L'autore di "Gomorra" attacca i "ragazzi del movimento" come fece Pasolini nel '68
Saviano, la violenza delle masse e la lotta contro il governo Berlusconi
Il nuovo idolo della "sinistra" borghese ed editorialista de "La Repubblica" nel 2001 era ammiratore dei Maestri del proletariato e fautore del socialismo
"Chi ha lanciato un sasso alla manifestazione di Roma lo ha lanciato contro i movimenti di donne e uomini che erano in piazza, chi ha assaltato un bancomat lo ha fatto contro coloro che stavano manifestando per dimostrare che vogliono un nuovo paese, una nuova classe politica, nuove idee. Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in più dato al governo Berlusconi. I caschi, le mazze, i veicoli bruciati, le sciarpe a coprire i visi: tutto questo non appartiene a chi sta cercando in ogni modo di mostrare un'altra Italia".
Con questa netta presa di posizione inizia la lettera-editoriale che lo scrittore Roberto Saviano rivolge ai "ragazzi del movimento" dalle pagine de "La Repubblica" subito dopo la storica manifestazione del 14 dicembre e la fiera battaglia che ne è seguita nel centro della capitale. Un intervento di aperta e totale condanna della battaglia stessa, che per certi aspetti ricorda quello della miope e retrograda poesia di Pasolini dopo la storica battaglia di Valle Giulia nel '68, e che ha sollevato giustamente un vasto dissenso, con giudizi anche assai duri nei suoi confronti, da parte del movimento degli studenti. A cominciare da quello espresso nella replica degli studenti della Sapienza in mobilitazione, che ricordano allo scrittore che "il più grande corteo studentesco della storia del Paese" (oltre 100 mila persone provenienti da tutta Italia, un evento superiore a tutte le attese, ndr) aveva deciso di "violare i divieti per riportare la democrazia sotto i palazzi di una politica sorda alla maggioranza dei cittadini contrari alla riforma universitaria". Il comunicato rivendica quindi con orgoglio la battaglia di piazza del Popolo, non dovuta a inesistenti Black bloc ma come una "rivolta sociale" di decine di migliaia di persone esplosa irrefrenabile "alla notizia della fiducia al governo a mezzo di una pratica corrotta", invitando l'autore di "Gomorra" a schierarsi senza ambiguità tra chi vuole "aprire un dibattito sulle ragioni di questa rivolta" o chi vuole "ridurla a problema di ordine pubblico".

Realtà e rappresentazione della violenza
Condividiamo in pieno queste critiche a un intervento a dir poco miope e conformista, che senza prima riflettere adeguatamente e andare a fondo dei fatti, ma facendo subito propria la falsa e interessata rappresentazione fornita dai mass-media, scambia una giusta violenza di massa di migliaia e migliaia di giovani esasperati dall'indifferenza e dall'arroganza di un regime sordo a ogni loro istanza e protesta, per l'azione di "cinquanta o cento imbecilli" , di "codardi incappucciati" o "blocco nero", che avrebbero a suo dire egemonizzato e tenuto in ostaggio un corteo del tutto "pacifico" e "democratico", per ridurre la protesta "a un calcio, al gioco per alcuni divertente di poter distruggere la città coperti da una sciarpa che li rende irriconoscibili e piagnucolando quando vengono fermati, implorando di chiamare a casa la madre e chiedendo subito scusa". E così via banalizzando, fino ad arrivare a chiedere, con logica quasi questurina, di "organizzarsi e non permettere mai più che poche centinaia di idioti egemonizzino un corteo di migliaia e migliaia di persone".
Distruggere la città? Come può un intellettuale considerato libero e controcorrente come Saviano fare sua così passivamente la rappresentazione, drammatizzata ad arte dal governo e dai mass-media al suo servizio, della città messa "a ferro e fuoco" (l'espressione più abusata in questi giorni da tv e giornali di regime), senza accorgersi di avallare con ciò una sporca quanto scontata operazione di criminalizzazione a priori di tutto il movimento degli studenti? Fermo restando che bruciare bancomat o auto private, per quanto di lusso, o sfondare vetrine di negozi e altri atti di cieco vandalismo sono azioni individualistiche, anarcoidi e controproducenti che anche noi condanniamo e che vanno assolutamente evitate, come si fa a ridurre solo a ciò il giusto assedio e assalto dei palazzi del potere borghese e neofascista da parte di decine di migliaia di studenti universitari e medi, gli unici insieme ai ricercatori, ai precari, ai metalmeccanici della Fiom, ai terremotati dell'Aquila, alle "mamme vulcaniche" di Terzigno, ai migranti, a essere scesi in piazza il 14 dicembre per sfiduciare dal basso il nuovo Mussolini, Berlusconi, e il nero regime neofascista che asfissia l'intero Paese?
Prima di ripetere a pappagallo la versione propagandistica ufficiale avrebbe dovuto almeno metterlo in guardia la polemica scoppiata tra il neopodestà fascista Alemanno, che ha prontamente accusato danni alla città per ben 20 milioni di euro e le associazioni dei commercianti del centro di Roma, che ridimensionavano invece la stima dei danni a qualche decina di migliaia di euro, al massimo 150 mila euro comprendendo anche il mancato guadagno della giornata. Una versione ben diversa dalla "Roma a ferro e fuoco" che la ripetizione ossessiva delle immagini di un paio di blindati, un paio di auto e un bancomat in fiamme, l'"informazione" di regime ci ha propinato per giorni.
 
