Documento dell'Ufficio politico del Partito marxista-leninista italiano
LA POSIZIONE DEL PMLI SULLE RISORSE IDRICHE IN SICILIA

Il PMLI, grazie ai marxisti-leninisti palermitani diretti dalla compagna Giovanna Vitrano, lavora alla questione delle risorse idriche in Sicilia ininterrottamente da oltre un anno, da quando scoppiò nella primavera del 2002 la protesta popolare causata dall'emergenza. Già allora individuammo nel pessimo operato clientelare delle istituzioni, manipolate dalle maggioranze di "centro-destra" e "centro-sinistra", il motivo reale di una crisi che invece di essere risolta permane da decenni.
Oggi il "centro-destra" al potere, nonostante decreti ministeriali e poteri speciali al commissario straordinario all'emergenza, non riesce ugualmente a risolvere la crisi e ad assicurare un reale diritto all'acqua per tutti i siciliani; per contro sta guidando, con l'appoggio del "centro-sinistra", una "riforma" in senso ultraliberista e neofascista del settore, consegnando il controllo dell'acqua agli sciacalli privati, multinazionali comprese, che hanno adottato gestioni banditesche delle risorse idriche in giro per il mondo.
Si aprono scenari molto allarmanti per le masse popolari siciliane, per quanto riguarda il diritto all'acqua, la sicurezza degli impianti, la protezione delle risorse idriche e del suolo, i diritti dei lavoratori del settore.

IL COMMISSARIO ALL'EMERGENZA IDRICA E LA GESTIONE DI CUFFARO
Da quando circa 20 anni fa il presidente democristiano del governo siciliano, Rino Nicolosi, concepì lo strumento del Commissario all'emergenza idrica, le dichiarazioni di "emergenza idrica" si sono susseguite, quasi ininterrottamente, senza un reale beneficio per la popolazione, data la persistenza della crisi, che regolarmente evolve in emergenza, e considerata la immutata pessima situazione delle infrastrutture nell'isola. E non poteva essere altrimenti dal momento che lo strumento del commissariamento è servito a conferire autorità assoluta in materia al presidente della regione e, dunque, è stato usato per i propri fini politici dalla maggioranza di turno. In questo contesto la risoluzione di problemi specifici dell'emergenza diventa non l'obiettivo, ma un semplice risultato accessorio, quando è ottenuto, di dispendiosissimi piani di intervento. Il commissariamento all'emergenza è uno strumento che sia il "centro-destra" sia il "centro-sinistra" hanno interesse a mantenere, mentre la crisi idrica non viene risolta. E' eloquente il caso del generale Jucci che è stato rimosso dall'incarico, conferito subito dopo a Cuffaro, alla vigilia di suoi interventi sulle obsolete strutture di captazione e distribuzione dell'acqua nell'isola.
La gestione del commissariamente idrico da parte dell'UDC Cuffaro è per molti versi peggiore di quelle che l'hanno preceduta. I poteri smisurati che gli sono stati conferiti non gli sono serviti per risolvere la grave crisi idrica della regione, ma per attuare, nel giro di un anno, un vero e proprio sovvertimento neofascista nella gestione del "servizio", con l'introduzione di un mostruoso piano di totale privatizzazione del settore, che ha già prodotto la trasformazione dell'Eas, l'Ente Acquedotti Siciliano, la maggiore azienda pubblica dell'isola, in una società privata al 75%.
Lo strumento del commissariamento viene attualmente adoperato solo per imporre gli interessi economici della lobby affaristica che gira intorno alla preziosa risorsa dell'acqua in Sicilia, lobby che adesso si è allargata a livello internazionale, con l'arrivo della Compagnie Generale des Eaux, controllata dalla multinazionale Vivendi, alla gestione dell'Ex-Eas.
Cuffaro, nonostante sia passata la fase dell'emergenza pur rimanendo irrisolta la crisi idrica, ha dichiarato che non intende, almeno per tutto il 2004, rinunciare al commissariamento. In questa sua imposizione della gestione " in emergenza" del settore idrico in Sicilia è sostenuto dal governo nazionale del neoduce Berlusconi.
Una ordinanza della Protezione Civile, ("Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza nel settore dell'approvvigionamento idrico nel territorio della regione Siciliana"), firmata il 3 luglio 2003 dal presidente del consiglio, conferma infatti la "vigenza dello stato di emergenza" in tutta l'isola. In questa ordinanza Berlusconi, con un atto antidemocratico, aumenta i già vastissimi poteri decisionali in ambito di gestione delle risorse idriche che erano stati assegnati a Cuffaro dall'allora ministro dell'Interno Scajola con l'ordinanza del 22 marzo 2002. E inoltre ritiene di "somma urgenza" la realizzazione di alcune infrastrutture nell'isola e conferisce al commissario la capacità di rideterminare le linee di programmazione delle iniziative e degli interventi da attuare nella regione siciliana, sulla base di esigenze da lui stesso prospettate in questo ultimo anno "durante il corso della gestione commissariale". Particolarmente gravi le norme che conferiscono a Cuffaro il potere di predisporre la progettazione di alcune opere e infrastrutture, in deroga alla disciplina regionale sull'assegnazione degli appalti.
