Grazie a un accordo tra i socialisti e i democristiani l'europarlamento liberalizza il mercato dei servizi
Respingere il compromesso sulla Bolkestein
Hanno votato a favore Forza Italia, DS e la Margherita
Proseguire nella lotta contro la direttiva di Prodi. La Ue imperialista è irriformabile

Nonostante la forte mobilitazione di lotta a livello europeo, portata avanti da associazioni, sindacati e partiti, tra i quali il PMLI, sviluppata negli ultimi due anni e di cui le imponenti manifestazioni tenutesi l'11 e il 14 febbraio scorsi a Strasburgo, sono parte integrante, il parlamento dei 25 paesi dell'Unione europea ha approvato l'odiata direttiva Bolkestein che liberalizza (e privatizza) i servizi con 394 voti a favore, 213 contrari e 34 astenuti. Sia pure in prima lettura e quantunque parzialmente modificata, rispetto al testo messo a punto nel 2004 dal liberale Fritz Bolkestein, allora commissario al mercato interno nell'esecutivo guidato da Romano Prodi. Eh sì, non va dimenticato, il padre che tenne a battesimo la direttiva in questione, fu proprio l'attuale leader dell'Unione quando era a capo della Commissione Ue.
Con una logica consociativa e trasversale hanno votato a favore i gruppi del PSE (Partito socialista europeo) tra cui i DS di Fassino e D'Alema e quelli del PPE (Partito popolare europeo) tra cui Forza Italia di Berlusconi e UDC di Casini; con qualche defezione come i francesi e i belgi per i socialisti e i polacchi, gli ungheresi, gli slovacchi e i lituani per i popolari. Anche gran parte del gruppo ALDE (liberal-democratici) si è schierato a favore nel voto finale, mentre si è opposto da destra a tutti gli emendamenti. Non così la Margherita di Castagnetti che ha votato nei vari frangenti a favore, come i parlamentari italiani dei DS. Hanno bocciato la direttiva invece gli esponenti del PRC di Bertinotti, del PdCI di Diliberto e dei Verdi di Pecoraro Scanio. Anche la Lega di Bossi ha votato contro con motivazioni essenzialmente razziste e xenofobe. Si sono invece astenuti i fascisti di Alleanza nazionale. La Sinistra europea che aveva presentato un ordine del giorno di rigetto della direttiva ne è uscita sconfitta con 150 voti a favore e 460 contrari.

L'accordo tra PSE e PPE
Al varo della suddetta direttiva si è arrivati sulla base di un precedente accordo tra i socialisti e i democristiani europei per attenuare alcune asprezze e smussare alcuni angoli iperliberisti contenuti nel testo originario che avevano suscitato allarme e dissenso diffusi anche al centro e a destra dello schieramento politico. Tra i promotori più attivi per ottenere questo compromesso, si è distinto il PSE. Al termine delle votazioni, prima sugli emendamenti, e di seguito sull'insieme del documento, la relatrice socialista, Evelyne Gebhart, è arrivata a dichiarare: "Da un testo neoliberale è diventato un progetto della gente. La direttiva è stata ribaltata e collocata in un'ottica sociale". Questo perché sarebbero state apportate modifiche tali da far parlare di ex Bolkestein. Sulla stessa linea si è dichiarato il segretario generale della CES (Confederazione sindacale europea), Jonn Monks, secondo il quale "ben il 90% delle richieste di modifica presentate dalla CES sono state accolte".
Ma è così? È vero che con gli emendamenti approvati è stata cambiata natura alla direttiva? È vero che le modifiche apportate hanno superato positivamente le numerose obiezioni mosse dagli oppositori della direttiva che, non a caso, ne chiedevano il ritiro totale? È vero che sono stati annullati i rischi di dumping sociale? Quali sono le finalità del compromesso trovato tra i socialisti e i popolari, ossia tra i due gruppi parlamentari europei maggioritari? L'esame del testo uscito da Strasburgo non autorizza affatto queste conclusioni, non suffraga questi giudizi positivi, anzi! In realtà sono poste le basi per compiere un primo grave passo verso la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi, nell'ambito del mercato unico europeo. E poco importa se le modalità sono caratterizzate da un liberismo "temperato", invece che selvaggio. Liberalizzazione che non può non accentuare fino ai limiti estremi la competitività su un campo che non dovrebbe essere governato dalle leggi del mercato e del profitto capitalistici. Liberalizzazione che, oltre a mettere fuori gioco le prerogative delle amministrazioni locali, non può non spingere a uno sfruttamento intensificato della forza-lavoro.

