Con l'astensione "costruttiva" sul documento del sindaco di Bologna
Rifondazione dà via libera a Cofferati sulla legalità borghese neofascista
Con l'astensione "costruttiva" di PRC e Verdi e dell'unico consigliere del Cantiere occhettiano sul documento sulla legalità presentato da Cofferati si è concluso il 30 gennaio scorso, senza la temuta rottura della giunta di "centro-sinistra", il lungo contrasto tra il sindaco-sceriffo di Bologna e la "sinistra antagonista" che, pur facendo parte insieme a DS e Margherita del governo della città, aveva contestato i suoi metodi repressivi e polizieschi per ripristinare l' "ordine" e la "legalità" nel territorio metropolitano.
La soluzione alla crisi è stata trovata dopo un lungo lavorìo tra le segreterie nazionali e provinciali del PRC e della Quercia, che non si potevano certo permettere una rottura clamorosa tra le forze dell'Unione nella città simbolo della "sinistra" borghese a poche settimane dalle elezioni politiche. Specie se Bertinotti ci tiene alla poltrona di presidente della Camera che gli sarebbe stata promessa se vincerà la coalizione guidata dal democristiano Prodi.
L'espediente risolutivo, che ha permesso a Cofferati di non cedere di una virgola sulla sostanza della sua linea della "tolleranza zero", e a Rifondazione di salvare la faccia dopo aver agitato per mesi la minaccia dell'uscita dalla giunta senza mai attuarla, è stato quello degli "emendamenti" al documento cofferatiano, che era stato "addolcito" nella forma pur senza stravolgerne la logica legalitaria, bigotta e conformista. Anche l'approvazione del bilancio e del piano strutturale cittadino, per la cui votazione a novembre era stata fatta slittare quella sul documento sulla legalità, aveva contribuito a ricompattare la maggioranza attorno alla giunta e al neopodestà Cofferati.
Un epilogo facilmente prevedibile e scontato, questo, per una vicenda esplosa la primavera scorsa, con il primo sgombero forzato di una famiglia di Rom che mise a nudo la vera vocazione da "uomo d'ordine" e da questurino dell'ex leader dei "girotondi", convertitosi alla dottrina neofascista e razzista della "tolleranza zero" contro immigrati clandestini e semiclandestini, lavavetri, ambulanti abusivi, occupanti di case e terreni, studenti e giovani dei centri sociali, dopo essere stato incoronato neopodestà dalla "sinistra" riformista e "antagonista" e dai movimenti, promettendo di fare di Bologna una città modello di "solidarietà" e di "accoglienza" verso i migranti, gli emarginati e i giovani.