Infatti "il commissario delegato è autorizzato, ove ritenuto necessario, ad affidare l'incarico per la progettazione delle opere di completamento del Serbatoio artificiale Blufi sul fiume Imera meridionale, e l'incarico di responsabile del procedimento e di direzione dei lavori degli acquedotti Gela-Aragona, Favara di Burgio, Montescuro Ovest, nonché dell'ampliamento del Potabilizzatore di Sambuca di Sicilia, a soggetti dotati di elevata e comprovata professionalità nel settore, rispettivamente, della progettazione e della direzione dei lavori, in deroga all'art. 11 della legge regionale n. 7/2002 ed alle norme dalla medesima richiamate".
La legge 7/2002 regolamenta l'assegnazione degli appalti pubblici, estendendo, tra l'altro, la certificazione antimafia anche ai componenti dell'organo di amministrazione e del collegio sindacale della società in gara.
Proprio la travagliata vicenda della costruzione della diga Blufi, la cui ripresa dei lavori viene sancita per decreto da Berlusconi, deve allarmare le masse siciliane a causa di infiltrazioni mafiose che si verificarono nell'appalto poi sospeso.

La costruzione della diga Blufi venne avviata dal governo regionale siciliano presieduto da Rino Nicolosi nel 1989, con l'opposizione delle associazioni ambientaliste, che prevedevano un impatto ambientale rovinoso. L'edificazione della diga provocò un susseguirsi di denunce da parte degli ambientalisti, soprattutto a causa di una galleria, realizzata in violazione delle disposizioni di legge che tutelano il parco naturale delle Madonie e le aree paesaggisticamente protette della zona. L'investimento iniziale era di 180 miliardi. Altri 120 furono stanziati per "completarla" in base a una serie di varianti d'opera e perizie suppletive. Inizialmente la diga avrebbe dovuto avere la capacità di oltre 20 milioni di metri cubi. Secondo previsioni dell'Eas (Ente acquedotti siciliano), il costo attuale del completamento della diga dovrebbe essere di 190 milioni di euro pari a 364 miliardi, il doppio della previsione iniziale e, per giunta, la capacità della diga a lavori ultimati sarà dimezzata a 10 milioni di metri cubi.
Tra le imprese appaltanti dei lavori una era in mano agli inquisiti per mafia Salamone e Micciché. L'appalto venne sospeso e fu oggetto di indagini giudiziarie che coinvolgevano pubblici amministratori e imprenditori. Tra le altre cose nel carteggio mancava la verifica di impatto ambientale. Nel 2000, il governo della Regione chiedeva una modifica al progetto per concedere alle ditte appaltatrici l'asportazione di 4.000.000 di metri cubi di materiale di risulta dalle cave all'interno del Parco, peraltro tutte controllate dalla mafia. Le organizzazioni ambientaliste insorsero contro il tentativo di aggirare i vincoli di tutela del parco ed il governo fu costretto a retrocedere.
Con il commissario alla emergenza idrica Cuffaro si riapre la possibilità di "completare" i lavori iniziati. Le associazioni ambientaliste si allertano nuovamente e Cuffaro in dispregio di ogni questione avanzata fa sapere che andrà fino in fondo nel completamento dei lavori. Per sbarazzarsi di ogni opposizione Berlusconi si serve del pretesto dell'emergenza idrica: nella sua ordinanza del luglio 2003 riconosce a Cuffaro la capacità di avvalersi delle prerogative a lui concesse "al fine di consentire l'apertura delle cave occorrenti alla costruzione del corpo diga, e strumentali al completamento dell'invaso Blufi".
E' veramente stupefacente il silenzio calato intorno a questo atto di imperio da parte del governo nazionale e di quello regionale ai danni della popolazione siciliana. Infatti di questa ordinanza pare non essersi accorto nessun giornale della "sinistra" borghese, nessun partito dell'"opposizione" di "centro-sinistra", nessun sindacato. Soltanto la "Repubblica" di Palermo le ha dedicato un breve articolo nell'edizione del 18 luglio. Eppure tale ordinanza individua un piano organico di investimenti pubblici e dà indicazioni e deroghe che determineranno in maniera antipopolare e neofascista la futura gestione del settore idrico in Sicilia, restringendo di fatto la facoltà dei siciliani di usufruire del diritto all'acqua.
Perché le procedure di "somma urgenza" contenute nell'ordinanza del 3 luglio vengono riconosciute proprio adesso,
che la fase più critica dell'emergenza è trascorsa ed esistono, una volta completati alcuni interventi necessari per risolvere la crisi, le condizioni per tornare a uno stato di gestione ordinaria del settore? Del resto la "somma urgenza" non era stata prevista neanche nel 2002 quando in Sicilia la condizione era davvero difficile per la popolazione e l'economia di tutta l'isola.
La risposta ci viene dall'esame specifico dei contenuti della maggior parte dei progetti di appalto previsti dall'ordinanza. Infatti "somma urgenza" riguarda 4 interventi su infrastrutture dell'ex-Eas: si tratta degli impianti Gela-Aragona, Fanaco-Burgio, Montescuro ovest e della diga Blufi, della quale abbiamo già parlato. Ma proprio qui sta la questione: gli acquedotti e le dighe suddette dall'Eas sono passate in gestione alla privata Sicilacque.
