Con la Costituzione in mano
Rivolta dei magistrati contro la "riforma dell'ordinamento giudiziario"
A Palermo contestato il ministro della giustizia Castelli
Così come avviene da quattro anni a questa parte i magistrati hanno colto l'occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario per dare visibilità alla loro battaglia contro la "riforma" che mira ad assoggettare la magistratura all'esecutivo voluta a ogni costo dal neoduce Berlusconi per interposta persona del ministro fascioleghista Castelli.
In tutti e 26 distretti, dalla Valle D'Aosta alla Sicilia, i magistrati si sono presentati alle cerimonie con la toga nera sulle spalle e la Costituzione ben visibile in mano, e in molti casi hanno abbandonato le sale quando ha preso la parola il rappresentante del governo. Alcuni però hanno preferito addirittura disertare del tutto l'appuntamento, giudicando troppo blanda e dimessa la forma di protesta scelta dall'Anm. Non sono mancate però le eccezioni dove i toni della protesta sono stati più aspri e clamorosi.
Come è avvenuto a Palermo, dove a presenziare all'inaugurazione dell'anno giudiziario era sceso proprio il ministro Castelli. Un centinaio di magistrati palermitani hanno infatti disertato in massa la cerimonia ufficiale e dato vita a una contromanifestazione nel piazzale adiacente il Palazzo di Giustizia dedicata, per l'appunto, ai giudici morti per mano mafiosa. Castelli, che era sceso nel capoluogo siciliano per "mazziare" i magistrati ribelli, si è così trovato isolato, a parlare in una sala semivuota e gelida, dove ad applaudirlo c'erano solo i deputati di Forza Italia e l'imputato per mafia e presidente della regione Sicilia Totò Cuffaro. Uno schiaffo reso ancor più cocente dal successo che invece ha riscosso la contromanifestazione di piazza. Un fiume di folla si è stretto attorno ai magistrati della procura. "è stata qui la vera inaugurazione dell'anno giudiziario", ha commentato alla fine l'ex componente del Csm Fiandica. E infatti in piazza c'erano proprio tutti: quelli del pool e quelli dell'"ordinaria", giovani e anziani, c'erano gli aggiunti Roberto Scarpinato, Guido Lo Forte, Sergio Lari, Gioacchino Natoli, Antonino Ingroia (il pm del processo Dell'Utri), c'erano i colleghi delle altre procure siciliane. Unanime la rabbia che le "toghe ribelli" hanno esternato dai microfoni messi a disposizione dalla Cgil (ufficialmente l'autorizzazione all'uso della piazza era stata concessa a Cgil e Cisl) contro la "riforma" e la provocatoria arroganza di Castelli, che aveva cercato di bloccare ogni forma di dissenso dei magistrati facendo pressioni inaudite sul pg Celesti affinché vietasse l'accesso in un'aula del Palazzo di giustizia (già peraltro concessa) a quei magistrati che volevano dare vita alla loro "contro inaugurazione" dell'anno giudiziario.
"Ci rifiutiamo di partecipare alla manifestazione ufficiale - ha denunciato Lari - che resta solo un fatto di liturgia. Speravamo in un dibattito vero sui temi della giustizia, invece il ministro della Giustizia, con la sua maggioranza, si appresta ad approvare, solo con alcuni ritocchi, l'impianto della legge delega". "La legge di riforma mira sostanzialmente al controllo della magistratura da parte del potere politico, e, pur di raggiungere questo scopo, il ministro non si fa scrupolo di rallentare ulteriormente la macchina-giustizia", incalza il sostituto procuratore Nino Di Matteo. Scarpinato invece denuncia: "Siamo qui, all'aperto, perché ci è stato negato l'accesso a un'aula, e questo è un visibile deperimento della democrazia".
Forte è stata la protesta delle toghe napoletane che hanno lasciato il Salone dei Busti di Castelcapuano durante l'intervento del rappresentante del ministero, Alfonso Papa. Contestato duramente (gli hanno gridato "buffone, vergogna") l'intervento del senatore di AN Luigi Bobbio, ex pm a Napoli, che aveva accusato il pg Vicenzo Galgano di essere "entrato nell'agone politico" perché nella sua relazione aveva osato mettere sott'accusa la riforma della giustizia, paventando involuzioni autoritarie. Alla protesta dei giudici si è aggiunta anche quella dei lavoratori degli uffici giudiziari aderenti a Cgil, Cisl e Uil che hanno protestato con il lutto al braccio contro "la carenza di mezzi e strumenti".
