La protesta degli operai inglesi inquinata dal nazionalismo e razzismo

Dal corrispondente dell'Organizzazione di Londra del PMLI
In Inghilterra si sta respirando un'aria davvero critica e preoccupante dovuta essenzialmente alla forte crisi capitalistica mondiale che sempre più sta colpendo a fondo questo Paese (oltre che il resto del mondo). Fino a qualche tempo era proprio l'Inghilterra che godeva di una "forte economia" e di una reputazione di Paese "immune da ogni virus di crisi".
La disoccupazione di massa è quasi a livelli dell'Italia (continui i licenziamenti e le perdite delle case da parte dei piccoli-medi proprietari) e le richieste di benefit (aiuti tipo sussidio statale) stanno aumentando spaventosamente.
In questi giorni si stanno svolgendo in Inghilterra e nel resto del Regno Unito manifestazioni e proteste per via della presenza dell'azienda siciliana IREM nel cantiere della raffineria Lindsey Oil della Total a Grimsby, nella regione nord del Lincolnshire. L'appalto è stato aggiudicato intorno ai primi di dicembre (la somma totale di tale progetto è di 220 milioni di sterline e la commessa è della compagnia americana Jacobs) e vede la IREM con un personale che conta una trentina di inglesi e qualche portoghese per un totale di circa il 15% di stranieri e il restante 85% di italiani.
Per i primi venti giorni i lavori si sono svolti senza alcun problema e senza "ostacoli" ma dopo è scoppiato il putiferio e molti lavoratori inglesi sono stati indotti a indirizzare il loro malcontento e disagio verso i lavoratori italiani, accusati di essere dei "ladri di lavoro", piuttosto che contro il sistema economico capitalistico e il governo laburista borghese di Gordon Brown che non ha adottato nessuna misura seria per combattere la disoccupazione e sostenere i redditi dei lavoratori. Salvo poi difendere l'Unione europea imperialista e capitalista e definire le proteste "non necessarie" anche se comprensibili. Il fascista e conservatore David Cameron, da parte sua, non ha mancato di soffiare sul fuoco.
In Inghilterra non si vedevano manifestazioni così dall'epoca di Margaret Thatcher e ora come allora c'è sempre chi cerca di fomentare e alimentare il razzismo e il nazionalismo piuttosto che la lotta di classe. Eppure, i lavoratori inglesi che prendono parte a tale protesta devono capire che gli operai italiani non sono loro nemici ma fratelli di classe e devono spingere i sindacati (inglesi e italiani) a collaborare in maniera seria nell'affrontare la faccenda. Inoltre devono occuparsene i governi dei due Paesi per trovare un accordo che concili gli interessi dei lavoratori inglesi e italiani.
La tesi secondo cui "gli stranieri lavorano a costi minori rubando l'impiego a gente del posto pluriqualificata e meritevole" è inaccettabile e reazionaria e viene fuori non solo quando tra i lavoratori manca la giusta coscienza e solidarietà di classe ma anche quando i sindacati non svolgono appieno il loro compito.
In ogni caso l'ultima cosa da fare è sostenere il nazionalismo reazionario e razzista. I lavoratori di tutti i Paesi devono restare uniti e battersi per la giusta causa per i comuni interessi di classe.
Ecco perché noi marxisti-leninisti italiani residenti a Londra denunciamo apertamente gli atteggiamenti errati e indotti e strumentalizzati dai padroni e dai governi borghesi.
Il capitalismo sta mostrando sempre più la sua natura distruttiva e oscurantista, in questo caso sta cercando di scaricare la crisi sulla classe operaia. Sta dunque ai lavoratori italiani e inglesi, nel nome dell'internazionalismo proletario, trovare la giusta soluzione e creare un fronte unito dove poter combattere il comune nemico capitalista anziché combattersi a vicenda.

4 febbraio 2009