Ben lungi da essere stata emessa nell'interesse della popolazione siciliana, l'ordinanza di Berlusconi, è evidentemente un espediente per completare nel più breve tempo possibile, con fondi pubblici, una serie di strutture che di fatto sono già a gestione privata. Non mettiamo in dubbio che le infrastrutture vadano completate, andavano completate già diversi anni fa, a parte il problema specifico della diga Blufi, ma non sono ammissibili l'elusione delle leggi statali e regionali sull'assegnazione degli appalti pubblici, sulla loro protezione da infiltrazioni mafiose e la devastazione del territorio, decretati per "somma urgenza".
Il mantenimento dello "stato di emergenza", come abbiamo già detto, si giustifica unicamente con la necessità di sbarazzare il piano di privatizzazione della gestione delle risorse idriche nell'isola da intralci legislativi e laccioli burocratici.
La costruzione di nuovi dissalatori privati sicuramente è un altro degli obiettivi di Cuffaro. Nell'ordinanza del 3 luglio "il commissario delegato è autorizzato a porre in essere tutte le iniziative di carattere convenzionale per la fornitura di acqua dissalata da parte di imprese private". A giugno era già stato firmato un protocollo d'intesa per la realizzazione di un secondo dissalatore a Porto Empedocle. Cuffaro fa sapere che "in considerazione del particolare stato di emergenza idrica, si prevede che l'opera potrà essere realizzata in tempi rapidi". La regione stipulerà contratti di project-financing con le aziende private, in base ai quali la società che si aggiudica l'appalto di costruzione gestirà anche il servizio e le risorse idriche ed incasserà i proventi.
I dissalatori sono una fonte di approvvigionamento molto costosa dal punto di vista economico e del dispendio di energia e produce inquinamento ambientale. Gli attuali costi di produzione nel bacino del Mediterraneo risultano pari a circa 1,25 euro per ogni metro cubo. Nell'ambito dei costi totali assume una grande rilevanza il consumo energetico pari a circa 5 Kwh a metro cubo. Attualmente in Sicilia funzionano i dissalatori a Gela, Trapani, Porto Empedocle e in alcune piccole isole. Spesso gli impianti hanno dato problemi. E' recente il caso del dissalatore gelese, gestito dall'Agip-Petroli, che a causa del trattamento di estrazione e disinfezione eroga acqua non potabile e ad elevata temperatura.
La procura di Gela ha aperto una inchiesta sulla vicenda e le associazioni ambientaliste indagano su una possibile correlazione tra la pessima qualità dell'acqua erogata e l'alta incidenza dei tumori nella cittadina nissena. Intanto il Comune ha emesso un'ordinanza per la quale non è possibile usare l'acqua del dissalatore per la lavorazione e la produzione degli alimenti. I dissalatori di altre città, come Trapani, spesso sono stati bloccati da problemi tecnici di vario tipo, tanto da far supporre una scarsa affidabilità del metodo.
L'ingresso dei privati nella gestione delle risorse idriche darà il via a lucrosi affari col danaro pubblico. Una delle società private che si sono aggiudicate la maggioranza di Sicilacque, creata dal commissario all'emergenza idrica dopo lo scioglimento forzato dell'Eas, è la multinazionale francese Vivendi, la quale opererà in collaborazione con l'Enel. Nulla importa a Cuffaro che la Vivendi sia stata classificata dall'Agenzia Ambientale Britannica come una delle cinque maggiori aziende inquinatrici dal 1999 al 2001.
Appare più che evidente che gli sciacalli della Vivendi succhieranno un bel po' di denaro pubblico e accumuleranno montagne di profitti con le risorse idriche dei siciliani. Ma se Cuffaro tace ci pare quanto meno deprecabile che certi partiti del "centro-sinistra", così pronti a lanciarsi in "critiche" contro la "globalizzazione" abbiano taciuto sull'arrivo in Sicilia della Vivendi, la multinazionale che, per dirne una, è ricorsa in giudizio contro un'intera città in Argentina perché gli abitanti avevano deciso in massa di boicottare i pagamenti delle tariffe, aumentate di oltre il 100% a fronte di un deterioramento della qualità dell'acqua. Davvero un bell'affare l'arrivo della Vivendi per le masse siciliane!

IL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO E LA POLITICA DI CUFFARO
Per comprendere meglio cosa sta succedendo per quanto riguarda la Sicilia è necessaria una parentesi sull'attuale situazione normativa in Italia. La legge 36/94, conosciuta anche come legge Galli, istituisce il cosiddetto servizio idrico integrato,
costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue. Il servizio deve essere coordinato a livello di Ambito Territoriale Ottimale (ATO).
La legge Galli, pur avendo degli importanti spunti sulla riorganizzazione e il risparmio delle risorse idriche, disegna le modalità del nuovo servizio idrico integrato avviando la possibilità di privatizzazione del settore in Italia, pur non imponendola. Infatti prevede che i comuni e le province consociati nello stesso ATO, debbano provvedere alla gestione del servizio idrico integrato ricorrendo ad aziende speciali, le quali sono enti, a capitale pubblico, strumentali dell'ente locale che le costituisce, dotati di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale
, oppure a società per azioni.