Intellettuali e comunicazione
In un successivo forum condotto su "Repubblica tv", in cui ha "risposto" alle critiche degli studenti del movimento senza accennare a una minima autocritica e anzi ribadendo ulteriormente le posizioni già espresse nella lettera, Saviano ha così giustificato il suo intervento: "D'improvviso mi sono ritrovato davanti a una comunicazione completamente egemonizzata dagli scontri. Non credevo che potesse accadere anche a questi movimenti, che si sono caratterizzati per il carico di novità che hanno portato". Ma nel regime neofascista la comunicazione degli avvenimenti è sempre e comunque a senso unico e rivolta a screditare e criminalizzare i movimenti di protesta e di lotta. Finché utilizzano forme di lotta pacifiche e non violente, come salire sui tetti o calare striscioni dai monumenti, o presidiare isole deserte, il regime si limita a ignorarli e ad aspettare che si esauriscano per sfinimento. Ma non appena questi movimenti si fanno più clamorosi e incisivi, con scioperi, manifestazioni di piazza, blocchi stradali e ferroviari, ecco che scattano i manganelli, i pestaggi, le denunce, le condanne e il carcere, e puntualmente anche le false rappresentazioni dei mass-media di regime per giustificare la repressione violenta delle "forze dell'ordine" con presunte "devastazioni" di quartieri e città "messi a ferro e fuoco", e così via.
Il fatto di aver scelto parole d'ordine come "voi non ci rappresentate" e "la piazza vi sfiducia", preannunciando l'assedio e l'assalto alla cittadella del potere, ha esposto automaticamente il movimento al linciaggio dei politicanti borghesi e dei mass-media di regime, qualunque cosa fosse successa. Saviano lo sa bene, visto che ha denunciato in tv i meccanismi della "macchina del fango". "Adesso parte la caccia alle streghe; ci sarà la volontà di mostrare che chi sfila è violento", scrive. Ma questo accade ed accadrà sempre e comunque. Casomai il ruolo di personaggi come lui dovrebbe essere proprio quello di denunciare e smascherare queste falsità e mistificazioni, non certo di avallarle per giustificare interventi da pompiere. Il fatto che nel denunciare invece anche lui gli scontri di piazza del Popolo come provocati da "professionisti della violenza" e nel difendere i poliziotti equiparati a loro vittime come fece Pasolini, si sia ritrovato in compagnia di ex picchiatori fascisti come Gasparri, La Russa, Alemanno, questi sì veri esperti professionisti del terrorismo e della violenza squadristica, dovrebbe quantomeno farlo riflettere e indurre alla cautela. Anche perché, una volta aperta la porta a simili ambiguità, poi si lasciano praterie anche agli attacchi del governo ai magistrati, per aver giustamente applicato la legge non confermando il carcere ai 23 giovani pestati e arrestati a casaccio dalle "forze dell'ordine", e all'invocazione di provvedimenti eccezionali come l'applicazione alle manifestazioni delle misure preventive contro gli ultras del calcio (i Daspo invocati dal fascista Mantovano) e gli arresti preventivi invocati dal capo dei senatori di Berlusconi, il gerarca Gasparri.