Lo sceriffo che piace alla Lega
Sulla base di parole d'ordine borghesi e perbeniste come "la legalità è di sinistra" e "la ricchezza prima si crea poi si distribuisce", l'ex sindacalista si è messo a fare il padrone con gli stessi lavoratori dell'amministrazione comunale, pretendendo aumenti di produttività in cambio del rispetto di accordi economici già sottoscritti dalla precedente giunta, intensificando nel contempo la politica degli sgomberi forzati e scatenando la polizia comunale alla caccia di lavavetri e ambulanti abusivi, ricevendo per questo il plauso entusiasta della Lega, del Giornale della famiglia di Berlusconi e del Riformista del candidato della Margherita Polito, dei democristiani bolognesi Casini e Prodi, e in genere di tutta la destra e la "sinistra" del regime neofascista.
Alle proteste di Rifondazione, il cui consigliere indipendente Valerio Monteventi, più vicino ai no global e ai movimenti, arriva a dare le dimissioni, Cofferati risponde tirando dritto per la sua strada, sfidando il PRC e chiunque intende contrastarlo a votare un suo documento sulla "legalità" che sta preparando, oppure uscire dalla coalizione di cui fa parte.
In questo documento, la cui discussione verrà poi rimandata a dopo l'estate per trovare una mediazione, si sintetizza tutta la filosofia aberrante della legalità borghese neofascista di Cofferati. Non sono le condizioni economiche di povertà, disoccupazione, mancanza di case, emarginazione, che generano illegalità e degrado sociale, ma esattamente l'opposto: sono le "pratiche e situazioni non rispettose delle leggi e delle norme" (compresa la Bossi-Fini che ci si limita a definire "negativa e incoerente") che "impediscono o rallentano la ricostruzione di un territorio urbano forte ed equilibrato e di una politica sociale inclusiva e solidale sostenuta da una visibile idea di giustizia". "L'illegalità - sentenzia infatti Cofferati nel suo documento - qualunque sia la ragione che la determina, non può trovare giustificazione", e deve essere chiara "la discriminante verso chi si pone fuori dalla legge o si sottrae ai percorsi di legalità che si possono attivare".
È sulla base di questa linea neofascista che il 19 ottobre scorso Cofferati, che ha anche la delega alla "sicurezza", fa radere al suolo con le ruspe le baracche di un gruppo di muratori Rom di nazionalità rumena accampati sulla riva del fiume Reno, alla periferia di Bologna, facendoli "trasferire" a forza dalla polizia e dai carabinieri nel Cpt di via Mattei. Pochi giorni dopo, il 24 ottobre, è la volta degli studenti delle facoltà occupate, dei precari e degli occupanti delle case sfitte, che manifestavano sotto il palazzo del comune, ad assaggiare le manganellate delle "forze dell'ordine" chiamate dal neopodestà contestato dalla piazza. Ci saranno 4 feriti tra i manifestanti e 34 indagati dalla Procura bolognese per manifestazione non autorizzata. A dar man forte alla linea dura del sindaco-sceriffo, avvalorando la sua crociata isterica contro l'"illegalità", arriverà anche, puntuale come un orologio, il solito pacco-bomba firmato dalla misteriosa sigla sedicente anarchica che firmò anche quello a Prodi.

La ricucitura di Rifondazione trotzkista
Siamo a novembre, ed è il momento più critico per la sopravvivenza della coalizione di maggioranza. I Verdi annunciano di considerarsi fuori dalla giunta, e sconfessano il loro assessore, Antonio Amorosi, ex disobbediente, che invece rimane al fianco di Cofferati. Ma Rifondazione trotzkista, che a parole continua a minacciare di uscire dalla giunta, non rompe, e al contrario tratta con la Quercia e lo stesso Cofferati per arrivare a una soluzione di compromesso, che viene trovata attraverso una riformulazione del documento sulla legalità che ne smussa e addolcisce i passaggi più scabrosi. Cofferati è soddisfatto, perché ottiene il salvataggio della sua poltrona senza cedere di un millimetro sulla sostanza della sua politica d'"ordine" repressiva e poliziesca: "nessun passo indietro da parte mia, non avrei accettato integrazioni che stravolgessero la mia posizione", dichiarerà infatti annunciando la ripresa degli sgomberi forzati, con il consenso stavolta anche di Rifondazione. Il primo dei quali avverà pochi giorni dopo con il completamento di quello delle baracche sul Reno, questa volta senza le ruspe e senza l'esibizione della forza pubblica, che interverrà con più "discrezione" dopo che se ne saranno andati i servizi assistenziali e i giornalisti.
Ulteriori mugugni e tentennamenti della federazione bolognese e della segreteria nazionale del PRC, che portano anche alla quasi sconfessione dell'assessore di Rifondazione Maurizio Zamboni, che aveva concordato con Cofferati gli emendamenti al suo documento, vengono zittiti e superati sia dalla minaccia fatta circolare dal neopodestà di elezioni comunali anticipate, sia dalla discussione del bilancio, che fa slittare a gennaio, cioè con le elezioni politiche alle porte, la votazione sul documento sulla "legalità". Il quale viene approvato infatti senza ulteriori problemi il 30 gennaio, con l'espediente dell'astensione "costruttiva" che maschera alla meno peggio il dietro-front elettoralistico del PRC e che garantisce comunque a Cofferati la sopravvivenza della sua giunta almeno fino alle elezioni di aprile e possibilmente anche oltre. E di conseguenza, grazie all'opportunismo del vertice riformista e trotzkista di Rifondazione, anche alla sua politica da sbirro garante della legalità borghese neofascista.

8 febbraio 2006