La legge Galli scardina il vecchio sistema introducendo nel servizio idrico il criterio della copertura dei costi di gestione e manutenzione tramite le tariffe, che devono, peraltro, garantire un'adeguata remunerazione del capitale investito. La pericolosità di questo criterio risiede nel fatto che produce automaticamente l'aumento progressivo e incontrollato delle tariffe, legate unicamente alle leggi del profitto, e crea un'anarchia dei prezzi dell'acqua, diversi nei vari ATO. L'impennata delle tariffe è in grado ovviamente di produrre forti discriminazioni nella capacità di acquisto dell'acqua da parte delle classi meno abbienti. Ed è proprio questo uno dei problemi taciuti, del quale il "centro-sinistra" pare non accorgersi, ma con il quale bisognerà fare i conti nel prossimo futuro.
Altro capitolo inaccettabile della legge è quello che introduce il cosiddetto riscatto che gli enti affidanti devono pagare al gestore privato per ritornare in possesso della titolarità del servizio prima della scadenza del contratto. Ma come già detto la legge 36/94 non obbliga la privatizzazione specificando la possibilità di altre forme di gestione per gli enti consociati nell'ATO.
A dare l'interpretazione definitiva sulla legge ci prova Berlusconi con l'art. 35 della finanziaria 2002 che tenta di imporre agli enti locali il ricorso obbligatorio alle società per azioni nella gestione dei servizi di rilevanza industriale, escludendo la possibilità di mantenere il controllo pubblico dei servizi, anche quando la gestione risulta valida, efficiente e di qualità. Il termine ultimo per la privatizzazione, prevista dall'art.35, era fissato al 31 dicembre 2002, ma è stato poi prorogato al 30 giugno 2003 dalla legge 178/2002. Tuttavia l'art. 35, incompatibile con le norme europee sulla gestione dei servizi, ha incontrato contestazioni e ricorsi sul territorio nazionale da parte degli enti che non hanno intenzione di procedere alla privatizzazione. Un'altra notazione riguarda la proprietà degli impianti. Il governo del nuovo Mussolini ha tentato di introdurre, sempre tramite l'art.35, la privatizzazione anche in questo settore, laddove prevede che gli impianti stessi diventino proprietà di una Spa, sia pure a maggioranza pubblica.
Il caso della Sicilia rientra pienamente in questa tendenza alla privatizzazione selvaggia dei servizi. Cuffaro è uno zelante esecutore dei piani di privatizzazione del governo Berlusconi che, peraltro, gli fornisce tutti gli strumenti e le indicazioni necessarie per procedere rapidamente. L'ordinanza neofascista del 3 luglio dà per scontato che la gestione degli ATO debba essere affidata a "soggetti imprenditoriali in fase di individuazione", obiettivo che, siamo convinti, Cuffaro perseguirà al più presto, dal momento che ha già stabilito le quote di finanziamenti pubblici e privati che entreranno nella gestione degli Ato. Intanto l'"opposizione" di "centro-sinistra" tace sullo scellerato piano in atto.

LE CONVERGENZE TRA IL "CENTRO-DESTRA" E IL "CENTRO-SINISTRA" SUI SERVIZI IN SICILIA
Con un unico articolo (art.69 della legge 10/99) il governo di "centro-sinistra" Capodicasa aveva "recepito" la legge Galli. Su tale semplice articolo, decontestualizzato da ogni discorso organico sulla difesa del suolo e delle risorse idriche e sulla costituzione del servizio idrico integrato, il "centro-sinistra" avviava in Sicilia la complessa "riforma" del settore. L'art.69 della legge 10/99 apparve immediatamente uno strumento per mantenere il controllo politico-clientelare del settore, soprattutto attraverso la possibilità attribuita al presidente della regione di formulare a suo piacimento gli Ato, la cui costituzione è soggetta agli interessi della maggioranza di turno: "il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore per il territorio e l'ambiente e dell'Assessore per i lavori pubblici e previo parere della competente commissione legislativa permanente dell'Assemblea regionale siciliana, determina con proprio decreto gli ambiti territoriali ottimali e le loro modalità di costituzione".
Il controllo della maggioranza sugli ATO è garantita anche dalla norma che prevede che " con cadenza quinquennale...si provvede alla modifica degli ambiti territoriali ottimali". Di questa possibilità non vi è traccia nella legge nazionale, la quale anzi è indirizzata verso una stabilità degli Ato.
Grazie alle suddette modalità di costituzione volute dal "centro-sinistra", nonostante il parere degli esperti che individuano in Sicilia cinque Ato, il Ds Capodicasa, con un decreto del maggio 2000, istituiva sette ATO. Cuffaro, con uno dei primissimi atti del suo governo, nell'agosto del 2001, senza neanche attendere i cinque anni stabiliti dal "centro-sinistra", ridetermina gli ATO, individuandone, con decreto governativo ben nove, facendoli coincidere con le nove province siciliane. Sembra che il principale problema che si sono poste le maggioranze avvicendatesi al governo della Sicilia sia stato quello di "adeguarsi" alla riforma del settore, avanzata dalla legge nazionale 36/94, mantenendo allo stesso tempo intatte le prerogative clientelari nella gestione delle risorse idriche, costituitesi con la partecipazione attiva delle amministrazioni provinciali e comunali. La chiave trovata dal "centro-sinistra" per far quadrare i diversi interessi in gioco poteva essere soltanto quella di legare gli ATO alle province. Cuffaro, avendo pure in mano lo strumento dell'istituzione per decreto presidenziale, conferitogli con una legge del "centro-sinistra", ha percorso fino in fondo la via istituendo ben nove ATO uno per ogni provincia siciliana.
