Con la manovra finanziaria di Tremonti-Sacconi-Brunetta
Il governo Berlusconi vuole ridurre la sanità pubblica ai minimi termini
Cancellati 6 miliardi di euro in tre anni al fondo sanitario nazionale. Le regioni in deficit reintrodurranno i ticket. Abolite le esenzioni. Altri tagli di personale e posti letto negli ospedali pubblici
Con il federalismo fiscale il sistema sanitario nazionale scomparirà
Ancora tagli devastanti alla spesa pubblica: 9 miliardi solo nel 2009, 20 miliardi nel triennio.
Ancora una stangata micidiale sulla sanità pubblica. Dopo le manovre del 2004 e del 2005 che hanno visto un decurtamento per la spesa sanitaria pari a 9 miliardi di euro, nella finanziaria 2009-2011 si parla di una riduzione dei finanziamenti pari a 6 miliardi di euro nel triennio. Si tratterebbe di una diminuzione di oltre il 10% del fondo sanitario nazionale (FSN), già largamente sottostimato negli ultimi anni ed inferiore in rapporto al Pil a quello dei principali paesi europei. Ancora tagli per 3,4 miliardi sono previsti per le spese di regioni e Enti locali. Solo per i Comuni, a cui è affidato ormai l'80% degli interventi del "welfare", la scure del neoduce Berlusconi ammonta a 1,34 miliardi di euro, inizialmente 1,55 miliardi alleggerito di 200 milioni dopo la protesta degli enti locali. E non è finita perché è stato ridotto a meno di un terzo lo stanziamento previsto per compensare l'eliminazione dei ticket.
È evidente che il governo vuole spingere gli enti locali a cancellare prestazioni fondamentali, a privatizzare i servizi, ad aumentare le tasse locali (Irap, addizionali Irpef, accise sulla benzina, ecc.) ad indebitarsi con le banche. "È inevitabile che i provvedimenti del governo per le Regioni inefficienti si possano tradurre in ticket e in aumento della pressione fiscale locale" ha affermato fuori dai denti il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, che ha anche ribadito "per il governo il federalismo fiscale è una priorità" e il percorso è già avviato con "l'intesa tra governo e Regioni su cui stiamo dibattendo a livello parlamentare". Come dire oggi prosciughiamo i finanziamenti a ciò che rimane del cosiddetto "Stato sociale", domani intendiamo cancellarlo dalle fondamenta, a cominciare dalla scuola pubblica e dal Sistema sanitario nazionale, spaccare il paese in 20 pezzi, spedendo con un calcione il Mezzogiorno nel Terzo Mondo.
Tornando alla mostruosa manovra finanziaria sulla sanità partorita dalla sanguisuga a tre teste Tremonti-Sacconi-Brunetta essa prevede un giro di vite per quelle categorie ora esenti: anziani con patologie invalidanti, malati oncologici, a prescindere dal reddito. Le modalità dei controlli saranno stabilite da un decreto dei ministeri del Tesoro e della Salute. Per i non esenti invece saranno reintrodotte le norme del governo Prodi: un'imposta di 10 euro per ogni ricetta. Per le prestazioni non urgenti al pronto soccorso un ticket di 23 euro per ogni visita medica più altri 18 euro per ogni visita diagnostica. Fino a 36,15 euro per le visite specialistiche. Per un normale esame del sangue ogni cittadino potrà sborsare 92 euro e 30 alla Asl. È più che prevedibile che verrà a cadere l'abolizione del ticket di 10 euro sulle ricette per la specialistica e la diagnostica. Senza dire dei tagli alla busta paga e dell'ondata di licenziamenti tra i dipendenti pubblici annunciati dalle nuove inaccettabili norme "antifannulloni" di Brunetta sulla "produttività" e sulle "assenze per malattia".
Quel che è certo è che già da settembre le regioni con deficit stratosferici, come Campania, Sicilia, Lombardia, Abruzzo, Molise, Calabria, Liguria, oltre a reintrodurre e inasprire "i ticket ed altre forme di partecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria" saranno indotte a ridurre ancora i posti letto ospedalieri, a dismettere servizi, beni mobili ed immobili, a prorogare all'infinto il blocco del turn over e a tagliare ancora il personale sanitario che lavora nelle strutture pubbliche, medici, infermieri, tecnici, ecc., a cancellare i già asfittici servizi di prevenzione e di assistenza socio-sanitaria e riabilitativa, aumentare i day hospital impropri, le deospedalizzazioni precoci, che dal 7,7% dei ricoveri totali del 1997 sono schizzati al 19,1 del 2007 con tutte le conseguenze immaginabili per i pazienti.
Se i sindacati dormono ancora, timidi segnali di protesta si sono levati dal presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani: "C'è un taglio reale di almeno 7 miliardi da qui al 2011 che può incidere profondamente sulla qualità e sulla quantità dei servizi sanitari. Mi auguro davvero che il Governo non voglia assumersi la ulteriore responsabilità di ribadire una quantità di risorse che è ben al di sotto del tendenziale e che si pone addirittura al di sotto del tasso di inflazione (il rinnegato si riferisce a quella programmata, che è ben al di sotto dell'inflazione reale). Le regioni alla luce di questi tagli dovranno ridurre i servizi sanitari e in molti casi reintrodurre i ticket". Persino il governatore ultraliberista e secessionista della casa del fascio Roberto Formigoni si è infuriato: "viene stracciato il patto per la salute 2007-2009 mancano all'appello 834 milioni di euro per evitare i ticket". Ben altre misure erano invece urgenti per arginare lo sfascio della sanità pubblica:
1) Ripubblicizzare il sistema della riabilitazione. Bloccare e reinternalizzare i consistenti flussi dirottati verso l'esterno del sistema pubblico, al sistema del privato convenzionato: in Campania 3,8 miliardi, in Sicilia 3,3 miliardi, nel Lazio di Piero Marrazzo 4,7 miliardi su un budget di 10,8 miliardi che è la cifra più elevata in assoluto dopo la Lombardia (7 miliardi). Ad esempio abolendo subito i pagamenti "a prestazione" tecnicamente detti Drg (Diagnosis related group), mutuati dal sistema americano e che hanno alimentato le criminali maxitruffe al Ssn del tipo della clinica S. Rita di Milano. L'uso truffaldino di questo prezzario delle prestazioni certificato dalle Sdo (schede di dimissione ospedaliere) costerebbe almeno 5 miliardi l'anno alle casse dello Stato.
2) Generalizzare con un piano straordinario di assunzioni nella sanità pubblica l'"assistenza domiciliare integrata" ed il sistema dell'"emergenza sanitaria", sopratutto al Sud.
3) Obbligare a produrre ed acquistare dalle aziende farmaceutiche solo i "farmaci generici".
3) Cancellare la nomina politica, senza concorso e controllo, dei manager, dei direttori sanitari ed amministrativi di Asl e aziende ospedaliere pubbliche e ridurre drasticamente i loro stipendi miliardari. Controllare le tangenti pagate a politici e dirigenti della Sanità e il sistema degli appalti e subappalti per servizi e forniture che ingrassano le mafie, le case farmaceutiche e gli speculatori di ogni tipo.
Ma chiedere questo al governo del piduista, neofascista, filo mafioso Berlusconi, che ha persino cancellato il ministero della salute, era davvero troppo. La parola deve tornare alla piazza: no allo smantellamento del Sistema sanitario nazionale!

10 settembre 2008