Gli infiltrati, una tesi fuorviante e di comodo
Ma Saviano non analizza e non riflette nemmeno sulle cause della rabbia giovanile, come pure qualche giornalista ha riconosciuto necessario. Preferisce limitarsi a tranciare giudizi sommari e di comodo, adombrando una regia occulta per una "nuova strategia della tensione" dietro la battaglia di Roma, così come ha fatto subito il PD con la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro, secondo cui "a Roma c'erano evidentemente degli infiltrati che hanno messo a rischio i manifestanti e le forze dell'ordine. Chi li ha mandati? Chi li paga? Cosa devono causare?". Una tesi ipocrita e fuorviante, ripetuta anche dallo stesso Bersani, per dissociarsi dalla lotta degli studenti evitando però di mettersi in contrapposizione diretta col movimento e confondersi del tutto con le posizioni del governo. Tesi peraltro smentita da un chiaro comunicato della Sapienza in mobilitazione e dalle testimonianze di tanti che hanno partecipato alla manifestazione e che hanno tutti confermato come anche senza prendere parte agli scontri diretti tutte le decine di migliaia di studenti presenti nella piazza solidarizzassero e sostenessero l'assedio e l'assalto alla "zona rossa". Come dimostra anche il fatto che tutti gli arrestati in piazza erano incensurati e non avessero né caschi né "armi improprie".
Com'è possibile limitarsi, come fa anche l'autore di "Gomorra", a condannare la violenza "per non cadere nella trappola degli anni '70", invitando gli studenti a "fermarsi davanti ai blindati" perché "non certo lanciare un uovo sulla porta del parlamento muta le cose", e non vedere che la rabbia che cresce nelle masse studentesche e giovanili private del futuro da un governo neofascista, razzista, corrotto e mafioso che distrugge la scuola pubblica e gli nega il lavoro, è la stessa che esplode nelle vie di Londra, di Atene, di Parigi, e che inevitabilmente tende ad assumere i caratteri della rivolta sociale? Se anche leader di destra come Casini e Di Pietro, che pure hanno condannato gli scontri di Roma e solidarizzato con le "forze dell'ordine", invitano tuttavia a non sottovalutare il "disagio" e la "rabbia" che covano nelle masse giovanili? E se perfino il capo della polizia Manganelli ha avvertito del "disagio delle forze dell'ordine" chiamate sempre più a svolgere "un'attività di supplenza" a causa delle tensioni sociali, "in forte crescita in tutto il paese"?
"Continuare a nascondervi dietro a un dito dicendo che è colpa dei black bloc non serve a nulla", dice una delle risposte a Saviano arrivate al forum di "Repubblica tv", e aggiunge: "Il black bloc neanche esiste! Saviano, guardaci negli occhi, siamo noi, ragazzi normali, senza un futuro, pieni di rabbia. Poveri politici di sinistra, non capite neanche cosa sta succedendo".

Saviano strumento di un'operazione di recupero
A ben guardare sta proprio qui il motivo dell'intervento paternalistico e opportunista di Saviano. La "sinistra" borghese si rende conto che il movimento studentesco e giovanile, già sfuggito al suo controllo e senza più illusioni elettoraliste e parlamentariste, sta facendo un salto di qualità verso l'uso di forme di lotta di massa legali e illegali sempre più efficaci e incisive, che puntano a sfiduciare dal basso il nuovo Mussolini e il regime neofascista. Che sta prendendo coscienza, come è stato sottolineato nei comunicati del movimento, che "non ci basta" far cadere Berlusconi con un colpo di palazzo, ma che occorre farlo cadere con la lotta di piazza, per liquidare con lui anche il berlusconismo e la legislazione neofascista di questi anni. In altre parole che occorre un nuovo 25 Aprile per buttare giù il nuovo Mussolini, come indica il PMLI.
Per questo la "sinistra" borghese, o almeno quella parte di cui "La Repubblica" di De Benedetti, Scalfari e Mauro si fa portavoce, mette in campo una star come Saviano per tentare di recuperare questo controllo; con un'operazione che non contrasta ma è organica al sostegno alla candidatura dell'ambizioso Vendola a leader del "centro-sinistra", che non a caso ha usato nei confronti del movimento degli studenti la stessa formula dello scrittore napoletano: "La violenza è sicuramente una trappola: è entrare in un vicolo cieco; è il contrario della radicalità. Violenza è una forma di autodegradazione. Significa lasciare che la brutalità dei mezzi diventi il cannibale che si mangia la bontà dei fini" (intervista a "La Repubblica" del 17 dicembre). Nello stesso quadro si inseriscono anche le critiche del leader della Fiom, il vendoliano Landini, agli studenti che hanno partecipato alla battaglia nel centro di Roma invece di seguire la parte di corteo dirottata dal servizio d'ordine sindacale lontano dalla "zona rossa".
Saviano è il personaggio giusto per questo tipo di operazione, avendo ormai completato l'involuzione politica da ammiratore dei Maestri del proletariato internazionale e fautore del socialismo ad anticomunista convinto, come risulta anche dal confronto tra una sua richiesta del 2001 al PMLI di inviargli i ritratti di Marx, Engels e Lenin, quando era ancora laureando, con le sue posizioni attuali in cui non perde occasione per attaccare Stalin e il socialismo, difendere il sionismo e Israele e attaccare la Repubblica islamica dell'Iran, ostentare una polemica fascinazione per scrittori dichiaratamente di destra, e così via. È in questa chiave che vanno interpretati infatti i suoi appelli finali, nella "lettera ai ragazzi del movimento", a rifiutare "i vecchi slogan" e i "vecchi militanti che urlano vecchi slogan, vecchie canzoni, vecchie direttive che ancora chiamano 'parole d'ordine'". Ad "allontanare i violenti" per abbracciare metodi di lotta di pura testimonianza basati rigorosamente sul legalitarismo e la non violenza.
Protestate, ma gandhianamente. E soprattutto state lontani dal marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dalla rivoluzione: questa è l'avvertimento finale di Saviano ai "ragazzi del movimento". In ogni caso nessuna predicazione di Saviano può cancellare il fatto storico del 14 dicembre, come l'ha definito il comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI, appena conclusa la battaglia antigovernativa davanti al parlamento.

21 dicembre 2010