Vi è dunque un'evidente convergenza di interessi tra la politica attuale del governo Cuffaro e la politica dei passati governi di "centro-sinistra" circa la gestione del servizio idrico integrato in Sicilia. Il fatto che Cuffaro ha ricoperto l'incarico di assessore all'agricoltura in ben due governi DS, dopo una serie di ribaltoni, ed è stato lasciato a gestire tranquillamente il 65% delle risorse idriche dell'isola, conferma quanto convergenti siano gli interessi politici delle due "opposte" coalizioni.
Il "centro-sinistra", una volta andato all'"opposizione", fa addirittura pressione sul "centro-destra" perché questo acceleri il processo di privatizzazione. Fu proprio l'ex capo del governo regionale di "centro-sinitra", Capodicasa, insieme ad altri 13 deputati diessini, a esortare, in una mozione parlamentare di qualche anno fa, il governo di "centro-destra" perché si impegnasse maggiormente sulla strada della privatizzazione dell'Eas.
Il governatore della Sicilia Cuffaro, dunque, con il pieno appoggio del "centro-sinistra" procede spedito nella privatizzazione dell'Eas, nella costituzione della Sicilacque e nel raddoppio degli ATO.
E' chiaro che la gestione delle risorse idriche che si prepara in Sicilia, date le premesse esposte, peggiorerà l'attuale precaria situazione del diritto all'acqua, non risolverà la crisi, di conseguenza non riuscirà a prevenire le emergenze, incrementerà la pressione sfruttatrice sulla risorse a favore del profitto e lo scempio del territorio e, purtroppo, abbiamo motivo di credere che la forza-lavoro impiegata nel settore sarà sempre più precarizzata e meno sicura.
Neanche Rifondazione si è discostata molto dalla linea politica seguita dal "centro-sinistra", quando in realtà la situazione in Sicilia per la rapidità con cui sta peggiorando il settore e per i futuri disagi riservati alla popolazione richiede una presa di posizione ben ferma ed immediata. Fatto salvo l'impegno dei compagni della base di Rifondazione contro la privatizzazione delle risorse idriche e per la risoluzione della crisi in Sicilia, i vertici di questo partito risultano per niente convincenti nelle loro prese di posizione. Il ddl regionale dei deputati all'Ars Forgione e Liotta sulle risorse idriche, presentato nel dicembre 2002, non riesce a tracciare una netta linea di demarcazione con le scelte privatistiche liberiste del resto del "centro-sinistra".
La legge 36/94, che viene dichiaratamente individuata come fondamento di un riassetto organizzativo e funzionale della gestione idrica in Sicilia, in realtà, come abbiamo dimostrato, se non è inserita in un solida volontà di gestione pubblica e di protezione del diritto delle masse all'acqua, finisce per diventare un grimaldello in mano di chi vuole introdurre criteri di liberalizzazione del settore a vantaggio dei privati.
Ad esempio nella determinazione delle tariffe il ddl di Rifondazione non si discosta affatto dalle norme liberiste della legge Galli. Il già citato principio della copertura dei costi tramite le tariffe va assolutamente rigettato. Poco cambia se il ddl di Rifondazione chiede che la copertura integrale dei costi attraverso le tariffe venga conseguita entro dieci anni, tramite un aumento automatico con periodicità annuale stabilito dalla giunta regionale. E' da respingere questa procedura a tappe forzate nell'aumento delle tariffe, sulla cui determinazione peraltro, secondo noi, dovrebbero avere voce in capitolo anche le associazioni dei consumatori in base a una serie di criteri tra i quali l'efficienza e la qualità del servizio effettivamente erogato.
Non cambia la sostanza del discorso neanche la proposta di Rifondazione che il 50% del fabbisogno minimo giornaliero, sotto la fascia di reddito di 40.000 euro annuali, sia pagato dalla regione. A parte il fatto che il tetto di reddito di 40.000 euro in Sicilia è davvero alto e può contenere al suo interno pesantissime discriminazioni tra chi il servizio potrebbe pagarselo per intero e chi non può affatto pagarselo. In ogni caso coloro che non potrebbero pagarselo si troverebbero ad affrontare la concreta possibilità di un processo di esclusione sociale, determinato dal fatto che non avendo capacità d'acquisto sarebbero costretti a rimanere sotto la soglia del minimo vitale.
Ci pare poi inammissibile la possibilità prevista dal ddl di Rifondazione di affidare il servizio idrico integrato a società per azioni, benché ne sia prevista la maggioranza pubblica. Sappiamo bene che la maggioranza pubblica sarebbe nel tempo un argine troppo sottile da opporre alla privatizzazione. In ogni caso, venendo tale ddl del PRC siciliano, dopo l'art.35 della finanziaria 2002 e dopo i continui attacchi alla gestione pubblica dei servizi condotti negli ultimi mesi in Sicilia da Cuffaro, avrebbe dovuto, a parere nostro, meglio confrontarsi con la questione della privatizzazione in atto.
