Rivolta contro il muro antimigranti di Bush
Proteste in Messico, Guatemala, Costa Rica e Panama
Il 4 ottobre scorso l'Hitler della Casa Bianca George Bush ha firmato la legge per costruire un muro di 1.126 chilometri alla frontiera con il Messico, attrezzato con telecamere a raggi infrarossi, apparecchiature radar e veicoli per il posizionamento di reti mobili. Un'enorme diga di cemento che dovrebbe sigillare la frontiera contro "l'invasione" illegale degli ispanici. Il muro fa parte di un pacchetto-sicurezza che oltre ai primi 1,2 miliardi di dollari dei 7 previsti per la sua costruzione, prevede altri 34 miliardi di dollari per un piano antimmigrazione.
Avviato a seguito dell'11 settembre 2001 il progetto era rimasto come una mina vagante nell'agenda politica di Washington fino a qualche settimana fa quando, con il voto favorevole di parte dei deputati democratici e contro la montante protesta della comunità latina degli Usa, il Congresso ha dato il via libera all'edificazione del muro lungo il Rio Bravo, ossia su più di un terzo del confine col Messico, per impedire l'ingresso negli Usa di altri immigrati che andrebbero ad aggiungersi ai 12 milioni di lavoratori senza permesso che - anche se i politicanti yankee fanno finta di ignorarlo - rappresentano l'ossatura della manodopra di gran parte delle industrie californiane e texane e la ricchezza da loro prodotta ha un peso rilevante nella bilancia economica degli Usa.
Il progetto ipotizzato dal Congresso va ad aggiungersi all'attuale muraglia di oltre 100 chilometri che già divide il Messico dagli Stati Uniti, sorvegliata a vista dalla polizia di frontiera statunitense (che la legge appena varata prevede di rafforzare con altri 1.500 uomini) e da una miriade di gruppuscoli filonazisti del Texas e del New Mexico pronti a sparare a vista contro qualsiasi migrante osi violare i confini Usa.
Immediate proteste del governo messicano che ha chiesto il veto sulla decisione del governo americano sostenendo che la nuova barriera anti-immigrazione "danneggerà" i rapporti bilaterali tra i due paesi. Proteste anche in molti altri paesi del Centro America, come Guatemala, Honduras, Costa Rica, El Salvador, Panama e Nicaragua, che hanno evidenziato che gli Usa non possono trattare così la questione migratoria ed il muro senza politiche contro la disoccupazione nei loro paesi "sia come perdere tempo". Anche i vescovi del Messico, in un documento, rilanciato dall'agenzia Zenit, hanno duramente criticato la costruzione del muro: "L'elevazione di muri non sembra essere la risposta giusta o appropriata per affrontare una sfida del XXI secolo com'è la migrazione umana".
Negli Usa, domenica 8 settembre migranti messicani - in rappresentanza di un totale di 12 milioni - sono scesi in strada per protestare contro la costruzione del Muro dell'infamia.
Proteste neppure prese in considerazione dall'Hitler della Casa Bianca né dai molti parlamentari americani in corsa per il voto di metà mandato del 7 novembre che hanno fatto della barriera antimmigrati il loro cavallo di battaglia per attrarre il voto conservatore e xenofobo, soprattutto negli Stati del Sud.

18 ottobre 2006