La dizione di "paese di origine" diventa "libertà di prestazione di servizi"
La modifica più importante riguarda senz'altro la cancellazione del principio del "paese d'origine" che avrebbe consentito a una impresa di servizi di operare ovunque nel mercato unico europeo rispettando solamente le norme dello Stato di provenienza. L'esempio più volte riportato è quello di un'azienda edile o idraulica polacca o ungherese che viene e lavorare in Italia o in Francia attuando i suoi standard in materia di stipendi, norme contrattuali, sicurezza sul lavoro, protezione sociale. Standard assai più bassi di quelli in vigore nei paesi più ricchi. Ma ciò non basta per cantare vittoria. L'articolo 16 emendato contiene infatti la dizione di libertà per le imprese dei servizi di prestare la loro opera in tutti i paesi dell'Unione, i quali dovranno a loro volta, eliminare dalla propria normativa ostacoli e impedimenti burocratici.
La liberalizzazione è dunque passata, con esiti tutti da misurare. Appare vago e facilmente aggirabile il vincolo previsto per le imprese di rispettare le norme dei paesi ospitanti per ragioni di "interesse pubblico, di pubblica sicurezza, di protezione ambientale e di salute pubblica". Basti dire che sono previste delle deroghe in base alla "comprovata necessità, la proporzionalità allo scopo perseguito"; che è scomparso ogni riferimento agli obblighi e alle responsabilità delle imprese circa la politica sociale e la protezione dei consumatori; che non si fa menzione delle regole per il distacco dei lavoratori all'estero.

Inclusi i servizi di interesse generale
Molto, troppo ampio risulta il campo di applicazione della direttiva approvata. L'emendamento presentato dalla Sinistra europea, dai verdi e dai socialisti francesi e belgi di escludere i servizi di interesse generale, non è passato. Rientrano perciò nella Bolkestein il trattamento dei rifiuti, la gestione e la distribuzione dell'acqua, servizi sociali, i servizi educativi, quelli dell'istruzione, quelli relativi alla ricerca, quelli connessi ai servizi postali, già regolati da un'esistente direttiva, i servizi funerari, quelli specifici alla tutela dell'ambiente, dei consumatori, culturali, ad eccezione di quelli correlati strettamente alla tutela della diversità culturali o linguistiche, i servizi energetici, i servizi pubblicitari, i servizi di immagazzinamento e trasporto di sostanze pericolose.
Vi sono anche dei servizi che per ora sono esclusi dalla "libera prestazione" nell'ambito Ue, ma ciò non significa che non possono essere recuperati successivamente, nel corso del varo definitivo della direttiva. Essi sono: i servizi bancari e creditizi, i servizi pensionistici individuali; tutti i servizi fiscali o assicurativi, l'attività dei notai e dei pubblici ufficiali, e degli avvocati e operatori giuridici, i servizi di trasporto, compresi il trasporto urbano, i taxi, le ambulanze e i servizi portuali, i servizi medico sanitari prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria a prescindere dalle loro modalità di organizzazione o di finanziamento sul piano nazionale e della loro natura pubblica o privata, il gioco d'azzardo, i servizi audiovisivi a prescindere dal modo di produzione, distribuzione, trasmissione, inclusi i servizi radiofonici e cinematografici, i servizi sociali come l'edilizia sociale, l'assistenza ai figli e i servizi alla famiglia.
Sarebbe interessante approfondire i criteri che hanno portato alla su esposta suddivisione. Vi è l'impressione che certe esclusioni, come quelle delle libere professioni notarili e avvocatesche, siano frutto di pressioni lobbistiche.

La partita non è chiusa
La partita non è però chiusa. L'iter dell'approvazione della Bolkestein è solo alla prima battuta. Il testo approvato dal parlamento passa ora al vaglio del Consiglio della Commissione europea che ha almeno un anno di tempo. Dopodiché tornerà al parlamento europeo per l'approvazione in seconda lettura che dovrebbe deciderne anche l'entrata in vigore, prevista tra il 2009 e il 2011. C'è dunque tempo per proseguire la lotta nei singoli paesi interessati e sviluppare la contestazione nei confronti dei rispettivi governi. Utilizzando anche momenti di incontro internazionali come quello del Forum Sociale Europeo, in programma a maggio ad Atene. Mantenendo ferma la rivendicazione del ritiro totale della Bolkestein. Il compromesso raggiunto dal PSE e dal PPE non è accettabile e va respinto con determinazione. Noi auspichiamo che le forze politiche, sociali e sindacali, ivi comprese le amministrazioni locali, che sin qui si sono battute contro la direttiva non abbandonino la lotta e non rinuncino ad affossare il provvedimento liberista e antioperaio. Auspichiamo che nell'imminente congresso nazionale della Cgil emerga una posizione di condanna netta, se non da Epifani da coloro che dicono di rappresentare la sinistra sindacale, una posizione che, quantomeno, indichi nei "beni comuni fondamentali" un terreno non privatizzabile e non fonte di profitto.
Per noi la lotta contro la Bolkestein rientra nella lotta più generale contro la superpotenza imperialista europea. Diversamente da quanto propongono i falsi comunisti alla Bertinotti e alla Diliberto, in questo allineati con i riformisti socialdemocratici, noi pensiamo che, stante il sistema capitalistico, la Ue sia irriformabile, che quello dell'"Europa sociale", sia un falso e sostanzialmente irrealizzabile obiettivo riformista, poiché condizionato e subordinato alle esigenze di concorrenza con gli Usa e le altre potenze imperialiste emergenti come la Cina. Per noi il proletariato e le larghe masse popolari, non solo italiane ma anche europee devono battersi per il socialismo nei rispettivi paesi così da poter realizzare, un domani, la Repubblica europea socialista.

22 febbraio 2006