Il PMLI è convinto che ormai sia necessaria una presa di posizione forte che contribuisca in maniera radicale al mutamento della gestione globale delle risorse, del servizio idrico integrato e alla risoluzione definitiva della crisi in Sicilia, nell'interesse del benessere della popolazione e delle future generazioni.

LE PROPOSTE DEL PMLI
Il PMLI chiede anzitutto le dimissioni di Cuffaro da presidente della Regione Sicilia per due ordini di motivi.
In primo luogo perché ha proceduto, con la sua politica ultraliberista, ad un continuo esproprio del bene pubblico a favore dei privati sia per quanto riguarda le risorse naturali, tra cui l'acqua, sia per quanto riguarda i servizi nevralgici per il benessere delle masse siciliane: sanità, scuola, aziende regionali, beni artistici e monumentali, etc.. Cuffaro sta da due anni ininterrottamente spogliando i siciliani del loro patrimonio pubblico: deve andarsene.
In secondo luogo, riteniamo che le indagini in corso su presunte collusioni tra esponenti di questo governo regionale e il crimine mafioso siano più che sufficienti per chiedere le dimissioni di Cuffaro, tanto più che, siamo in argomento, le dichiarazioni che lo riguardano, rilasciate da "collaboratori di giustizia", lo accusano di aver intascato una tangente proprio per il rifacimento della rete idrica di Marineo. La questione morale, che noi non idealizziamo poiché non ci stupiamo affatto della corruzione e del clientelismo in cui sguazzano le più alte istituzioni siciliane, anche di "centro-sinistra", ma li riteniamo strutturali, la poniamo in relazione ai pesanti danni che i politicanti borghesi corrotti procurano alle masse popolari siciliane e a questo si può e si deve mettere un freno.
Il PMLI inoltre ritiene che sia necessario farla finita con lo strumento dell'emergenza idrica, con il quale si mettono in mano al presidente della regione di turno poteri spropositati che quasi mai vengono utilizzati per il bene comune.
L'ordinanza citata firmata da Berlusconi è un esempio di questi eccessivi poteri. Il suo ritiro sarebbe una conquista democratica. Si pone infatti per l'immediato futuro, grazie alla pioggia di soldi comunitari che arriveranno in Sicilia, il problema dell'infiltrazione della mafia nella gestione degli appalti per le opere idriche.
Chiediamo che vengano applicate, nonostante il regime di "somma urgenza", tutte le leggi nazionali e regionali a tutela degli appalti pubblici dalle infiltrazioni della mafia. Ovvero che vengano escluse immediatamente dalle opere tutte le eventuali ditte appaltatrici e subappaltatrici che abbiano nel Consiglio di Amministrazione condannati o inquisiti per mafia.
Le ultimissime rivelazioni relative all'indagine sul rapporto tra mafia e politicanti borghesi in Sicilia, che hanno già portato all'arresto del pupillo politico di Cuffaro, Miceli, ed hanno coinvolto ilpresidente siciliano in prima persona, hanno palesato forti interessi della mafia nello sfruttamento ambientale e delle risorse naturali. Tra gli obiettivi principali l'acqua, le cave di estrazione di materiali per costruzione, la gestione del ciclo dei rifiuti. La Sicilia manca di un piano regionale per le cave di estrazione, cosa che favorisce le speculazioni mafiose nel settore. E' necessario, considerato che verranno avviati nuovi lavori di completamento e ristrutturazione di alcune infrastrutture idriche, che si ponga molta attenzione alla gestione e che la Regione si doti finalmente di un piano che regolamenti l'uso delle cave sul territorio.
Altra importante questione è quella dei pozzi abusivi in mano alla mafia. E' necessario che si proceda alla loro requisizione e iscrizione nell'elenco delle acque pubbliche. Lo stesso dicasi per i grandi pozzi in mano ai privati.
Secondo noi una delle priorità è lo scioglimento della Sicilacque e la ricostituzione dell'Eas. Quest'ultimo va riformato in modo da garantire una gestione efficiente e in sicurezza delle dighe e degli impianti. L'ultima fase della conduzione dell'Eas ha proposto situazioni paradossali come quella di interi acquedotti senza neanche un operaio che li gestisse.
La questione degli operai dell'Eas nell'attuale fase di privatizzazione si pone in maniera critica. Noi chiediamo che nella privata Sicilacque passi l'intero organico dell'ex-Eas, con contratti a tempo indeterminato, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelati, inoltre chiediamo che il personale operaio venga rafforzato con nuove assunzioni.
Attualmente la priorità degli interventi pubblici in Sicilia per risolvere la crisi idrica e avviare un servizio integrato di buona qualità deve riguardare gli invasi e le dighe, la rete di distribuzione, i depuratori, le fognature. Bisognerebbe intervenire in maniera organica su queste strutture per completarle e attuare le necessarie interconnessioni.
In Sicilia non è procrastinabile l'approvazione di una legge organica per la protezione del suolo e delle risorse idriche. In ogni caso bisogna porre immediatamente attenzione al risanamento ambientale che riguardi le zone industriali siciliane, con particolare attenzione alle falde acquifere del comprensorio di Augusta-Priolo-Melilli inquinate da idrocarburi.
