Emerge anche dalla relazione dei tecnici del Tesoro
La "riforma" fiscale di Berlusconi non dà nulla al 60% degli italiani
All'altro 40% tocca in media un euro al giorno. Solo i ricchi e i capitalisti guadagneranno sgravi sostanziosi
Che la controriforma fiscale di Berlusconi, la cosiddetta "svolta storica ed epocale", non contenesse niente o quasi niente per le larghe masse lavoratrici e favorisse, caso mai, solo i redditi dei miliardiari come lui, era apparso abbastanza chiaro sin da subito. Ora è arrivata una clamorosa e inopinabile conferma da parte dei tecnici del Tesoro. I quali nella relazione di accompagnamento all'emendamento alla Finanziaria per il Senato, resa pubblica il 1° dicembre, hanno messo in evidenza che 6 italiani su 10 non beneficeranno di nessuno sgravio fiscale, mentre gli altri otterranno (in media) un euro al giorno. E non è tutto. Una parte dei più svantaggiati, ci perderà persino qualcosa.
In questa relazione si legge infatti che: "I contribuenti favoriti dalla variazione d'imposta (ovvero le nuove aliquote Ire, ndr) sono 15,6 milioni (40,7 per cento) con un risparmio medio pro-capite di circa 369 euro. I contribuenti sfavoriti - continua - sono 13 mila (0,03 per cento), con un aggravio medio pro-capite di circa 50 euro. Per circa 22,7 milioni di contribuenti (il 59,3) non si manifestano modifiche di prelievo". Più chiaro di così! è bene però precisare che tra i 4 "fortunati" italiani su 10 cui toccheranno gli sgravi della "riforma", essendo questi in percentuale sul reddito percepito, ci sarà chi prenderà le briciole (redditi medi) e chi invece otterrà un guadagno sostanzioso (redditi alti e altissimi). Detto in termini più chiari, al 20 per cento dei contribuenti super ricchi andrà il 65% dei benefici fiscali.
Ma insieme a questa odiosa e iniqua distribuzione degli sgravi, che per i tecnici del Tesoro comporta per il 2005 un minor gettito Ire di 5.829 milioni di euro e un costo per lo Stato di 4.978 milioni di euro (Irap compresa) si pone la stessa domanda: il governo Berlusconi le tasse le ha diminuite o le ha aumentate? In uno studio di Maria Cecilia Guerra, una degli economisti della Voce.Info si giunge alla conclusione che le famiglie italiane non risparmieranno nemmeno quel famoso euro al giorno. E che anzi, alla fine della partita finiranno per pagare di più. Considerati gli effetti fiscali totali, tra Finanziaria ed emendamento, e in particolare gli aumenti su bolli e concessioni, gli acconti e il condono edilizio, ci sarà infatti un maggiore aggravio di 3.877,8 milioni di euro.
Se così stanno le cose, è facile dedurne che gli sgravi berlusconiani, solo per i ricchi, non potenziano nemmeno un poco il potere d'acquisto dei salari e delle pensioni medio-bassi, non favorisce di conseguenza un aumento dei consumi, a partire da quelli essenziali, e non promuove, di riflesso, la ripresa dell'economia afflitta da recessione.
Presi alla sprovvista, gli uomini del governo hanno cercato di metterci una pezza alla bell'e meglio. Il sottosegretario all'Economia, Vegas, ha commentato come impossibili le cifre fornite nella relazione e frutto di errori di stampa (sic!). Da parte sua il Tesoro, quindi il ministro Siniscalco, in una nota ha fornito delle giustificazioni che invece di confutare gli assunti dei tecnici li conferma. Per i 13.000 contribuenti chiamati a versare di più, potranno far ricorso - viene detto - alla clausola di salvaguardia che permette loro di scegliere il modello fiscale più conveniente. Per il 60 per cento dei contribuenti che non otterranno benefici con le nuove aliquote Ire, la nota del Tesoro fa riferimento al "primo modulo della riforma", quello del 2003 dal quale avrebbero ricevuto qualcosa.
Questi dati forniscono ulteriori elementi per ribadire un giudizio molto severo sulla controriforma fiscale berlusconiana: bugiarda, imbrogliona, ingannatoria, ingiusta. Per ribadire inoltre, con ancor più forza, la critica di fondo ad essa, per mettere a nudo la sua impostazione fondamentalmente iperliberista.
Tale impostazione, nell'essenziale, si basa su: la cancellazione del principio della progressività delle imposte; la modifica del rapporto tra imposte dirette (che agiscono o dovrebbero agire in base al reddito complessivamente ed effettivamente percepito) e le imposte indirette (che colpiscono in modo indiscriminato tutti i contribuenti, ricchi o poveri che siano), una modifica che si risolve a favore di queste ultime; sul giustificare e tollerare, persino favorire l'evasione, l'elusione e l'erosione fiscali (vedi i condoni, lo scudo fiscale per il rientro dei capitali esportati illegalmente all'estero, la depenalizzazione del falso in bilancio, l'abbattimento della tassa di successione, altro ancora), che permettono a 200 miliardi di euro, cioè un terzo delle entrate totali, di sfuggire all'imposizione.
Tale impostazione si basa inoltre sul taglio costante e progressivo della spesa pubblica e sociale e sulla riduzione e sulla demolizione del welfare. Questo, non solo perché le entrate tributarie, in questa ottica, inevitabilmente diminuiscono e quindi i soldi disponibili dello Stato diventano insufficienti a finanziare le spese per la pubblica amministrazione, la sanità, la previdenza, la scuola e l'università pubbliche. Ma soprattutto perché si vuole favorire e promuovere la privatizzazione di questi settori e la trasformazione dei diritti universalistici in servizi a domanda individuale, per chi può pagarseli, e il profitto capitalistico.

9 dicembre 2004