I magistrati romani non hanno organizzato proteste clamorose. Niente uscite dall'aula al momento del discorso ministeriale o contro manifestazioni, ma alla fine del discorso ministeriale, hanno sventolato la Costituzione. Duri e critici però tutti gli interventi. In particolare quello del presidente del tribunale di Roma, Luigi Scotti, che oltre a smontare punto per punto il discorso letto da Augusta Iannini ma scritto dal ministro Castelli, ha aggiunto in apertura: "è un giorno di lutto per la giustizia italiana. Per questo abbiamo deciso di indossare la toga". Quanto alla riforma il suo giudizio è stato categorico: "Il rischio è quello di tornare, se passasse la riforma ad una situazione che era in vigore nel 1941. Una condizione impiegatizia e burocratica della magistratura". Critiche al governo e al ministro anche da parte del pg Salvatore Vecchione e del presidente della settima sezione del tribunale Filippo Paone. Davanti al Palazzo di Giustizia la protesta dei lavoratori del settore, sui cui striscioni era scritto: "La giustizia è morta, ma anche i lavoratori della giustizia non stanno tanto bene".
Particolarmente forte la denuncia del pg di Brescia Aniello Lamonica che ha paragonato la riforma Castelli al progetto piduista. "Molte modifiche, o rientrati propositi, trovano allarmanti coincidenze con le proposte di riforma dell'ordinamento giudiziario contenute nel Piano di rinascita democratica predisposto dal gran maestro Licio Gelli della loggia massonica P2", ha detto. "Tali coincidenze, certamente casuali, ha proseguito, hanno autorizzato il gran maestro a dire di aver scritto tutto 30 anni prima e, forse per celia, di poter vantare i diritti d'autore".
Un lungo applauso ha accolto la relazione del Pg di Bologna Francesco Pintor che non ha risparmiato critiche alla riforma, "il cui obiettivo principale sembra essere la mortificazione del pm". Alla fine del suo intervento i magistrati in toga nera hanno sventolato la Costituzione e innalzato dei cartelli con la scritta "La Costituzione non si prescrive", alludendo polemicamente alla legge "salva-Previti". Quasi tutte le toghe nere hanno poi abbandonato l'aula quando ha preso la parola il rappresentante del governo Gianfranco Mantelli. A Venezia hanno sfilato con la Costituzione in mano anche i giudici in toga rossa della corte d'Appello, una protesta in più rispetto a quelle previste dall'Anm. "è successo in varie città - ha ammesso poi il presidente Edmondo Bruti Liberati - perché forte è tra i colleghi la mortificazione, l'insofferenza e la frustrazione".
Inspiegabilmente sotto tono invece la protesta durante la cerimonia dei guidici milanesi. Quando ha preso la parola il rappresentante del governo Angelo Gargani, solo il procuratore aggiunto Armando Spataro, seguito a ruota da un'altra quindicina di giudici, hanno abbandonato la sala con in mano la Costituzione.
Blanda la relazione del pg Mario Blandini che non ha fatto nessun accenno alla riforma della giustizia, alla politica delle leggi ad personam, all'abuso della prescrizione, alla morte dei processi. Molto più severo il commento fuori dall'aula dell'ex procuratore Francesco Saverio Borrelli: "Della riforma dell'ordinamento giudiziario ho la peggiore opinione possibile... Non serve assolutamente a velocizzare la giustizia e non va nel senso delle aspettative di giustizia dei cittadini. è una riforma che mina l'autonomia e l'indipendenza del giudice e del magistrato in generale. La mina nell'attualità e la mina ancor di più in prospettiva". A Torino invece, la relazione pronunciata da Giancarlo Caselli ha aspramente denunciato la mancanza di volontà politica del governo di risolvere i veri problemi della giustizia a partire dalla mancanza di fondi. Quanto alla riforma ha detto: "C'è la diffusa preoccupazione che possa trattarsi non di una riforma della giustizia ma dei giudici" che ha in seno le premesse per la separazione delle carriere e "spalanca le porte a forme di controllo politico".

26 gennaio 2005