezza della protesta che ha come unica esigenza quella di avviare la campagna elettorale per il rinnovo del Csm". In conclusione il diktat neofascista: Alfano aggiunge che le riforme saranno fatte anche senza dialogare con l'Anm, perché è più utile "confrontarsi con i magistrati che operano sul campo", ascoltare dalla voce dei capi degli uffici le proposte per "abbattere le migliaia di processi che si sono accumulati".
Noi marxisti-leninisti appoggiamo con forza e fermezza la giusta e dura protesta dei magistrati togati contro l'arroganza del governo del neoduce Berlusconi e dei suoi lacché che questa volta hanno avuto una dura e sonora batosta dal punto di vista sostanziale ma anche dell'immagine, alla faccia della pax arrendevole e collaborazionista invocata dal rinnegato del comunismo e compagno di merende del nuovo Mussolini, Napolitano.

3 febbraio 2010