Bisogna spezzare il rapporto clientelare tra le istituzioni e la gestione del settore idrico. A questo proposito occorre anzitutto individuare un unico Bacino Idrografico in tutta la Sicilia, gestito da un'Autorità di Bacino regionale, che abbia compiti di coordinamento e di organizzazione della distribuzione delle risorse idriche, tramite la redazione del Piano di Bacino.
Ai Piani di Bacino va data la massima pubblicizzazione, su di essi le masse siciliane devono avere l'ultima parola.
La Sicilia ha bisogno di una legge organica sul servizio idrico integrato pubblico.
Un obiettivo è quello dell'abolizione dell'articolo 69 della legge 10/99, nel quale si dà alla maggioranza di turno il diritto di istituire a sua discrezione gli ATO e di variarli ogni cinque anni, e, ovviamente, altro obiettivo è quello di abolire il decreto presidenziale dell'agosto 2001 che individua nove ATO in Sicilia. Bisogna ridisegnare gli Ambiti secondo criteri tecnico-scientifici e seguendo un reale programma di servizio integrato pubblico e di gestione per il risparmio delle risorse. La loro ricostituzione è una questione di sicurezza ambientale per la popolazione e di coordinamento della protezione, è una barriera al saccheggio delle risorse da parte dei privati. Pensiamo che la battaglia attuale debba impedire l'avvio delle gare per l'assegnazione ai privati degli ATO, per garantire la gestione pubblica.
La questione dell'esclusione delle aziende private dalla gestione ha anche un risvolto pratico. Infatti, a parte eccezioni che si contano sulle dita di una mano, nessuna delle aziende che in Sicilia lavorano nel settore idrico è in grado di gestire l'intero il ciclo delle acque dalla captazione alla depurazione, al servizio fognario, come richiede il servizio integrato. E' evidente allora che, pena lo scadere ulteriore della qualità dei servizi forniti agli utenti, è necessaria una presenza qualificata del pubblico nella gestione del servizio.
Riteniamo che gli ATO debbano essere gestiti pubblicamente in una forma consortile tra i vari comuni aderenti, tramite un'azienda speciale a capitale e gestione interamente pubblici.
La questione delle tariffe, abbiamo già detto, è nodale. Sicuramente esse devono essere identiche in tutta la regione e rappresentare il corrispettivo di un servizio di elevata qualità omogeneo sul territorio. L'erogazione dell'acqua, in quanto bene primario, va garantita alla popolazione per usi civili, con un rifornimento non inferiore a 100 lt. giornalieri procapite. Per combattere i fenomeni di esclusione sociale che si verificheranno con l'aumento delle tariffe, è necessaria una legge che obblighi i gestori pubblici o privati a fornire gratuitamente, con divieto di interruzione del servizio, l'acqua alle fasce sociali più deboli, come i disoccupati, pensionati, precari, cassintegrati, pensionati sociali, studenti fuorisede, immigrati extracomunitari, con un rifornimento non inferiore al minimo giornaliero pro-capite di 100 lt. Lo stesso chiediamo per le associazioni ed i centri sociali giovanili.
E' necessario vietare alle aziende private che nel prossimo futuro gestiranno il settore qualsiasi interruzione della fornitura dell'acqua agli ospedali, scuole, carceri, uffici pubblici; in caso di interruzione per cause di forza maggiore le aziende siano obbligate a rifornire tramite autobotti e senza spese aggiuntive gli edifici di interesse pubblico.
Qualora sia avviata la gestione privata del servizio idrico integrato è necessario che la Regione o gli enti locali o i consorzi non accettino riscatti di alcun tipo per la rescissione dei contratti e che sia fatto divieto sul territorio siciliano di ricorrere a Spa per la gestione delle infrastrutture.
E' inutile nascondersi che le scelte relative alle fonti di approvvigionamento segneranno in maniera irreversibile sia la qualità del servizio, sia lo sfruttamento del territorio. Siamo favorevoli alla ricerca di nuove falde acquifere, ma del tutto contrari, ai costosi e inquinanti progetti sulla dissalazione. Non si può proporre acqua a così caro prezzo ai siciliani, quando peraltro le fonti di approvvigionamento esistono. Per le piccole isole chiediamo di migliorare il sistema di rifornimento vigente, creando pozzi di raccolta più capienti e prevedendo interventi pubblici più sostanziosi per abbassare il costo del trasporto dell'acqua con le navi cisterne. In ogni caso le società private devono essere escluse dalla dissalazione e dalla costruzione degli impianti e che agli utenti sia garantita la possibilità di scegliere tra acqua dissalata e rifornimento tramite i metodi tradizionali.
Il piano di recupero generale delle infrastrutture e del patrimonio idrogeologico deve essere accompagnato da provvedimenti, finalizzati a un reale risparmio delle risorse idriche grazie a programmi per la depurazione ed il riutilizzo delle acque reflue da impiegare a fini industriali e per l'irrigazione delle campagne, le quali attualmente sono le zone più pesantemente colpite da una crisi che non si vuole risolvere. In questo ambito è necessario completare il numero dei circa seicento depuratori previsti dal piano regionale e ammodernare i sistemi di irrigazione.
