Vergognosa collusione tra fascisti e trotzkisti
Rifondazione e Casarini sposano le tesi dei fascisti sulle foibe e su Stalin
Quello che è successo domenica 28 settembre a Marghera ha dell'incredibile, se non del grottesco. Ecco in sintesi i fatti: la giunta comunale veneziana di "centro-sinistra", insieme ai fascisti, presenziava alla cerimonia dell'intitolazione dell'ex piazzale Niccolò Tommaseo ai "martiri giuliani e dalmati delle foibe". Un gruppo di contestatori, composto da esponenti locali del PRC (che fa parte della giunta), dei Comunisti italiani (che sono nella maggioranza), dei Verdi-Colomba di Michele Boato (dissidenti dai Verdi del prosindaco Gian Franco Bettin, il principale promotore dell'iniziativa) e dei Cobas-scuola, avevano organizzato una manifestazione di "protesta" con tanto di striscione con la scritta "vergogna". Ma non contro l'iniziativa in sé, bensì per le "modalità" con cui era stata attuata, cioè insieme ai fascisti. Un gruppo di disobbedienti del centro sociale Rivolta, guidati da Casarini, è intervenuto a difesa del loro protettore e referente politico Bettin, contestato dai manifestanti, e si è scontrato fisicamente con essi, oltre che con gruppi di fascisti intervenuti alla cerimonia.
Dopodiché, nei giorni successivi, divampano le polemiche, con le minacciate (e poi ritirate) dimissioni di Bettin e le accuse reciproche tra i dirigenti locali di Rifondazione e i disobbedienti di Casarini. Ma con tutte e due le parti - e questo è il colmo dell'assurda vicenda - perfettamente d'accordo, e anzi a fare a gara, nel proclamare le condanne più "ferme" delle foibe e dello stalinismo che a loro dire ne sarebbe la causa.
La decisione di intitolare una piazza ai "martiri delle foibe" era già stata presa nel 1998 dalla precedente giunta di "centro-sinistra" Cacciari, e anche allora il vicesindaco Bettin ne fu il principale promotore. Scelta poi riconfermata all'unanimità dalla giunta Costa, compresa Rifondazione, e attuata con la cerimonia di Marghera. Solo che nei giorni precedenti era montata una vasta protesta popolare, i muri di Marghera si erano riempiti di scritte antifasciste, ed è così che i dirigenti locali di Rifondazione, anche perché direttamente pressati dalla loro stessa base, hanno cercato di defilarsi dall'operato della giunta e cavalcare addirittura la protesta inscenando la "contestazione" all'iniziativa da essi stessi votata.
"Contestazione" che però non è andata giù ai disobbedienti di Casarini, che sono accorsi in difesa di Bettin e della commemorazione, accusando i "contestatori" di essere stalinisti e di voler coprire il "crimine" delle foibe. In una dichiarazione a La nuova Venezia del 1• ottobre, Casarini così rispondeva alle critiche su questo intervento: "Siamo contro il fascismo ma pure contro lo stalinismo che Pettenò (consigliere comunale del PRC, ndr) e una parte di Rifondazione vorrebbe rivalutare negando addirittura che le foibe sono state un genocidio. Da una parte Berlusconi vuol far rientrare Mussolini dalla finestra e dall'altra Pettenò Stalin. Per noi è la stessa cosa".
Cioè non solo Casarini sposa in pieno la tesi falsa, antistorica e revisionistica dei fascisti, che le foibe furono un "genocidio" indiscriminato commesso dai partigiani comunisti jugoslavi, mentre è storicamente accertato che si trattò di un episodio circoscritto, in cui furono giustiziati sull'onda dell'odio popolare elementi nazisti, fascisti e collaborazionisti che si erano macchiati di gravi crimini di guerra; ma stabilisce anche una vergognosa e intollerabile equivalenza tra comunismo e nazifascismo, e tra Stalin, che fu il principale artefice della sconfitta del mostro nazifascista, e Mussolini, corresponsabile con Hitler dei milioni di morti della seconda guerra mondiale.
Il bello è che i dirigenti locali e nazionali del PRC hanno ribattuto esattamente con gli stessi argomenti, a dimostrazione che quella di Rifondazione era solo una manovra strumentale, e che entrambi i "contendenti" sono fatti della stessa pasta trotzkista e anticomunista. Ed ecco infatti il segretario regionale del PRC del Veneto, Gino Sperandio, precipitarsi a sottolineare come "la federazione di Venezia del PRC sia stata in questi anni protagonista della riflessione sul processo di rifondazione anche teorica del movimento comunista e non possa essere accusata in alcun modo di remore nella critica dello stalinismo e dei crimini collegati a questa esperienza". "Per noi - rincara Sperandio - le foibe furono uno dei più odiosi episodi di barbarie che, tra le molte macerie dell'esperienza del cosiddetto `socialismo reale', furono prodotte". Stessa musica da parte di Patriza Sentinelli, della segreteria nazionale del PRC ("Rifondazione comunista è estranea al rifiorire di nostalgie verso ogni espressione di cultura stalinista"), dell'Esecutivo nazionale delle/dei giovani comuniste/i ("rifiutiamo, da qualunque parte provenga, la connessione tra Rifondazione comunista e ogni forma di residuo stalinista"), e via di questo passo.
Ma questo comportamento opportunista non ha imbrogliato affatto i tanti giovani antifascisti e militanti di Rifondazione che erano insorti davvero, e non solo strumentalmente come il PRC, contro l'infame cerimonia revisionistica e anticomunista voluta dalla giunta veneziana. Lo dimostra ad esempio il lungo e infuocato dibattito che è durato giorni e giorni in Internet sul sito di Indymedia, dove sono piovute accuse di opportunismo politico, revisionismo storico e collusione coi fascisti all'indirizzo dei vari protagonisti della squallida vicenda, da Casarini, a Bettin, ai vari dirigenti di Rifondazione.
Significativo, anche, l'intervento su Liberazione del 5 ottobre del segretario della federazione di Trieste del PRC (la città più direttamente coinvolta nell'operazione politica strumentale delle foibe), che criticava apertamente la linea di appoggio del partito all'intitolazione di vie e piazze ai "martiri delle foibe" senza nessuna consultazione della base. Nell'articolo si contestava anche la tesi dell'"eccidio o pulizia etnica", sostenendo che si trattò invece di una reazione popolare che non legittima "l'intitolazione di monumenti alle vittime di tutti i totalitarismi, in nome di una riconciliazione solo asserita e fasulla".
Il fatto è che se prima erano i dirigenti rinnegati DS, sia nazionali che locali, a condurre la campagna di intitolazione di vie e piazze alle foibe, oggi lo sono i dirigenti del PRC, che sono diventati i più accaniti alfieri dell'antistalinismo, e di conseguenza del revisionismo storico e dell'anticomunismo. Invece di appoggiare chi resiste, contesta e cerca di contrattaccare questa sporca operazione della destra revanscista e fascista, prendono le distanze da essi e si schierano con la reazione in nome dell'antistalinismo. Evidentemente è uno dei tanti prezzi che il PRC è chiamato a pagare per guadagnarsi l'alleanza elettorale con l'Ulivo.