Rivolta dei lavoratori dei tabacchifici in Turchia

Dallo scorso dicembre i lavoratori della Tekel, fra cui molte donne, sono in lotta contro la privatizzazione dell'azienda statale dei tabacchi che il governo turco ha venduto nel 2008 a varie anziende. Il centro della protesta è Sakarya, uno dei quartieri centrali della capitale turca Ankara, vicino alla sede del sindacato Türk-Is dove i lavoratori provenienti dai vari stabilimenti di tutto il paese hanno montato dei tendoni per un presidio che ha sfidato la repressione della polizia.
A sostegno della loro lotta, il 4 febbraio scorso, i sindacati avevano promosso uno sciopero generale che si è svolto con successo, nonostante lo sciopero generale sia proibito per legge in Turchia. I sindacati hanno stimato che siano stati diversi milioni i lavoratori che hanno aderito allo sciopero e diverse migliaia hanno partecipato alle manifestazioni principali ad Ankara e Istanbul e in molte città del paese, da Izmir a Adana, da Diyarbakir a Antakya.
La Tekel è l'azienda statale di sigarette e Raki, il cui ramo di produzione del tabacco è stato ceduto dal governo alla British and American Tobacco, che una volta divenuta proprietaria ha deciso di chiudere quattro delle cinque fabbriche sparse nel paese. I lavoratori si sono mobilitati al primo annuncio della fabbrica di Adana e l'hanno occupata.
Come nel caso delle altre privatizzazioni, il governo ha proposto agli operai della Tekel di rimanere dipendenti statali ma col nuovo contratto flessibile chiamato "4C", dal numero dell'articolo della legge 657 che ha modifica il codice del lavoro. Le condizioni di lavoro definite dal "4C" sono 10 mesi di lavoro pagati su 12, con un massimo di 800 lire turche lorde mensili (meno di 400 euro), che corrispondono alla metà del salario precedente e a un valore al di sotto del salario minimo legale. Il "4C" prevede inoltre il divieto di iscrizione ai sindacati, nessun contributo né incentivo fiscale, un massimo di un giorno di ferie pagate al mese, due giorni di malattia ogni 4 mesi e nessuna indennità di licenziamento. Una condizione di supersfruttamento rifiutata dai lavoratori che sono scesi in lotta.

10 marzo 2010