Il 10% degli italiani possiede metà della ricchezza
Nel Lazio la disuguaglianza maggiore d'Italia. Marchionne guadagna 435 volte di più degli operai Fiat

Il perdurare della crisi economica e finanziaria continua ad allargare il fossato che divide un pugno di ricchi borghesi, che accumulano patrimoni e diventano sempre più ricchi, dalla stragrande massa di operai e lavoratori che invece diventano sempre più poveri.
Secondo l'ultimo dato della Banca d'Italia contenuto nella periodica indagine su "I bilanci delle famiglie italiane", il 10 per cento delle famiglie più ricche possiede quasi il 45 per cento dell'intera ricchezza netta delle famiglie. Un livello rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi quindici anni.
Non solo, secondo il "coefficente Gini" (ossia l'indice per misurare il tasso di diseguaglianza nella distribuzione del reddito elaborato dallo statistico-economista italiano Corrado Gini) a livello Ocse risulta che peggio di noi, tra le nazioni cosiddette sviluppate, ci sono solo il Messico, la Turchia, il Portogallo, gli Stati Uniti e la Polonia.
Più basso è l'indice Gini più eguale risulta la distribuzione della ricchezza. Il nostro indice Gini arriva a 35. In Polonia è 37, negli Stati Uniti 38, in Portogallo 42, in Turchia 43 e in Messico 47. La Francia ha un coefficiente del 28 per cento e la Germania, nonostante gli effetti della riunificazione est-ovest, è al 30. In alto i paesi dell'uguaglianza, l'Europa del nord: la Danimarca e la Svezia con un coefficiente Gini del 23 per cento.
Una situazione drammatica confermata anche da altri metodi di misurazione della diseguaglianza, come ad esempio: dividendo la popolazione in decili: il 10 per cento più ricco e il 10 per cento più povero per poi calcolare quante volte il reddito del primo gruppo supera il secondo. Anche in questo caso risulta che gli italiani più ricchi hanno un reddito superiore di dodici volte quello dei più poveri. Penultimi in Europa, ci supera solo la Gran Bretagna con un rapporto che sfiora il 14, mentre la Germania è al 6,9, la Spagna al 10,3, la Svezia al 6,2.
Nell'ultimo decennio le diseguaglianze si sono accresciute di oltre cinque punti. Il coefficiente Gini era 29 nel 1991, poi è salito al 34 nel 1993. E ora è al 35 con il Lazio che detiene il primato negativo della regione più diseguale d'Italia con il 33,9 di coefficiente Gini in gran parte dovuto al caro-casa e alla precarietà del lavoro. Tra gli operai i "poveri" sono il 14,5 per cento. Percentuale che si impenna fino a sfiorare il 29 per cento nelle regioni meridionali. Mentre l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne guadagna 435 volte di più dei turnisti di Pomigliano d'Arco costretti a lavorare come bestie, senza diritti né tutele, per riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena.

28 luglio 2010