Retata di 17 membri della 'ndrangheta di Rosarno

Con un'operazione congiunta, all'alba del 12 gennaio le squadre mobili delle questure di Reggio Calabria e Bologna hanno eseguito l'ordinanza di custodia cautelare in carcere e di contestuale sequestro preventivo di beni mobili e immobili, attività commerciali individuali e societarie emessa dal Gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, Adriana Trapani, su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria a carico di 17 membri della 'ndrangheta di Rosarno organici alla potente cosca mafiosa dei Bellocco egemone nella Piana di Gioia Tauro insieme ai Pesce.
Alla base dell'inchiesta, iniziata l'estate scorsa in seguito all'omicidio di Francesco Amato e Vincenzo Latorre di appena 15 e 22 anni, entrambi parenti del mafioso Francesco Amato, detto "lo zingaro", ci sono proprio i legami e gli accordi fra le due cosche per sfruttare la grande distribuzione agroalimentare. Accordi che recentemente, come ha ribadito la Dda di Reggio Calabria, si erano incrinati in seguito a uno sgarbo coi Bellocco che avrebbero cominciato una personale e solitaria scalata verso il potere suggellata dalla famigerata frase pronunciata da Maria Teresa D'Agostino, moglie del boss Carmelo Bellocco, allora in prova ai servizi sociali a Bologna e oggi detenuto a Nuoro: "Rosarno è nostra, si fa quello che diciamo noi".
A nove dei 17 arrestati viene "contestata l'organicità alla 'ndrangheta di Rosarno capace di esercitare il controllo egemonico sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe, come la 'ndrina facente capo alla famiglia Pesce, legata ai Bellocco da una storica alleanza che in tempi recenti ha subito qualche incrinatura".
Al capobastone Carmelo Bellocco viene contestato il "ruolo di direzione dell'associazione, con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni delittuose da compiere, degli obiettivi da perseguire e delle vittime da colpire, impartendo direttive alle quali tutti gli altri associati danno attuazione".
In particolare, gli inquirenti sottolineano il ruolo di Domenico Bellocco, ritenuto il punto di riferimento del padre, Carmelo. Il giovane boss, secondo l'accusa, forniva un costante contributo per la vita dell'associazione procurando armi, reperendo somme di denaro e gestendo attività commerciali, pianificando azioni criminali in attuazione delle disposizioni impartite dal genitore.
I sigilli sono scattati per due ditte individuali ("Daag di D'Agostino Angelo" e "Spasaro Giuseppe"); due società di capitali ("Essetre srl" e "Duea srl"); due supermercati di notevoli dimensioni e volume d'affari con sede Rosarno: ("Dico" e "Essetre srl"). Sequestrate anche tre auto e un quadriciclo.
L'arresto in carcere è stato notificato oltre che a Carmelo Bellocco, 54 anni, Domenico Bellocco, 30 anni e Maria Teresa D'Agostino, 51 anni, anche a Antonio Bellocco, 30 anni, figlio del capocosca Carmelo, già ammanettato durante la caccia agli immigrati dei giorni scorsi.
In manette anche Antonino Scordino, 30 anni, Francesco Bellocco, 21 anni, Angelo D'Agostino, 28 anni, Maria Stella Zungri, 25 anni, Filippo Scordino, 59 anni, Elisabetta Maiolo, 32 anni, Luigi Amante, 30 anni, Giuseppe Spasaro, 55 anni, Annunziato Barrese, 48 anni, Antonella Mirenda, 23 anni e Alessandro Mercuri, 28 anni.
Tre i latitanti: Domenico Bellocco (classe '77, già alla macchia), Francesco Bellocco e Luigi Amante.

20 gennaio 2010