Il PMLI ritiene che la lotta per la riappropriazione delle risorse idriche, sottrandole al selvaggio sfruttamento capitalistico, e per garantire un reale diritto all'acqua alle generazioni attuali e future nell'isola debba essere portata avanti soltanto attraverso la mobilitazione delle masse siciliane. Il PMLI lavora perché si costituiscano delle assemblee e dei comitati di quartiere, di comune, a livello di Ato e regionali affinché le masse prendano coscienza della questione della risorse idriche in Sicilia e della loro attuale gestione ed elaborare una loro strategia politica alternativa e forme di lotta condivise per modificare la tendenza scellerata imposta dalle istituzioni e dei partiti di "centro-destra" e "centro-sinistra" svenduti ai privati e alle multinazionali.
Occorre creare un fronte unito più ampio possibile tra tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali e religiose antimafiose contrarie alla privatizzazione dell'acqua sulla base di una comune piattaforma sulla corretta e democratica utilizzazione e gestione delle risorse idriche in Sicilia.

La nostra piattaforma che comunque porteremo avanti è la seguente:
1) Dimissioni di Cuffaro da presidente della Regione.
2) Abolizione dello strumento dell'emergenza idrica e del relativo commissario.
3) Ritiro dell'ordinanza neofascista del 3 luglio 2003.
4) Completamento di tutte le dighe e opere di canalizzazione incompiute attraverso procedura ordinaria, rispettando la legge regionale sugli appalti e prevedendo protocolli di trasparenza e legalità.
5) Estromissione dai lavori già avviati degli imprenditori inquisiti o condannati per mafia e delle società che abbiano nei CdA inquisiti o condannati per reati di mafia o corruzione.
6) Approvazione di una legge organica per la difesa e il risanamento del suolo e delle risorse idrogeologiche.
7) Approvazione di una legge organica sulla gestione pubblica del servizio idrico integrato, nel rispetto e risparmio delle risorse idriche e della salvaguardia del suolo.
8) Approvazione di un piano regionale per le cave, prima dell'apertura dei nuovi lavori sulle infrastrutture idriche.
9) Istituzione di un unico bacino idrografico in Sicilia.
10) Istituzione di un'Autorità di Bacino che coordini il servizio idrico a livello regionale, con compiti di elaborazione del Piano di bacino, di coordinamento delle risorse idriche e tutela delle acque e di decisione degli interventi straordinari necessari.
11) Massima pubblicizzazione ai Piani di Bacino, sui quali le masse siciliane devono avere l'ultima parola.
12) Abrogazione nell'articolo 69 della 10/99 regionale, delle successive delimitazioni degli ATO.
13) Ricostituzione degli ATO secondo uno schema tecnico che salvaguardi il rispetto dei bacini idrici e la protezione delle risorse idriche e del suolo e garantire un regime di massimo risparmio delle risorse.
14) Costituzione in consorzio dei Comuni dell'ATO.
15) I consorzi costituiscano una società speciale a capitale interamente pubblico per gestire il servizio.
16) Divieto di stabilire riscatti di qualsiasi entità a carico degli enti pubblici siciliani per la rescissione di contratti con privati.
17) Divieto di costituzione di Spa per la proprietà degli impianti sul territorio dell'isola.
18) Prevedere una soglia minima di erogazione di 100 lit. pro capite giornalieri per tutti senza differenza di reddito, sotto la quale le aziende non possono scendere.
19) Prevedere un'unica tariffa regionale per il servizio idrico integrato stabilita dall'autorità regionale di bacino.
20) Gratuità del rifornimento di acqua e divieto di interruzione del servizio per disoccupati, cassaintegrati, precari, pensionati sociali, studenti fuori sede, immigrati extra-comunitari, associazioni e centri sociali.
21) Divieto di interruzione del servizio da parte delle aziende fornitrici per ospedali, carceri, scuole, università, uffici pubblici.
22) Obbligo da parte delle aziende che gestiscono il servizio di prevedere un piano di distribuzione tramite auto-cisterne e senza costi aggiuntivi in caso di interruzione del servizio per guasti.
23) Piano regionale straordinario per il recupero delle coste, del suolo e delle risorse idrogeologiche delle zone a grave rischio ambientale di Termini Imerese, Milazzo, Priolo-Melilli-Augusta, Gela.
24) Piano regionale per l'ammodernamento delle strutture di irrigazione in tutta la Sicilia e di un piano contro la desertificazione del territorio.
25) Scioglimento della Sicilacque.
26) Ricostituzione dell'EAS e rafforzamento dell'organico, con operai a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato e con contratti a tempo indeterminato.
27) Completamento delle reti idriche e dei depuratori incompleti con i fondi pubblici di Agenda 2000, e rifacimento con criteri aggiornati delle fognature e delle reti idriche siciliane.
28) Soppressione dei progetti per i dissalatori.
29) Esclusione delle aziende private dai progetti di costruzione e gestione dei dissalatori.
30) Inserimento negli elenchi delle acque pubbliche dei grandi pozzi privati.
31) Requisizione e iscrizione di tutti i pozzi in mano alle famiglie mafiose negli elenchi delle acque pubbliche.
 

L'Ufficio politico del PMLI


Firenze, 9 settembre 2003